Programma
“LA SCIENZA
del BUONGOVERNO”
(SBG - THE GOVERNMENT SCIENCE)
Il manuale
del Buon Governante
che è colui che opera per il bene comune
di GIANNI GARGIONE
RESPONSABILE NAZIONALE
DEL PROGRAMMA DI LEGA
PER L’ITALIA
INDICE
CAPITOLO I - LA SCIENZA DEL BUONGOVERNO
CAPITOLO II - I METODI di RICERCA
CAPITOLO III - LA RISOLUZIONE delle TEMATICHE
CAPITOLO IV - LA DEMOCRAZIA IDEALE
CAPITOLO V - Le
tematiche economiche
CAPITOLO VI - LA MICROECONOMIA
CAPITOLO VII - LA POLITICA MONETARIA
CAPITOLO VIII - LA POLITICA FISCALE
CAPITOLO IX - MINISTERO COMMERCIO ESTERO
CAPITOLO X - MINISTERO DELL’INTERNO
CAPITOLO XI - MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
CAPITOLO XII - MINISTERO DELLA SALUTE
CAPITOLO XIII - MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
CAPITOLO XIV - MINISTERO LAVORO E IMMIGRAZIONE
CAPITOLO XV - MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
CAPITOLO XVI - MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
CAPITOLO XVII - MINISTERO DELLA DIFESA
CAPITOLO XVIII - MINISTERO DELL’AMBIENTE E
DELL’ENERGIA
CAPITOLO XIX - LO STATO SOCIALE
CAPITOLO XX - MINISTERO DEI TRASPORTI
CAPITOLO XXI - ENTI LOCALI E PUBLIC UTILITIES
CAPITOLO I
LA SCIENZA
DEL BUONGOVERNO
Siamo ormai lontani dall’epoca di Aristotele, siamo
nel XXI secolo, l’era delle tecnologie e delle scienze applicate, per cui non
si può fare più politica in modo intuitivo, non si può essere governati da
individui incompetenti che bramano solo denaro. La Scienza del Buon Governo
(SBG) si prefigge di studiare le problematiche (tematiche) socio-economiche
di un popolo per condurre il buon governante, che deve perseguire
esclusivamente il bene comune, a correggere e risolvere tutte le questioni di
uno Stato.
La corrente positivista di fine Ottocento, dopo
l’Illuminismo, diffuse tra i dotti l’applicazione del metodo scientifico a
molte discipline anche umanistiche e sociologiche. I politici odierni non hanno
niente a che fare con l’approccio scientifico della politica. Sono ancorati
atavicamente a meccanismi clientelari per avere consenso tra gli elettori e non
si pongono mai la domanda di quale è veramente la causa di questa decennale
crisi. Solo con un metodo scientifico si possono risolvere i problemi sociali,
economici, morali di un popolo gettando le basi di una vera scienza politica.
Prima di tutto ci vuole L’ANALISI DEL PROBLEMA (L’individuazione
del problema - Raccolta di informazioni - Studio del problema - Formulazione di
un ventaglio di ipotesi), poi LA FASE di VERIFICA (La scelta del metodo di
controllo - Il momento della verifica - L’analisi dei risultati - La
comunicazione dei risultati): questo, appunto, è il metodo scientifico che dopo
le ipotesi, cerca di verificare e dimostrare le tesi per la soluzione delle problematiche,
che nel nostro caso sono socio-economiche e politiche.
La SBG (Scienza del Buon Governo) è una
scienza a tutti gli effetti perché si avvale dei metodi di
ricerca e del pluralismo delle soluzioni. Esempio: noi valutiamo tutti i difetti
e i pregi di una sanità pubblica per proporre una sanità privata, ma lasciamo a
tutti di decidere quale sia il bene comune, quale sia la soluzione che consente
di guarire gli ammalati. La SBG continua gli studi passati sulla
Sociologia, Statistica, Psicologia sociale, Criminologia, Economia e
Politica economica. Rifugge dalle ideologie delle
epoche passate quali il Comunismo, il Capitalismo e il Fascismo, che hanno
creato solo guerre e depressioni tra i popoli, per costruire una esatta scienza
politica che va incontro ai reali e contingenti problemi della gente comune
(conoscere l’oggetto di studio). Ovviamente, anche costruendo
un apparato scientifico che funziona alla perfezione può capitare che le cose
vanno storte a causa del fattore umano. Esempio: Il Ministero dell’Interno ha
redatto un manualino per spiegare come votare a norma di legge. Ma se i
presidenti di seggio e gli scrutatori sono degli emeriti ignoranti, corrotti,
disonesti, si va incontro a brogli e si mina alla base tutto il sistema
elettorale studiato a priori dagli scienziati della SBG. L’oggetto di
studio, quindi, è il reale problema del cittadino e le tematiche o
problematiche della SBG si
possono così classificare: Tematiche di ordine pubblico (Ministero dell’Interno), Tematiche di giustizia e diritto processuale (Ministero della Giustizia), Tematiche del lavoro (Ministero del Lavoro), Tematiche di assistenza
sanitaria (Ministero
della Salute), Tematiche riguardanti la pubblica istruzione (Ministero della Pubblica
Istruzione), Tematiche riguardanti i lavori di pubblica utilità
(Ministero delle Infrastrutture), Tematiche ambientali, Tematiche degli enti
locali, Tematiche riguardanti le Public Utilities, Le tematiche riguardanti lo Stato
sociale, Tematiche di politica estera, Tematiche economiche (Ministero
dell‘Economia), Tematiche della difesa (Ministero della Difesa). Menzioniamo alcuni autori del passato che
avrebbero contribuito alla creazione della SBG: Platone, Aristotele,
Cicerone, Tommaso d’Aquino, Machiavelli, Tommaso Campanella, Hobbes, Carlo
Marx; ma Emile Littrè (positivismo francese) è il vero precursore della SBG.
La scienza politica in Italia è stata istituita come cattedra universitaria
solo nel 1956 (Sartori), e la nostra SBG si discosta per il fatto che
noi non interpretiamo le problematiche, ma cerchiamo concrete soluzioni: i
popoli vogliono i fatti, non le chiacchiere, le interpretazioni e le analisi
delle accademie.
Alla base della
politica degli uomini vi è la lotta, la lotta per il potere. Tutti gli animali
hanno il capobranco che guida il gruppo a difendersi e a procacciarsi il cibo.
Gli uomini si coalizzano in partiti e si contendono i vantaggi e i privilegi
del comando. A volte sono capaci di morire per mantenere le proprie posizioni e
idee. Le bande di delinquenti scelgono il proprio leader in base alla sua
abilità di offendere, di usare la forza. Nei sistemi democratici la lotta
politica si serve del denaro per fare propaganda, per avere consenso tra gli elettori,
per corrompere gli stessi cittadini e quanti sono all’opposizione: i cortei e
le manifestazioni di piazza sono gli unici strumenti democratici che possono
sovvertire le gerarchie di chi ha raggiunto la stanza dei bottoni (attualmente
i partiti politici si comportano come delle bande armate e la Legge sta a
guardare). Lo stesso sono i sindacati e altre associazioni che teoricamente
dovrebbero fare l’interesse dei loro affiliati o lavoratori, ma praticamente
svolgono funzioni rappresentative e guardano solo al proprio tornaconto
personale.
CAPITOLO II
I METODI di
RICERCA
Uno dei requisiti che deve soddisfare una disciplina
per diventare una Scienza è indicare i metodi di cui intende avvalersi
per le sue ricerche. I metodi di ricerca sono le modalità con le quali i
ricercatori raccolgono le informazioni e poi le sottopongono a verifica.
Esistono, quindi, due tipologie di metodi:
1) I metodi di raccolta dei dati. Hanno lo scopo di
farci acquisire una conoscenza approfondita della tematica oggetto di studio.
Essi sono: la ricerca bibliografica, la ricerca sul campo (o studio dei singoli
casi), le inchieste, il metodo storico, il metodo statistico e il confronto
politico.
2) I metodi di controllo. Servono ai ricercatori per
verificare ipotesi e proposte di soluzione. È la presenza di un momento di
verifica, infatti, a dare carattere scientifico alla ricerca. I principali
metodi di verifica sono: il metodo comparato, il metodo statistico, il metodo
storico e il metodo sperimentale.
In sintesi, questi sono gli strumenti scientifici che
validano la nostra SBG. I ricercatori devono studiare e analizzare tutte
le informazioni per dimostrare le ipotesi, stilare le tesi ed ovviare ai
problemi reali dei singoli cittadini. Il buon politico deve stare nelle strade,
deve essere sul campo e deve avere una perfetta visione della realtà al di
fuori dei palazzi di potere. Attualmente, i politici, grazie ai Mass Media,
mentono sui dati statistici di questioni sociali gravi come la disoccupazione e
la povertà pro capite. Il politico deve
anche guardare al passato per comprendere le problematiche del presente. Deve,
quindi, comparare la situazione del suo Paese con quella degli altri Stati per
prenderne i pregi e cacciare i difetti. Il confronto politico serve a tutti per
condividere le proprie idee e per trovare la soluzione giusta nel rispetto del
dibattito democratico. Nei regimi totalitari non circolano le idee di tutti i
rappresentanti del popolo e molte volte si compiono delle azioni che conducono
a disastri inenarrabili. Dopo l’analisi delle informazioni, il politico deve
adottare dei metodi di controllo come quello comparato (vedere le stesse
situazioni negli altri Stati), quello statistico (confrontare dati numerici
ricavati dalla ricerca), quello storico (analizzare i fatti passati), quello
sperimentale (il metodo proprio delle discipline scientifiche che noi vogliamo
applicare alla politica. Si sperimentano anche al computer delle situazioni per
verificarne la veridicità). E tutti i metodi di ricerca della SBG devono
attenersi fedelmente a un ragionamento razionale (i nostri politicanti
di turno fanno ragionamenti logici e approvano leggi giuste?). La maggior parte
dei fallimenti politici è determinata dalla irrazionalità e inconcludenza,
oltre che dalla incapacità di trovare il bandolo della matassa. I politici passati
e odierni usano un linguaggio persuasivo, demagogico per ottenere consensi
nell’elettorato, ma ai fini pratici dicono e stradicono e non si combina
mai niente, trovandosi tutti quanti sempre in situazioni di stallo e di crisi.
Invece, i politologi della SBG devono parlare in modo razionale e
logico, cercando di individuare soluzioni concrete a temi come la
disoccupazione, l’immigrazione, le tasse, la sanità, le imprese, gli affari
esteri e la difesa, la sicurezza, la legalità, ecc.
Nel metodo scientifico della SBG non c’è posto
per la emotività, l’irrazionalità e l’egoismo particolaristico: parlare come un
artista dell’astrattismo non ha senso perché la gente ha problemi seri che
devono essere risolti in modo rapido.
CAPITOLO III
LA RISOLUZIONE
delle TEMATICHE
I politologi della
SBG trattano le tematiche o problematiche (criminalità,
prostituzione, droga, sanità, difesa, tasse ecc. che corrispondono ai settori
di pertinenza dei vari Ministeri) in modo razionale e trasparente. Ci
sono tematiche chiuse (quelle di cui si conoscono le soluzioni in base alle
esperienze passate) e quelle aperte (il cui oggetto di studio è sempre in fase
di discussione, ad es. la legge elettorale non è mai definitiva e nel
Parlamento la si cambia in base al vento). Ci sono tematiche primarie e
secondarie; il nostro politologo o politico deve volgere l’attenzione a quelle
più gravi, quelle più importanti (es. non si deve continuare a dibattere in
Parlamento la possibilità o meno per gli alunni della scuola elementare di
indossare il grembiule, quando poi c’è l’emergenza di aiutare un’intera città
colpita dal terremoto. Gli odierni politici che fanno?). Le tematiche trattate
dai singoli Ministeri sono svariate, il compito del politico è quello di
trovare subito la soluzione dando la priorità a quei casi di vitale importanza.
Il politico, dopo la raccolta dei dati, dopo la sua decisione, dopo
l’attuazione dei suoi ordini, deve verificare sul campo l’efficacia del suo operato;
è l’unico responsabile verso i cittadini. Il nostro modello prevede, dunque, la
raccolta delle informazioni sulla miriade delle problematiche, di cui si occupa
ogni singolo Ministero attraverso interviste, sondaggi, esperti, ecc.,
l’osservazione della causa e dell’effetto delle tematiche (es. Chi causa gli
incendi boschivi in estate e perché? I pompieri vengono pagati in base ai loro
interventi, quindi conviene a loro l’incendio delle montagne. Qual è la
soluzione del problema?), la decisione e la verifica delle soluzioni, delle leggi
che arginano i mali causati da quei gruppi di cittadini insofferenti ai
controlli (varare pene giuste per i trasgressori).
La SBG non
si fa influenzare dalle ideologie del passato (fascismo, comunismo, socialismo,
liberalismo, capitalismo ecc.) nello stilare e rendere operative le azioni per
il bene comune della collettività.
Una volta
applicato il nostro metodo nel rispetto della Democrazia, l’iter legislativo
della SBG, attraverso il quale si emettono le leggi (come portare i
disegni di legge in Parlamento), segue questi punti:
1 - I promotori
(parlamentari) elaborano il progetto di legge.
2 - Le commissioni
(organi collegiali delle Camere formati dai gruppi parlamentari) esaminano i
disegni di legge. Si prevedono due sottocommissioni, una per il governo e
un’altra per l’opposizione, che riunendosi discutono i pregi e difetti delle
proposte di legge, prima che si arrivi alla Camera.
Dopodiché i
promotori convocano i sindacati e le associazioni di cittadini cui il provvedimento
è destinato: si possono usare anche i mass-media ed esperti di sondaggi e
statistiche per sondare l’umore del popolo prima che la legge venga approvata
nelle Camere (siamo contro il dualismo delle Camere dei Deputati e dei Senatori
in quanto basta solo la consultazione della prima per rendere legge un
disegno). Quando le sottocommissioni si sono ancora riunite per discutere della
proposta, quest’ultima si mette in agenda come disegno di legge da approvare in
Parlamento (gli emolumenti, cioè quegli strumenti di ostruzionismo delle
opposizioni, devono essere regolamentati dalla Costituzione affinché non si
blocchi per mesi il Parlamento sulla discussione di una singola proposta di
legge). Infine, il Presidente del Consiglio dei Ministri divulga al
popolo tramite i mass-media il varo della nuova legge e impartisce alle polizie
preposte al controllo l’ordine di vigilare che la legge venga attuata e
rispettata da tutti. Nel tempo, poi, i parlamentari al governo devono svolgere
attività di valutazione dell’efficacia, dei costi e del funzionamento della
legge, devono informarsi sul feedback del popolo per ulteriori modifiche al
testo di legge (prima si usavano i servizi segreti per lo scopo). E quando una
legge funziona, non si deve mai cambiare; oggi è così in Parlamento?
CAPITOLO IV
LA
DEMOCRAZIA IDEALE
La Democrazia
(dal greco potere del popolo) è un sistema politico che si basa sulla
sovranità dei cittadini, i quali sono tutti uguali dinanzi alla Legge, sono
liberi di votare chiunque, liberi di scegliere chi li rappresenti, liberi di
esprimere i propri pareri, liberi di riunirsi in gruppi, liberi di essere
partecipi della vita civica delle proprie città, liberi di candidarsi e
partecipare ad elezioni senza trucchi e inganni.
Su Internet è in
voga il concetto di Democrazia diretta, col quale si intende la capacità delle
masse che compongono il popolo di autogovernarsi. Senza un leader o un Presidente
che abbia l’ultima parola non si va avanti tra la moltitudine di pareri e
posizioni all’interno di un Governo (Democrazia rappresentativa). La
Democrazia ideale non può mai essere attuata dal fatto che tutti vogliono poi
essere liberi di governarsi, violando spesso le leggi che cadono dall’alto. Ci
sono nel Mondo diversi tipi di regime democratico come quello formale
(democratico di facciata e poi un regime dittatoriale camuffato), quello
imperfetto e quello vero (in cui sono garantite le libertà individuali).
I regimi democratici veri sono quelli presidenziali (in cui il capo
dell‘esecutivo, Primo Ministro, viene eletto direttamente dal popolo, verso il
quale è legato per meriti e responsabilità del suo operato) e quelli
parlamentari (in cui le leggi si varano in Parlamento, che è il centro politico
dello Stato). La SBG vede di buon occhio la democrazia funzionante,
quella che veramente garantisce la libertà di tutti, garantisce la trasparenza
delle elezioni, certifica la sacrosanta volontà dell’elettore, sancisce senza
brogli chi deve realmente rappresentare il popolo tutto e deve attuare il suo
programma politico: fondamentale, poi, è l’alternanza al potere che consente a
tutti i partiti di partecipare alla vita democratica della Nazione.
I partiti sono l’ossatura dell’apparato democratico di uno Stato, accomunano
tutte le persone che la pensano allo stesso modo (E’ così?) e combattono le
battaglie per i propri candidati al Governo, che può essere locale o
nazionale o, addirittura, europeo. Troppi partiti sono un male, come appunto
pochi (vedere il Regno Unito che si basa sul dualismo dei conservatori e laburisti):
il giusto sta nel mezzo e quando sono in molti a comandare, non si va mai da
nessuna parte.
Una vergogna della
Prima Repubblica Italiana è stato il trasformismo all’interno dei
partiti: molti deputati eletti hanno poi cambiato casacca (aderito alle
opposizioni o viceversa dietro compenso sia in denaro che in incarichi
pubblici, nel gergo politico si dice “mercato delle vacche“) e creato continue
crisi di governo. Noi della SBG diciamo che chi abbandona il proprio
partito, il proprio orientamento politico per passare nelle fila di una
minoranza per creare scompiglio nella maggioranza, debba essere cacciato dal
mondo politico, almeno per un po‘ di anni. Alla base del trasformismo vi è la corruzione,
e scambio di danaro, oltre che voto di scambio sia nelle sedi parlamentari, sia
nei seggi pubblici e nei Congressi. Questi ultimi devono essere indetti
ogni anno da un partito per verificare la condotta degli affiliati e garantire
una presidenza del partito ben definita. Altrimenti, una Nazione può
sembrare all’occhio dello straniero una bisca clandestina. I Congressi servono
anche per disciplinare i partiti e i candidati dall’alto della presidenza al
basso dei semplici tesserati.
I regimi
democratici possono degenerare nel trasformismo (in cui i deputati di un
Parlamento cambiano fazione politica dall’oggi al domani), nel consociativismo
(in cui non si distingue più il Governo dall’Opposizione) e
nell’assemblearismo (dove c‘è instabilità, corruzione e clientelismo). Le
maggioranze e le minoranze in un buon Parlamento devono essere ben distinte e
la SBG rimarca che l’Opposizione è importante in quanto controlla
l’operato del Governo eletto (deve denunciare brogli, corruttele e
malfunzionamenti della cosa pubblica). Quando non ci sono più i numeri per
governare, il Capo dello Stato deve sciogliere le Camere e indire nuove
e trasparenti elezioni e, ribadiamo che coloro che si sono fatti eleggere in
liste, non possono più presentarsi come candidati di liste politiche avverse
(incandidabilità). Le Democrazie soffrono il male dell’occupazione del potere:
molti eletti o nominati, in qualsiasi istituzione o ente, tendono a proteggere
a vita le loro poltrone. Per questo, noi vogliamo un limite al mandato, tale
che il potere si alterni e non sia sempre in mano alle solite persone (es. il
nepotismo dell’ex Sindaco di Salerno). Le Democrazie soffrono il male della
polverizzazione del potere, la quale rende vano l’attuazione dei programmi
politici degli eletti dal popolo (quando ci sono troppi timonieri, la nave non
va mai dritta: gli eletti non hanno poteri decisionali in quanto ci sono troppe
teste da accontentare). Un altro male endemico della Democrazia è il clientelismo.
I politici di turno cercano i consensi distribuendo promesse, favori e raccomandazioni.
Il voto di scambio (se mi voti, ti prometto il lavoro) distrugge il voto di opinione
(mi voti solo in base al mio vero programma politico) e la libertà della
Democrazia. Il concetto del boss-padrino che protegge i suoi affiliati, i suoi
elettori è molto diffuso in tutti i settori, dal sistema elettorale, alle
istituzioni, ai partiti e alle aziende. Il rimedio a questo stato di cose è l’educazione
morale, l’educazione civica ai propri diritti e doveri, l’educazione alla
legalità, che mancano proprio nelle scuole, soprattutto nel nostro Sud. Ai
politici mafiosi e corrotti conviene la vasta ignoranza sui principi di
eguaglianza e libertà della Democrazia, soprattutto nelle scuole, in quanto
pensano “Più il popolo è ignorante, meglio io governo con i miei mezzi
clientelari”.
Ritornando ai due
regimi democratici, cioè quello parlamentare e quello presidenziale, il primo
ha come protagonista il Parlamento, i cui deputati sono eletti dal popolo
e devono rappresentare i singoli elettori. Il Parlamento fa le leggi e
s’impegna a farle applicare con i suoi metodi di controllo come le polizie, i
carabinieri, ecc.: la Magistratura dovrebbe garantire che tutto si
svolga in un ambiente legale e democratico (Nella realtà è così?). Il regime
democratico presidenziale come quello statunitense, invece, ha come fulcro il Presidente
del Consiglio dei Ministri, che ha potere esecutivo e legislativo, essendo
eletto direttamente dal popolo. La SBG dice che il Primo Ministro deve
essere controllato dal Capo dello Stato (Presidente della Repubblica)
per evitare derive autoritarie: il Capo dello Stato, oltre a essere Capo della
Magistratura e delle Forze Armate, è il garante super partes della Carta
Costituzionale. Egli viene eletto in Parlamento dai deputati e senatori sia del
Governo che dell’Opposizione: deve essere scelto in base alla sua capacità di
rimanere neutro alle controversie dibattute nella grande stanza dei bottoni (E’
così?). Per quanto riguarda il numero dei Parlamentari, a nostro avviso, deve
essere dimezzato per tanti motivi: per livellarci con le altre potenze
occidentali, le quali con un piccolo Parlamento, legiferano subito, eseguono le
direttive, vivono in ambienti legali, virtuosi, senza ulteriori costi che
gravano sui contribuenti tutti.
Per economizzare e
rendere più semplice la vita politica si deve andare oltre il bicameralismo
parlamentare: non ha senso più avere una Camera dei Deputati e una
Camera dei Senatori che hanno gli stessi compiti e le stesse funzioni
(in Italia, a causa del bicameralismo, sono necessari anni affinché una legge
venga approvata in quanto la si fa rimbalzare da una Camera all‘altra pure per
un cambio di parola nel testo). La SBG propone la formazione del Senato
come un’assemblea costituente (i membri non hanno più diritto al vitalizio, ma
ai gettoni di presenza) che si riunisce per discutere solo tematiche come la
riforma costituzionale, la scelta del sistema elettorale, l’elezione del
Presidente della Repubblica.
I politici tutti
dovrebbero essere controllati dalla Magistratura, la quale dovrebbe
essere autonoma e indipendente affinché la Legge sia rispettata e uguale per tutti.
Il potere legislativo ed esecutivo del Parlamento Democratico dovrebbe essere
supervisionato dai Magistrati che hanno il potere giudiziario garantito dal
Capo dello Stato. In Italia, i magistrati sono spesso sotto pressione di quanti
vivono nelle corruttele al di là del lecito. Subiscono ritorsioni e vendette
allorquando stanno compiendo solo il loro lavoro. Ma, spesso, i magistrati
coesi in una classe sociale d’elite perseguono uomini di potere per
infangarne il nome (politicizzazione della Magistratura): basano i processi su
prove deboli e pretestuose e riorganizzano, dopo anni e anni di battaglie
legali, l’assetto politico della Nazione. La SBG propone l’istituzione
di una Corte Suprema, presieduta magari da un giudice straniero (della
Comunità Europea), che garantisca l’applicazione della Legge in modo
trasparente per tutti i cittadini e che punisca il giudice di turno per i suoi
errori di giudizio (responsabilità civile dei magistrati).
Tra le maggiori
potenze alleate ci sono in voga due sistemi giuridici: il Common Law
(in cui il giudice fa diventare norma una sentenza, affiancandosi al
Parlamento) e il Civil Law (in cui i giudici applicano solo la
Legge scritta in Parlamento). I nostri giudici, invece, sono creativi e
spaziano da un sistema all’altro e il più delle volte si macchiano di
persecuzione verso un cittadino libero, che è costretto a sostenere
spese enormi per essere dichiarato innocente dopo anni di processo.
L’organo di
controllo e di amministrazione dei giudici che abbiamo in Italia è il Consiglio
Superiore della Magistratura (CSM), che a nostro avviso non controlla
affatto l’operato dei giudici: per tutelarne la sua indipendenza, si è giunti
alla creazione di uno Stato nello Stato e i magistrati non temono affatto di
sbagliare le sentenze in quanto rimarranno sempre impuniti.
La Corte
Costituzionale è un organo di controllo composto in maggioranza da giudici;
deve pronunciarsi solo in merito a questioni delle Carta Costituzionale e non
per cause sociali e politiche.
Una vera Democrazia
prevede delle forme di controllo sui governanti. Spesso i vertici di
governo sposano regimi autoritari, dispotici e anche corrotti. Le opposizioni,
rendendo pubblico il malaffare del Governo anche tramite i mass-media, svolgono
una funzione di controllo. Le manifestazioni di piazza sono anch’esse forme di
controllo, come pure un Referendum che può far redarguire un Governo da
sue posizioni impopolari. Comunque, come abbiamo detto, il vero controllore e
garante della Costituzione, della Magistratura e delle Forze Armate è il Capo
dello Stato o Presidente della Repubblica, che deve indire nuove elezioni
quando non vi è più la maggioranza in Parlamento del Governo.
Per far crescere
una Democrazia e rendere stabili i partiti è necessario un giusto sistema
elettorale, che traduca in seggi nel Parlamento i voti degli elettori. I
cittadini tutti devono essere liberi di scegliere i deputati che li
rappresentano nel Parlamento e non come avviene oggi che i deputati vengono
scelti (da quali società segrete?) fuori del numero delle preferenze ottenute
durante le elezioni. Un sistema elettorale deve garantire stabilità e
governabilità. Deve arginare le crisi di Governo e bloccare i mali
sopracitati di una Democrazia quali il trasformismo, il consociativismo e
l’assemblearismo: il voto di opinione è l’unico valido per la nostra SBG,
perché l’elettore deve esprimere il suo consenso solo in base ai programmi
politici validi, e non per ottenere favori e raccomandazioni (voto di
scambio) da sedicenti politicanti, oppure per appartenenza a gruppi o
comunità di cui non si segue la condotta politica (voto di appartenenza). La SBG
auspica un miglioramento del sistema elettorale italiano soprattutto per
combattere i brogli elettorali: si devono scegliere i presidenti di seggio
e gli scrutatori con un trasparente sorteggio pubblico, si devono meccanizzare
le procedure e usare sistemi elettronici per il voto come nelle altre potenze
occidentali (in Italia si usano ancora urna di cartone con nastro adesivo,
matite e schede di carta, registri per lo scrutinio, spogli medievali oggetto
di brogli palesi).
Dal Referendum del
1946 che sancì la nascita della Repubblica Italiana, si sono susseguiti
fino ad oggi oltre 50 governi: il sistema elettorale adottato non ha consentito
a nessuno dei Governi di portare a termine le proprie riforme nel tempo
ordinario del suo mandato. C’è stato, invece, un proliferare di partiti, anche
minori come quelli locali, che si sono contesi il potere, tramite favori e
promesse, alla stregua di comuni bande armate sudamericane.
I sistemi
elettorali più comuni sono quello di rappresentanza proporzionale e
quello maggioritario. Il primo si basa sulla percentuale di voti che
possono avere tutti i partiti anche i minori (i quali si raggruppano in
coalizioni e sono frammentati in una miriade di gruppi) e si assegnano i seggi
del Parlamento in proporzione ai consensi ottenuti. Il secondo si basa sulla
determinazione del seggio in relazione alla maggioranza relativa dei voti
ottenuti per singolo candidato (è il sistema elettorale in vigore nei paesi di
lingua inglese in cui ci sono solo 2 o al massimo 3 grandi partiti). Il sistema
elettorale maggioritario è considerato quello che può garantire una certa
stabilità politica.
La SBG propone
un sistema elettorale ideale, chiamato proporzionale a doppio turno, che
si basa sui pregi dei due sistemi elettorali sopradescritti: esso garantisce
sia la governabilità che la rappresentanza delle minoranze. Nel primo turno si
vota con doppia scheda, una per votare il partito e il Primo Ministro, e
un’altra per esprimere le preferenze dei deputati che andranno in Parlamento. I
primi due partiti che hanno preso più voti vanno al ballottaggio del secondo
turno, e tutti gli altri partiti minori non possono partecipare e non possono
cambiare casacca all’ultimo momento tramite accordi sotto banco. Il numero dei
parlamentari da eleggere è 420 (225 seggi alla maggioranza e 195
all’opposizione indipendentemente dal numero dei voti ottenuti), numero
perfetto per evitare clientelismo, trasformismo e corruzione. Prima di indire
le votazioni del secondo turno (servono solo a determinare il Presidente del
Consiglio dei Ministri, che deve governare per un solo mandato di 5
anni), tutti i vincitori delle primarie (i 225 deputati) si riuniscono in una Convention
ed espongono al popolo tramite i mass-media il loro programma elettorale, i
loro Ministri, il Primo Ministro e consentono agli elettori di esprimere solo
il lecito voto di opinione e non il voto di scambio, il voto clientelare (“ti
prometto un lavoro ben retribuito, se mi voti domani!“).
Le Repubbliche Presidenziali
Secondo i maggiori
politologi una Repubblica Presidenziale è una forma di governo che grava
esclusivamente sulla figura del Presidente del Consiglio dei Ministri o Capo
del Governo, che viene eletto direttamente dal popolo in modo democratico e
verso il popolo è responsabile del suo operato. Nell’ingegneria costituzionale
il Presidente del Consiglio assomma in sé tutti i poteri dall’esecutivo al
legislativo, e spesso il suo incarico si fonde con quello del Presidente della
Repubblica (come negli Stati Uniti d’America, ma anche in alcuni Stati
del Sud America). Non può essere sfiduciato dal Parlamento e deve portare a
termine il suo programma fino alla fine del suo mandato di 5 anni. Nelle
Repubbliche Parlamentari, invece, viene chiamato, appunto, Primo Ministro in
quanto è subordinato alle voglie e cambi d’umore dei suoi Ministri e Deputati,
i quali, come vediamo in Italia, sono gli artefici della caduta e crisi di
governo. Nei regimi Presidenziali il Presidente si circonda di uomini e donne
di sua fiducia e nomina i membri del suo Gabinetto, che devono seguire le sue
direttive fino alla fine del mandato: molti politologi sostengono che,
assommando in sé tutti i poteri, potrebbe far cadere un sistema democratico in
un sistema dittatoriale. Noi della SBG abbiamo analizzato a fondo il
Presidenzialismo, studiandone i pregi e i difetti, e siamo giunti alla
conclusione che con alcuni accorgimenti la Repubblica Presidenziale è possibile
anche in Italia. Dare più importanza a un Leader, responsabilizzandolo del suo
operato esclusivamente verso l’elettorato, si possono ovviare ai mali
sopracitati che attanagliano una Repubblica, come l’instabilità politica,
economica, sociale, il clientelismo, la partitocrazia, il trasformismo, il
consociativismo e l’assemblearismo. In Italia quando succede un disastro non
sai mai con chi prendertela in quanto sono in molti che ricoprono cariche
pubbliche importanti e si verificano sempre le condizioni dello scaricabarile
(“Non è colpa mia, chiama il segretario, chiama il direttore, chiama il
Ministro, chiama il Presidente, ecc.”). Per limitare le crisi di Governo
(Governo diviso) è necessario eleggere contemporaneamente il Premier, il
Governo e tutti gli altri Deputati, e persino tutti i Sindaci e le loro Giunte
comunali (Attualmente non è così); è un modo per non creare instabilità in
relazione ai cambi di umore degli elettori-cittadini. Per evitare poi le derive
dittatoriali, autoritarie e “imperiali”, il Premier deve essere supervisionato
dal Capo dello Stato come abbiamo detto sopra (Semipresidenzialismo alla Francese).
I Francesi, però, eleggono il Presidente e il Premier che provengono da fazioni
politiche opposte: spesso, a causa di posizioni avverse, creano stallo politico
della Francia. Noi della SBG sosteniamo, come già detto sopra, che i
ruoli del Capo dello Stato e del Premier sono diversi e ben distinti. Il primo
deve essere il garante della Costituzione, il capo della Magistratura e delle
Forze Armate, il secondo si occupa di far approvare le leggi in Parlamento e di
applicare il suo programma e le sue riforme nell’interesse comune. Quando le
cose non vanno bene (perdita dei numeri di seggi per la maggioranza, scandali,
disastri, crisi, ecc.), il Capo dello Stato deve sciogliere le Camere e indire
nuove e trasparenti elezioni (il sistema elettorale da adottare è come
quello descritto sopra e più si riducono i seggi, i deputati e i senatori, più
si riducono il loro entourage e più si riducono le spese e le tasse che i
contribuenti devono sostenere con un rapido vantaggio della funzionalità
della Repubblica).
Infine,
aggiungiamo che il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Capo del Governo,
il Primo Ministro, The Prime Minister, il Premier, il Leader non deve
circondarsi di persone incompetenti, stupide, corrotte, che sanno solo rubare e
fare intrallazzi e sono legate a logiche di nepotismo, perché lo Stato deve
funzionare come un’efficiente Enterprise (il discorso vale per ogni
settore, da quello finanziario a quello industriale, da quello giuridico a
quello agricolo, da quello artigianale a quello turistico, da quello culturale
a quello artistico, ecc.).
Capitolo V
Le tematiche economiche
La Scienza del
Buon Governo, al contrario della scienza politica, tratta le tematiche
o problematiche economiche in relazione alle tematiche sociopolitiche:
ad esempio, è impossibile aumentare il tenore dello Stato Sociale (servizi
sanitari, socio-assistenziali, tempo libero, ecc.), se le casse dello Stato
languono, come pure è impossibile aiutare tutti questi immigrati sbarcati, se
abbiamo un debito pubblico alle stelle. Il fattore economico è, dunque, alla
base della vita politica, sociale, civile di una Nazione. Quindi, non solo il Ministro
dell’Economia deve capire di Economia, ma anche tutti gli altri del Gabinetto
compresi i deputati e quanti vi sono intorno. L’Economia può essere considerata
una scienza, ma non è esatta: gli economisti danno solo pareri e consigli, ma
non detengono in alcun modo la verità. Molti economisti sono stati messi ai
vertici di banche mondiali e istituti di credito locali: non hanno in nessun
modo previsto la nostra grande crisi finanziaria del 2008, catastrofica come
quella del ’29 (New Deal) che trascinò, prima della Seconda Guerra Mondiale,
interi Stati in una profonda depressione. Proprio dal fatto che in economia
politica le correnti di pensiero sono molteplici e a volte contrastanti, è
meglio per i buoni governanti avere gli occhi aperti prima di mettersi
nelle mani di sedicenti economisti. Le crisi economiche aggrediscono i nuclei
familiari e non guardano in faccia a nessuno, dal lavoratore statale o privato
al disoccupato, dal pensionato ai bimbi che vanno ancora a scuola. E il compito
del buon governante è quello di conoscere le problematiche economiche e
delegare incarichi in questo settore a persone competenti ed oneste. I guai per
la reale economia vengono dalla contrapposizione dei due pensieri: quello Keynesiano
(lo Stato deve provvedere con manovre economiche e con statalizzazioni delle
imprese al benessere comune e allo sviluppo economico) e quello Neoliberista
(i privati devono concorrere al benessere dello Stato privatizzando tutte le
imprese che devono pagare tasse eque).
Le problematiche
economiche primarie sono 3: l’economia pianificata (che vede la scelta tra
Comunismo, Socialismo e Capitalismo, ma le prime due sono fallite come tutti
sanno. La Cina, sulla carta comunista, si comporta nei mercati da
capitalista.), l’economia di mercato (il libero mercato è lo strumento più
efficace per organizzare le attività economiche), intervento o non dello Stato
(che vede la disputa tra Keynesiani e Neoliberisti come accennato sopra).
La Pubblica
Amministrazione (lo Stato) ha funzioni cruciali verso il mercato e le
economie sia nazionali che regionali: stabilire la cornice legale (far
applicare le leggi tramite le polizie, controllare che le aziende e i clienti
trattino in modo legale senza contenziosi violenti, ecc.), regolamentare il
mercato del lavoro (rapporti tra lavoratori e imprese), organizzare le P. A.
(vertici efficienti con strutture adeguate), provvedere alle infrastrutture,
regolare il commercio con l’estero; il tutto deve essere fatto con criteri
meritocratici che premia chi lavora sodo e non il fannullone protetto dal
padrino-politico.
La politica
economica (i suoi studi hanno 3 secoli di storia) è l’insieme di misure che
regolano l’economia di un Paese: si parla di macroeconomia (nel complesso dei
settori) e microeconomia (per settori specifici).
Il Ministero
dell’Economia si occupa ad interim delle tematiche macroeconomiche
(Ministero dell‘Economia e Sviluppo, del Tesoro, delle Entrate, del Commercio
con l‘Estero,) e delle tematiche microeconomiche (Ministero dell‘Agricoltura,
Allevamento e Foreste, della Pesca, dell‘Industria e Artigianato, del Commercio
e dei Trasporti, del Turismo, Belle Arti e Beni Archeologici).
Un buon Ministro
dell’Economia deve tenere sotto controllo la produzione (la crescita aumenta il
tenore di vita delle famiglie), l’occupazione (la disoccupazione rende i
mercati instabili), la stabilità dei prezzi (l’evitare l’inflazione e l‘equità
sociale sono importanti per la distribuzione delle ricchezze), il commercio
internazionale (i beni, soprattutto quelli primari come le materie prime creano
ricchezza, ma devono essere trattati con giudizio dai privati e dallo Stato).
Il Mercato va
incontro ai seguenti fallimenti: le esternalità (che sono fattori sia
positivi che negativi che influiscono su una attività economica, come il mare
inquinato che grava sulle spiagge di un lido balneare e che crea danni
all‘attività perché i bagnanti preferiscono andare altrove), la concorrenza
imperfetta (nei mercati liberi si creano monopoli e abusi di posizioni
dominanti di aziende verso le concorrenti), la concorrenza sleale (tutte le
aziende devono rispettare le leggi sulla contraffazione, contrabbando, dumping,
che significa vendere prodotti sottocosto, lavoro in nero, truffe, evasione
fiscale), l’inefficienza distributiva (ci sono troppi passaggi, prima che la
merce venga distribuita tra i consumatori, dal produttore, al grossista, al
commerciante, con conseguente aumento del prezzo). Hanno una voce nel mercato
libero anche i beni pubblici e, come detto sopra, si discute ancora se devono
essere gestiti dai privati o dallo Stato: l’esperienza ci dice che tutte le partecipate
pubbliche hanno fatto una brutta fine. Le aziende e tutti i dipendenti che
operano nel libero mercato devono pagare le tasse e contribuire in modo equo in
base al reddito: i poveri non devono pagare per i ricchi (equità sociale).
La crescita
economica di un Paese è insidiata da molti fattori. Il Capitalismo del
passato ha fallito su molti punti: lunghi periodi di depressione, con
disoccupazione, disuguaglianze sociali, povertà, aziende in crisi, calo dei
profitti, ecc. Non sempre finanziando le imprese con fondi pubblici, si alza il
Pil (prodotto interno lordo) e il tenore di vita delle famiglie dei lavoratori.
La crisi economica ha due occhi: quello dei padroni e quello dei dipendenti. Va
da sé capire che l’ultimo è quello più critico in quanto, vivendo nella realtà
delle strade di un Paese, conosce a fondo le cause e gli effetti del declino.
La frase in bocca
ai politici di tutti i partiti e movimenti è la seguente: ”Creeremo nuovi
posti di lavoro”. E’ uno slogan comune nella campagna elettorale, ma la
sua attuazione è molto complessa e richiede sforzi, risorse economiche ed
energie infinite. Spesso ci si deve scontrare con una burocrazia cieca che
tarpa le ali a qualsiasi spirito imprenditoriale, ci si deve scontrare con
gente di malaffare, il cui scopo è quello di rubare il più possibile senza
sprecarsi in un minuto di lavoro serio, ci si deve scontrare con i corrotti,
che chiedono finanziamenti pubblici, sia allo Stato che alla Comunità
Europea, solo per creare personali indebite ricchezze e non hanno alcuna
intenzione di costruire un’industria funzionale e competitiva che occupi il
maggior numero di operai rimasti senza lavoro.
La SBG consiglia
queste misure per promuovere lo sviluppo economico e creare nuovi posti
di lavoro: agire sulla leva monetaria (abbassando il tasso di interesse dei
prestiti si favorisce l’accesso al credito delle imprese), ridurre la pressione
fiscale (togliendo l’IMU ai capannoni e terreni industriali si dà fiato agli
imprenditori, le tasse devono essere basse e pagate da tutti in modo equo),
aumentare la spesa pubblica (appaltando opere pubbliche importanti si crea
occupazione e si aumenta la domanda interna, ma il tutto deve essere fatto
nella legalità e nel raziocinio), aumentare la produttività (motivare i
dipendenti meritevoli, circondarsi di persone capaci e non raccomandate),
aumentare i redditi (di modo che aumenti il consumo tra le famiglie, innescando
un processo virtuoso nel settore commerciale), dotarsi di buone infrastrutture
(ferrovie, porti, retroporti, aeroporti, strade, ecc.), svalutare la moneta
(per rendere più conveniente l’acquisto delle nostre merci alle imprese
straniere), attirare le industrie straniere (agevolare gli imprenditori
stranieri che vogliono investire da noi, senza spaventarli con la cieca
burocrazia), riformare il sistema creditizio (le Banche adottano politiche che
scoraggiano la domanda di credito da parte degli imprenditori), ridurre la
burocrazia, combattere le inefficienze del mercato (come detto sopra),
migliorare la competitività sui mercati internazionali, ridurre i costi dei
servizi (il costo dell’energia elettrica è troppo alto in Italia, e tutte le
attività economiche hanno bisogno di energia elettrica), promuovere criteri
meritocratici (raccomandazioni, favoritismi, nepotismo dilagano in tutti i
settori, non solo economici), finanziamenti alle nuove imprese (Aiuti di Stato
devono essere dati solo a chi si prodiga nello sviluppo, nella ricerca e nel
costruire industrie competitive, non camuffate per rubare denaro pubblico per,
poi, essere abbandonate come si evince da reportage televisivi e non).
Il settore
industriale italiano ha goduto per anni di aiuti di Stato (vedi FIAT) e, alla
fine, non promette più posti di lavoro nemmeno nei suoi indotti. Gli economisti
sono del parere che un’industria, per essere vincente, deve puntare sulla
promozione dell’innovazione e della ricerca. In Italia le industrie sono ferme
a un palo di natura medievale. Manca il capitale umano qualificato e competente,
manca il progresso tecnologico che conduca a brevettare invenzioni, e tutti i
finanziamenti pubblici ottenuti vengono investiti in tutt’altre cose, come la
costruzione di castelli nobiliari all’estero per gli amministratori delle
sedicenti imprese.
I ricercatori
meritevoli, geniali, onesti scappano, appunto, all’estero lasciandosi dietro i
truffaldini laboratori italiani che sono solo alla “ricerca” di clientele e
prebende.
Le condizioni
favorevoli agli insediamenti produttivi sono la stabilità politica,
l’ordine pubblico (le forze dell’ordine devono vigilare sulle mafie e sui
criminali che chiedono il pizzo o fanno pressioni violente sui dirigenti delle
imprese), il costo del lavoro (è eccessivo a causa della supervalutazione
dell’euro, dell’imposizione fiscale e dei contributi sociali), la libertà di
assumere e licenziare se i lavoratori sono poco produttivi, la formazione
tecnica e la specializzazione dei dipendenti sui banchi di scuola, il sindacato
responsabile (che non indica scioperi e proteste che non conducono da nessuna
parte), lo stimolo al lavoro, spingere i prodotti nazionali limitando le
importazioni.
CAPITOLO VI
LA
MICROECONOMIA
La Microeconomia
ha come oggetto di studio il settore terziario (beni e servizi), che ha il
maggior numero di occupati. Il Ministero Agricoltura, Foreste ed Attività
Primarie deve contemplare molte problematiche a partire dallo spopolamento
delle campagne, alla mancanza di manodopera, ai costi di produzione, alla rete
distributiva inadeguata, alla concorrenza di prodotti esteri, ecc.
L’agricoltura non può essere più fatta con le tradizioni e gli insegnamenti
antichi dei nonni. Per questo gli agricoltori che hanno ereditato appezzamenti
di terreno dai loro avi devono categoricamente aggiornarsi sulle moderne
tecniche di coltivazione, altrimenti la semina e la raccolta non premiano il
loro lavoro e i prodotti non possono competere sul mercato. Lo Stato deve favorire
l’industrializzazione dell’agricoltura con sovvenzioni: i contadini devono
munirsi di macchinari e utensili che li aiutano a produrre la maggior quantità
di raccolto, raccolto che deve anche soddisfare il fabbisogno interno. Invece,
in Italia le sovvenzioni vengono usate per le corruttele e per vendere nel
mercato interno prodotti agricoli stranieri (uva di Spagna, olive della
Tunisia, arance del Marocco, mele della Germania, pomodori e grano della Cina,
ecc.). Lo Stato deve intervenire per regolarizzare la distribuzione dal
produttore, al grossista e al venditore, facendo rimanere i prezzi al dettaglio
equi per tutti i consumatori. Deve intervenire per evitare speculazioni, per
legalizzare le forme di caporalato, il lavoro dei braccianti e vigilare sui
diritti e doveri di quanti devono lavorare nei campi. L’allevamento di bestiame
è strettamente legato all’agricoltura e deve essere controllato nella filiera,
dall’origine al macello, per garantire e tutelare tutti i
cittadini-consumatori.
Le foreste (il
legno ormai è pregiato) devono essere tutelate, sia perché sono il polmone del
nostro ambiente, senza di loro l’anidride carbonica non può diventare ossigeno,
sia perché gli incendi (che sono le male azioni più ricorrenti dei criminali
che servono pure lo Stato e vogliono più soldi; infatti, i forestali e i
pompieri vengono pagati in base al numero di interventi) distruggono i campi
seminati e i raccolti e spesso attaccano anche i centri abitati, causando in
caso di alluvioni disastri inenarrabili (vedere TV). Lo Stato deve perseguire
penalmente chi si macchia del reato dell’incendio doloso soprattutto in estate.
Accenniamo solo
all’industria mineraria e petrolifera, quasi inesistente in Italia, e siamo
costretti ad importare quasi tutte le materie prime dall’estero: e per di più
il settore è attaccato frontalmente dalle sinistre ambientaliste.
Il Ministero
della Pesca e Allevamento Ittico deve regolamentare tutto quello che
succede a mare, nelle 12 miglia nautiche, lungo gli 8.000 km di costa della
nostra Penisola. L’Italia ha antiche tradizioni a riguardo della pesca, ma
l’eccessivo sfruttamento dei mari e pure l’inquinamento creano grossi problemi
ai pescatori. La Comunità Europea ha stabilito molti limiti nella pesca, dal
proibire tecniche di frodo che distruggono i fondali, dal limitare le licenze,
dalla determinazione di quote del pescato. Spesso, però, le norme europee
aggrediscono solo Paesi come il nostro, perché i Paesi extracomunitari vicini
come la Tunisia, il Marocco, la Turchia, ecc. pescano come meglio credono senza
limiti e, poi, ci rivendono il pescato. In Italia, chi si occupa di pesca non
viene tutelato per niente ed è costretto ad importare il pesce dall’estero per
soddisfare il fabbisogno nazionale. L’acquicoltura o allevamento ittico,
con gabbie a mare, potrebbe essere la soluzione per garantire il pesce fresco
sul tavolo degli italiani.
Il Ministero
dell’Industria e Artigianato si occupa di molte tematiche, come abbiamo
descritto sopra per lo sviluppo economico. La crisi attuale morde maggiormente
questo settore (delocalizzazione delle industrie all’estero e artigiani
costretti a chiudere bottega).
Il Ministero
del Commercio e dei Trasporti si occupa delle regole degli scambi
commerciali, della grande e piccola distribuzione, dei piccoli esercenti e
delle multinazionali. Non è vero che favorendo la nascita di grandi gruppi
commerciali, i famosi super centri nelle periferie della grandi città, a
discapito dei piccoli negozi disseminati lungo le strade dei centri cittadini,
si crea sviluppo: 100 negozi, 100 partite Iva, davano da mangiare a 100
famiglie; un centro commerciale che sostituisce 100 negozi e che assume 30
addetti sottopagati, fa ingrassare solo il padrone.
Il Ministero
del Turismo e dei Beni Archeologici contempla tutte quelle tematiche che
hanno come oggetto l’attività del turista, che è colui che viaggia nel
nostro Paese per diletto o per interessi ed è attratto dai nostri beni
archeologici, dalle nostre antiche città, dalla nostra arte (architettura,
scultura e pittura), dalla nostra letteratura, dal nostro cinema e teatro (si
deve affermare la produzione Made in Italy), dai nostri eventi e forme
di divertimento. Il turismo può essere considerato un settore primario più che
terziario (di servizi), in quanto il giro d’affari che movimenta è cospicuo e
può dar sostentamento a molte famiglie. Purtroppo, come abbiamo detto in
precedenza negli altri settori, le politiche corrotte, clientelari e
nepotistiche adottate hanno bloccato per anni questo tipo di attività
economiche. I turisti scippati, quelli trattati male sulle spiagge, nelle
discoteche, nei ristoranti da addetti poco seri e raccomandati, non faranno più
ritorno nel nostro Bel Paese, anzi urleranno al mondo che siamo una banda di
ladri e imbecilli.
CAPITOLO VII
LA POLITICA
MONETARIA
La Politica
Monetaria tratta le problematiche delle istituzioni come la Banca
Centrale e il Ministero del Tesoro. La Banca Centrale, prima in
Italia, era la Banca d’Italia, che aveva le filiali in tutte le province. Ora
tutte le sue funzioni sono passate alla BCE (Banca Centrale Europea). La
SBG non vede di buon occhio l’istituzione dell’Euro e dell’Unione
Bancaria sovranazionale. I dati raccontano che da quando abbiamo stampato gli
euro, siamo in una perenne crisi. Finché non c’è un’unione politica, un governo
centrale di tutti gli Stati membri della Comunità Europea, non si può parlare
affatto di unione monetaria europea. Il popolo d’Inghilterra, nella fine di
giugno del 2016 (Referendum), ha deciso di abbandonare per sempre il sogno dell’Unione
Europea: lo scetticismo sull’euro è, ormai, dilagante; le nostre cassandre
vedono un cielo cupo che si staglia su tutti noi. La sovranità monetaria, il
diritto di stampare monete e banconote, doveva rimanere alla Banca d’Italia,
proprietà dello Stato. L’euro, essendo una valuta a debito, grava sulla povera
gente e molti non vedono più la luce in fondo al tunnel.
La Banca
Centrale ha il diritto di signoraggio, col quale controlla la liquidità di
denaro nello Stato per evitare inflazioni e crisi (proprio l’opposto di quello
che vediamo noi oggi). Ha il dovere di determinare il tasso d’interesse o di
sconto con il quale le sue filiali e le altre banche prestano denaro alle
imprese o alle famiglie. Deve controllare la variazione dei coefficienti della
riserva obbligatoria, cioè l’ammontare dei depositi in tutte le altre banche.
Opera nel mercato aperto per vendere o acquistare titoli di Stato (bond) per
diminuire o aumentare la moneta circolante (inflazione e deflazione). Deve
controllare tutto il sistema bancario, dai mercati azionari e obbligazionari
(Consob e Borsa), ai mercati dei cambi, al pareggio di bilancio dello Stato,
alla crisi delle banche, ai prodotti finanziari (come i derivati truffaldini
che hanno fregato milioni di pensionati di tutto il mondo).
I grandi Istituti
Bancari mondiali hanno innescato una crisi nel 2008, partita dagli USA e
propagatasi nel resto del pianeta: hanno operato con spregiudicatezza, ai
limiti del lecito, hanno immesso sul mercato prodotti spazzatura di alta finanza,
hanno creato confusione tra i risparmiatori, hanno creato un disagio sociale,
economico e politico, che si poteva evitare se ci fosse stato un organo di
controllo serio. Con l’entrata in vigore dell’euro, tutte le banche hanno
iniziato a prestare denaro senza garanzie. Il risultato è che il 40% dei
prestiti non è più tornato nei cavot con i rispettivi interessi e molte banche
sono fallite (aiuti di Stato per coprire i buchi hanno fatto lievitare il cuneo
fiscale alle imprese e famiglie con conseguente perdita di posti di lavoro,
perdita del valore dei salari, crisi, ecc.). La bolla speculativa è stata
determinata dai consigli di amministrazione (cda) di questi grandi Istituti
Bancari e la Banca Centrale, in concerto col Ministero del Tesoro,
dovevano sanzionare in modo serio i responsabili (la colpa, invece, cade ed è
caduta sempre sui più deboli che sono i contribuenti).
Il Ministero del
Tesoro ha come tematiche: la stabilità dei prezzi (deve tenere sotto controllo
l’inflazione, la quantità di denaro circolante che determina l’abbassamento del
potere d’acquisto, stagnazione e depressione), la regolazione dei cicli
economici (deve controllare la disoccupazione, la povertà, la recessione), il
contenimento del Debito Pubblico (attualmente i nostri governanti si
dimenticano di questo fattore, che senz’altro a breve esploderà rendendo lo
Stato Italiano a tutti gli effetti fallito e in deafult e i suoi titoli non
varranno nulla: l’unico modo per coprire il Deficit è quello di ridurre la
spesa pubblica, ad es. dismettendo opere pubbliche non funzionali, enti che non
hanno né testa e né coda, ecc., e gli sprechi della nostra politica
clientelare).
CAPITOLO VIII
LA POLITICA
FISCALE
Duemila anni fa
l’Imperatore Romano Marco Aurelio diceva che le tasse sono il prezzo della
civilizzazione. La Politica Fiscale, praticata dal Ministero delle
Entrate, deve procurarsi le risorse finanziarie per realizzare i programmi
del governo e di spesa pubblica (strade, scuola, polizia, ospedali, ecc.) e per
promuovere lo sviluppo, oltre che finanziare lo Stato Sociale. Regola i cicli
economici. Consegue l’equità sociale tassando i tipi di reddito. Gestisce il
bilancio dello Stato.
Nell’antichità si
esigevano le tasse in modo non appropriato e non uguale per tutti, oggi le cose
sono cambiate. Le leggi che sanciscono la tassazione equa in base al reale
reddito e ricchezza ci sono, devono solo essere applicate. Le tasse dirette (la
dichiarazione dei redditi che si deve presentare ogni anno) gravano sugli
individui e sulle imprese, che sono chiamati contribuenti. Le tasse indirette
come l’IVA (l’imposta sul valore aggiunto) sono quelle sui beni, servizi e
quindi i consumi. Le aliquote di queste tasse variano in base al Paese;
diverse, dunque, anche tra i membri della Comunità Europea. Da noi l’IVA è pari
al 22% dal 2013, un vero salasso. Si aggiungono poi le tasse di successione
degli immobili e le tasse locali come l’IMU (imposta municipale per gli
immobili come case, terreni, negozi, ecc.) e l’Irap (imposte regionali sulle
attività produttive). Una pressione fiscale troppo alta (enorme numero di
imposte e tasse da pagare a fine anno: giungla fiscale) crea crisi economica e
sociale: gli imprenditori delocalizzano le imprese e le industrie in altri
paesi (paradisi fiscali dove non si pagano le nostre stesse tasse e dove molti
capitali sporchi confluiscono), gli artigiani chiudono bottega e i proprietari
d’azienda licenziano i dipendenti in tronco. Quando lo Stato aumenta le tasse è
perché non è capace di esigere quelle eque, valide per tutti, in quanto ci sono
molti furbetti che vivono nella totale evasione fiscale: solo i pensionati, i
dipendenti pubblici, privati sono inquadrati come veri contribuenti; tutti gli
altri, i liberi professionisti, gli imprenditori, gli artigiani, ecc. hanno più
discrezionalità ed evadono a volte anche in un modo estremo. Più c’è corruzione
nella Pubblica Amministrazione (funzionari che chiudono un occhio per
un’infrazione grazie a tangenti) e più ci sono evasori totali. La soluzione
all’evasione fiscale è per primo un controllo capillare della Guardia di
Finanza, poi l’applicazione delle imposte deve essere chiara e certa (la
burocrazia fiscale favorisce l’evasione in quanto più sono complesse le
imposte, più si tende ad evadere anche perché non ci sono pene certe e le
sanzioni sono irrisorie e mal applicate). Le imprese, le aziende, gli esercenti
commerciali devono tenere traccia delle loro entrate ed uscite, devono avere
registri del loro volume d’affari, devono essere capaci sempre di mostrare la
loro contabilizzazione ai finanzieri che sono mandati per un controllo fiscale:
e questo discorso vale per tutti, non solo per il malcapitato preso di mira.
CAPITOLO IX
MINISTERO
COMMERCIO ESTERO
Il Commercio
con l’Estero è diventato negli ultimi anni un aspetto prominente
dell’economia di una Nazione. Gli scambi commerciali degli USA si sono
triplicati dagli anni ‘60. Il commercio internazionale dà lavoro a molte
persone e si occupa: dei mercati dei beni (libera circolazione di prodotti
industriali ed agricoli), dei mercati finanziari (libera circolazione di
capitali), dei mercati dei fattori (imprese localizzate all‘estero), del
mercato del lavoro (assunzione di lavoratori stranieri che sono ex immigrati).
Le problematiche
del Ministero Commercio Estero si barcamenano tra due correnti di
pensiero: il libero scambio che apre verso tutti gli Stati le proprie attività
economiche e il protezionismo che tende a bloccare le mire espansionistiche di
soggetti economici stranieri nella propria nazione. Da un punto di vista
logico, è normale che uno Stato deve proteggersi da altri Stati che puntano a
destabilizzarlo, acquistando aziende, industrie, know-how, liste clienti, ecc.
e adottando politiche sleali (come pagare il personale con stipendi da fame e
farlo lavorare duro, abbattendo i costi di produzione e battendo i concorrenti
sul mercato, anche svalutando la propria moneta per vendere più merci di
tutti), ma il libero scambio di merci e capitali favorisce la competizione
industriale e il progresso tecnologico dei singoli Paesi. Ovviamente, la SBG
sostiene che la verità sta nel mezzo: da un lato bisogna vigilare contro la
concorrenza sleale e la spregiudicatezza di alcuni Paesi come la Cina, Paesi
che predicano bene e poi razzolano male, che vogliono impadronirsi degli Stati
sovrani con manovre capitalistiche, dall’altro si deve favorire la concorrenza
e la competizione del libero mercato, in quanto i prodotti per i consumatori
migliorano sempre col tempo.
La Guardia di
Finanza deve controllare che le merci e i capitali rispettano le leggi, non ci
siano manovre truffaldine e sleali, non ci siano ambienti nocivi ai consumatori
(prodotti creati con materie prime scadenti e velenose), non ci siano danni
alle imprese che operano solo nel mercato interno (frodando tutti gli altri
competitori con bassi costi di produzione, bassi salari, sfruttamento del
lavoro, svalutazione della moneta per aumentare gli scambi commerciali,
violazione del copyright e copia di marchi e brevetti, ecc.).
A livello
internazionale dovrebbe valere il principio della reciprocità: io acquisto
nel tuo Paese, come tu acquisti nel mio. Ma nella Globalizzazione odierna
non è affatto così; gli Stati non sono tutti della stessa capacità economica e
i pesci più piccoli vengono mangiati da quelli più grandi (es. la Germania,
Paese dominante d’Europa, può comprarsi tutto il mercato dell’Albania, mentre
quest’ultima, poverella, può solo rimanere a guardare; in Grecia è successo
così durante le feroce crisi del 2014, quando i tedeschi hanno comprato tutte
le infrastrutture a partire dagli aeroporti). Il libero mercato non deve essere
una giungla, ma un ambiente in cui tutti possono operare nell’equità, nella
conformità, nella sicurezza e pure nella solidarietà; molte volte, prima di
decidere sulla svendita di una fabbrica verso un capitalista straniero, è
meglio consultarsi con i sindacati e gli studiosi del settore (per garantire il
lavoro agli operai del proprio paese, per garantire giusti salari, per
garantire i diritti dei lavoratori, i profitti, ecc.). Bisogna aiutare gli
Stati deboli e non affossarli con manovre economiche imperialiste. Questo
discorso vale soprattutto per la Comunità Europea, che ha adottato una
moneta unica (unione monetaria con discutibili regimi di cambio), ma di fatto è
un’accozzaglia di Stati che hanno lingue, culture, tradizioni e usi e costumi
diversi su ogni settore: ci sono, dunque, Stati forti e quelli deboli, in cui i
rispettivi popoli scontenti cominciano a far sentire la voce nelle piazze
(basta accendere la TV in qualsiasi ora del giorno per capire).
CAPITOLO X
MINISTERO
DELL’INTERNO
Le problematiche
del Ministero dell’Interno sono l’ordine e la sicurezza pubblica (con
l’ausilio delle forze di polizia) e la difesa della democrazia da attacchi
terroristici interni ed esterni. Le forze di polizia devono attuare misure
repressive contro la piccola e grande criminalità (arrestare il trasgressore
anche con maniere forti, applicando pene severe che fungono da deterrente); lo
Stato deve applicare, poi, misure preventive per scoraggiare il crimine (creare
occupazione e sviluppo, assistere le fasce più deboli del popolo per evitare
che i cittadini delinquono per vivere, controllare l‘immigrazione di massa, in
cui ci sono i criminali più efferati), deve applicare misure assistenziali
specifiche (operare con lo Stato sociale per evitare che adolescenti ed uomini
spinti da necessità vanno ad aumentare le fila della criminalità e rieducare
con strutture idonee chi ha scontato la giusta pena).
La lotta alla
criminalità è una tematica antica in tutti gli Stati. E’ vero che all’epoca di
Mussolini si poteva avere le porte di casa aperte, perché nessuno osava toccare
niente, come pure nell’ex Unione Sovietica la criminalità era a livelli
bassissimi, ma non per questo bisogna adottare uno Stato di polizia (Regime).
La Democrazia deve avere altri modelli, però il permissivismo odierno
non paga: i delinquenti non temono la legge, perché dopo anni di processi e
sentenze ritornano liberi di vivere come prima. La giustizia è ipergarantista,
male organizzata e le autorità sono deboli verso i delinquenti.
I fattori di
dissuasione come la paura di finire in prigione, la possibilità di essere
preso, la severità e certezza della pena, la diffusione di principi morali,
frenano gli individui dal commettere reati. Invece, fattori di facilitazione
come l’ipergarantismo di una certa sinistra e l’incertezza della pena, la
libera vendita di armi anche nel mercato nero e la giustizia che non funziona
(processi che durano 20 anni, magistrati che si contraddicono in una rete di
clientele che non finisce), creano nei criminali la convinzione che affiliarsi
a cosche mafiose sia la scelta giusta. La strategia della tolleranza zero
attuata dall’ex Sindaco di New York (Giuliani) è quella che ha portato più
vittorie verso la malavita organizzata. Presidio totale dei “policemen” in
tutto il territorio, nessuna tolleranza verso i reati minori (truffa, furti,
rapine, spaccio di droga, estorsioni, stupri, ecc.), mettere in mostra i
criminali sui giornali, in Tv, ecc., la categoricità della pena (in Italia tra
riti abbreviati, patteggiamenti, indulti, licenze, permessi e buona condotta, i
trasgressori la fanno franca e si sentono forti dinanzi alle autorità), la
recidività (l’aumento di pena se colti in flagranza dello stesso reato),
premiare l’ammissione di colpa con sconti di pena, controlli di telecamere e
personale, come per esempio il registro degli ospiti negli alberghi, hanno
condotto New York ad essere la città più sicura degli Stati Uniti d’America
(con una sola eccezione delle periferie più lontane).
In tutti gli Stati
del Mondo ci sono più corpi di polizia che hanno mansioni diverse e specifiche
settore per settore (es. polizia municipale, polizia di Stato, Guardia di
Finanza, Carabinieri, Forestale, ecc.). Anche se il vigile deve elevare le
multe ai trasgressori del codice della strada, deve interfacciarsi col
poliziotto (Ministero dell’Interno) e il carabiniere (Ministero della Difesa)
affinché si operi per la sicurezza comune e l’ordine pubblico, senza scontrarsi
sulle linee di comando (distretto con un comando unico). Lo Stato deve premiare
le forze dell’ordine con riconoscimenti e premi per incentivarle a fare sempre
il meglio: più scardinano le cosche mafiose con pedinamenti, controlli,
appostamenti, infiltrazioni (trappole), indagini, ecc, più avranno avanzamenti
di carriera e saranno motivati nel loro onorevole lavoro. Altrimenti, cadono
tutti nella rete clientelare di quanti vivono nella corruzione e malavita con
un danno enorme per la collettività.
Le misure per
fronteggiare la criminalità variano da reato a reato. Gli americani, come detto
sopra, hanno eliminato la mafia da New York, con infiltrazioni di agenti,
trappole, pentitismo, controllo incrociato tra polizie locali e federali, il
sequestro totale dei beni, interdizione delle attività economiche, programma di
protezione dei testimoni e dei pentiti, cimici e attività di spionaggio,
educazione alla legalità nelle scuole e nei centri culturali e sociali. Dopo la
seconda guerra mondiale, la Mafia diventò potentissima in Italia, soprattutto nei
Comuni, dove gli appalti per le opere pubbliche passavano tutti per le mani di
faccendieri e individui senza scrupolo che lucravano sul denaro dei
contribuenti (e ancora votazioni comunali pilotate e brogli elettorali a
iosa). Il clientelismo e la corruzione si diffusero fin negli scranni del
Parlamento, in cui nell’era fascista non era manco permesso di fiatare. Gli
enti locali grondavano di tangenti e mazzette che, molte volte, sfociavano in
vere e proprie estorsioni: persone violente armate chiedevano e chiedono ancora
il pizzo ai commercianti, artigiani, imprenditori e quanti sono costretti a
lavorare per portare avanti la famiglia (e devono pagare perché minacciati
continuamente di ritorsioni). La malavita, poi, si alimenta anche di reati
minori come i furti negli appartamenti, furti di auto, ricettazione nel mercato
nero e non, spaccio di droga e prostituzione. Con i metodi di dissuasione e
repressione sopra citati l’Italia diventerebbe un Paese più pulito. Anche
legalizzando le droghe leggere e la prostituzione, si porterebbe un devastante
colpo alle organizzazioni mafiose. Lo stesso, arginando il fenomeno della
proliferazione delle armi e degli esplosivi sia nel mercato nero che nelle
vendite ufficiali (controllo intensivo delle frontiere, perizia psichiatrica e
fedina penale pulita per chi vuole munirsi di porto d’armi per difesa), si
porterebbero duri colpi sia ai mafiosi che ai gruppi terroristici di qualsiasi
estrazione ideologica che hanno intenzione di colpire l’Italia e la sua
Democrazia.
CAPITOLO XI
MINISTERO
DELLA GIUSTIZIA
Il Ministro
della Giustizia deve organizzare e far funzionare al meglio tutti i servizi
relativi alla Giustizia, e secondo l’Art. 107 della Costituzione della
Repubblica Italiana deve promuovere azioni disciplinari verso quei magistrati
inadempienti. Nel Governo ha funzione di Guardasigilli, che è il
responsabile delle Leggi approvate dal Parlamento e pubblicate sulla Gazzetta
Ufficiale. Ha, poi, funzioni di amministrazione penitenziaria (controllare le
carceri e i detenuti) e di cooperazione internazionale nel civile e nel penale.
L’Italia è uno di
quei Paesi, in cui la macchina giudiziaria non funziona, è lenta e disperde
molte risorse. Le cause, sia civili che penali, durano per decenni, tempo nel
quale si cambiano attori e protagonisti e, infine, i veri criminali la fanno
sempre franca (es. decorrenza dei termini, non luogo a procedere o il fatto non
sussiste, ecc.).
Nei tribunali
ci dovrebbero essere due fronti contrapposti: l’accusa (poliziotti che svolgono
indagini con giudici istruttori e Pubblico Ministero) e la difesa (l‘imputato o
il sospetto col suo avvocato difensore). Al centro ci dovrebbe essere un Giudice
super partes che, ascoltando le parole e le prove dell’accusa e della difesa,
decide se togliere la libertà o condannare a spese l’imputato. Un sistema
giudiziario efficiente deve avere: imparzialità dei giudizi (professionalità
dei magistrati, leggi chiare, indipendenza dal potere politico, sistema di
controllo di qualità, separazione di carriera tra giudici inquirenti e quelli
giudicanti), rapidità dei processi, economicità dei processi, limitazione del
contenzioso, tutela delle libertà del cittadino.
Nella Democrazia
si deve evitare che cittadini onesti siano accusati di reati da parte delle
forze di polizia o chi denuncia in malafede. Un uomo fermato dalla Polizia che
si presume innocente deve avere: diritto d’udienza (deve essere interrogato in
caserma), diritto alla difesa (possibilità di chiamare un avvocato anche
d’ufficio se non ha possibilità di pagare uno di fiducia), presunzione di non
colpevolezza, l’arresto immediato (solo se i reati sono ben evidenti, es.
registrazione video e più testimoni), esistenza di più gradi di giudizio (serve
per evitare errori di giudizio, ma in Italia tre gradi, come il Primo Grado,
l’Appello e la Cassazione, sono eccessivi e dilatano i processi in un tempo
indefinito).
Il Processo Penale
ha inizio quando la Procura della Repubblica viene a conoscenza di un reato. Il
Pubblico Ministero e la Polizia iniziano a svolgere le indagini che verranno
vagliate dal Giudice che decide se archiviare il caso o se accettare la
richiesta di rinvio a giudizio. L’indagine preliminare, dunque, inizia con
l’iscrizione del sospetto nel registro degli indagati. Il Magistrato invia,
poi, tramite i carabinieri, il famoso avviso di garanzia, usato in Italia per
scopi denigratori anche contro personalità e politici scomodi. Si avvia il processo
vero e proprio con la convocazione dell’imputato e del suo avvocato da parte
del Sostituto Procuratore. Ci sono vari istituti di riduzione della pena, in
cui l’imputato ammettendo le proprie colpe può evitare l’intasamento e
l’invivibilità delle carceri: patteggiamento, sconti di pena (in base a buona
condotta), permessi premi, scarcerazioni per motivi di salute, indulto). In
Italia, si esagera sempre e, spesso, chi si macchia di crimini efferati (come
stupro e assassinio della vittima) lo ritroviamo al bar, dopo alcuni anni, con
una bella sigaretta accesa tra le dita.
Nel Processo
Civile l’attore (cittadino danneggiato che richiede un risarcimento) si rivolge
al Giudice perché venga riconosciuta una sua pretesa verso il convenuto (il
danneggiante che contesta la pretesa). Nella fase introduttiva c’è la domanda
dell’attore al Giudice, nella fase istruttoria il Giudice fa le sue indagini e
nella fase decisoria il Giudice decide la sentenza in base a quello che ha
ascoltato dagli avvocati dell’attore e del convenuto. La sentenza, dunque,
viene depositata nella Cancelleria del Tribunale. Le vertenze civili, in
Italia, sono milioni e intasano e bloccano tutta la macchina giudiziaria. Il
primo grado, attraverso il quale il giudice ascolta gli avvocati, controlla le
prove, interroga i testimoni, può durare molti anni prima che venga pubblicata
la sentenza. E, poi, si ricorre all’appello in cui l’avvocato difensore, che ha
perso la causa in primo grado, impugna la sentenza del primo Giudice. E non
finisce qui. Si ricorre al terzo grado di giudizio, che è la Corte di
Cassazione, che prolunga il tempo all’infinito e l’attore e il convenuto
muoiono nel frattempo per vecchiaia e le loro pretese verranno ereditate dai
figli o nipoti che nulla sapevano degli affari loro.
L’inefficienza
della Giustizia danneggia l’economia e la competitività del sistema pure
industriale: molti imprenditori che producevano hanno avuto gravi perdite da
questo nostro ordine delle cose. Hanno dovuto attendere trentenni prima che la
Giustizia decidesse per loro il giusto risarcimento danni. Attualmente, molti
ricorrono alle Corti Europee, che stanno sanzionando a più riprese il
nostro lento sistema giudiziario, i cui mali sono: aule e spazi non
disponibili, Tribunali fatiscenti, continui rinvii per tanti motivi che vanno
da sospetti problemi di salute a scioperi di categorie, vuoti di personale
negli organici e nelle Cancellerie, bassa produttività e voglia di lavorare,
burocrazie varie e scomparse di fascicoli nelle Cancellerie (poiché si lavora ancora
col cartaceo, si deve fare tutto daccapo e si perdono anni e anni di salute e
di vita…), i meritevoli non sono tenuti proprio in considerazione perché sono
tutti degli ignoranti raccomandati, giungla di norme a volte contrastanti tra
loro. La SBG, per risolvere gli annosi problemi della Legge Italiana,
propone premi di produzione a fine anno e avanzamenti di carriera a quanti si
prodigano per velocizzare la macchina della Giustizia. Propone più poteri ai
capi dei servizi, che controllano tutti gli impiegati. Propone di combattere
l’assenteismo, di migliorare l’organizzazione dei Tribunali stessi alla stregua
di un‘industria fiorente, di reclutare i Giudici tra i meritevoli e i ligi al
dovere e alla morale comune, di ridurre i contenziosi futili con un filtro (i
Giudici devono valutare bene la domanda o la denuncia prima di far partire il
processo; così si risparmia tempo e denaro), di nominare Giudici per tematiche
specifiche (come quelli addetti per le cause sportive, le pensioni di
invalidità, il divorzio, le vertenze condominiali, lo sfratto, le
assicurazioni, ecc., che sono quelle cause civili minori che intasano i
Tribunali e tolgono tempo, mezzi e risorse a quelle più importanti).
Gli istituti di
pena (le carceri) sono pressoché abbandonati da quanti trattano il
nostro sistema giudiziario. Una volta carcerati, i detenuti sono abbandonati a
loro stessi, sono rinchiusi in celle anguste, liberi di fare quello che
vogliono, come oziare o intrallazzare con altri detenuti o, peggio, comandare
agguati mafiosi da dietro le sbarre. Invece, la SBG sostiene che le case
circondariali devono proteggere la società dai criminali e prestabilire un
percorso di recupero per coloro che hanno commesso reati (ben venga anche la
disciplina militare, la pratica di uno sport e l‘istruzione di un mestiere,
oltre al lavoro per la manutenzione delle strutture di pena in cui si è
accolti). Alla fine, nella realtà, i delinquenti, che escono fuori per cause
raccontate prima, sono ancor peggiori di prima nell’80% dei casi (anche quando
sono affidati ai servizi sociali e ai domiciliari).
CAPITOLO XII
MINISTERO
DELLA SALUTE
Il Ministero
della Salute deve occuparsi della sanità dei cittadini nelle
problematiche sia fisiche che amministrative. La salute è un bene prezioso che
non può essere assoggettato alle leggi del mercato, alle leggi della domanda ed
offerta. I malati sono disposti a pagare molto purché vengano guariti e
in Italia medici ed infermieri se ne approfittano. I costi di gestione delle
strutture sanitarie, delle terapie, dei farmaci, dei macchinari e di tutti i
servizi correlati gravano moltissimo sulle risorse esigue delle casse dello
Stato. Il settore medico è quello più remunerativo per i propri operatori e non
solo in Italia. Dietro c’è un giro d’affari enorme. E non si possono scaricare
tutti i costi sui liberi cittadini in quanto in un sistema democratico lo Stato
deve sostenere in parte i costi per la cura giusta del suo popolo.
Un Servizio
Sanitario Nazionale moderno deve garantire l’assistenza a tutti i cittadini
senza distinzioni di genere, residenza, età e reddito. Deve essere
solidaristico, deve offrire una buona qualità dei servizi, rispondere a criteri
di economicità (ridurre le spese superflue), avere una certa autonomia dal
potere politico (per evitare favoritismi, corruzione e clientelismo), garantire
la libertà di scelta dei medici e delle cure.
I servizi del S.S.N.
sono: medicina di base (i medici di famiglia), ambulatori specialistici
(per analisi cliniche, ecc.), strutture ospedaliere (per operazioni
chirurgiche, degenze, ecc.), servizi di emergenza (autoambulanze, ecc.),
assistenza farmaceutica (medicine), assistenza psichiatrica.
Per molti anni nel
Parlamento italiano si è dibattuto su chi deve gravare l’onere della spesa
pubblica sanitaria: dall’ospedale totalmente pubblico a quello in mano ai
privati. La SBG sostiene, come detto negli altri settori, che la verità
sta nel mezzo. I malati da guarire devono corrispondere alle spese sostenute in
rapporto alle loro capacità di reddito. Non si può far pagare lo stesso ticket
di una prestazione sanitaria di un pensionato ad un disoccupato, come i costi
di chirurgia non devono gravare solo sui cittadini di classe medio-bassa.
All’uopo si istituiscono le Compagnie di Assicurazione Sanitaria, alla
stregua degli Stati Uniti d’America, le quali, in base ai versamenti dei
contribuenti (che corrispondono in base al reddito con trattenute sulla busta
paga o sulle pensioni), si fanno carico dei costi delle spese sanitarie.
Attualmente, in Italia, dopo la soppressione di enti mutualistici come l’INAM,
questi costi sono sostenuti dalle Regioni tramite le ASL (aziende
sanitarie locali). E tutti sappiamo le cose come girano: le Giunte regionali
nominano chi vogliono a capo delle ASL, scelgono i medici e gli operatori non
per meriti (con trasparenti concorsi pubblici), creano disservizi e
ammanchi di miliardi e miliardi di euro, soldi spesi per arricchire loro e
tutti gli amici, non per servire i cittadini malati. Le Compagnie di
Assicurazione Sanitaria opererebbero come strumenti di controllo per contenere
le spese e le truffe perpetrate all’interno delle strutture ospedaliere.
Eviterebbero spese superflue derivanti da terapie e cure che non servono,
controllerebbero la qualità delle prestazioni sanitarie (es. se un chirurgo
ortopedico rovina un uomo asportandogli, nella sala operatoria, il menisco
buono del ginocchio, possono intervenire con medici legali ed avvocati per far
ricevere all‘assistito il giusto risarcimento e al colpevole le giuste sanzioni
anche penali. Così prima di distruggere la vita delle persone, ci si pensa
due volte e si fanno le cose per bene!). Le Compagnie, dunque, devono
essere autonome e indipendenti dai poteri politici, soprattutto per il fatto
che la corruzione comporta un aumento delle spese in quanto gli operatori
sanitari, scelti secondo tecniche clientelari, mirano a gonfiare i costi di
tutte le prestazioni (es. addebitano sui malati cure, farmaci, operazioni
chirurgiche mai effettuate, come pure si acquistano tecnologie costose che non
verranno mai usate). Di qui ben venga l’uso di una tessera sanitaria
elettronica che comunica tutti i dati al Ministero della Salute, che può così
tenere sotto controllo tutti i tetti di spesa e diminuire i debiti infiniti di
questo settore, ormai, sotto l’occhio di tutti. Le Compagnie devono, altresì,
controllare che gli operatori fanno il loro lavoro onestamente e verificare che
il pubblico e il privato non si invadono a vicenda (es. molti dottori della
sanità pubblica fanno molte pressioni sugli ammalati affinché si rivolgano a
loro nelle sedi private, dove chiedono vere e proprie tangenti per farli
passare avanti nelle liste d’attesa e per curarli). Le strutture sanitarie
pubbliche, private e convenzionate possono coesistere, ma devono essere
separate e distinte e il cittadino deve avere la possibilità di scelta anche
alla luce delle sue disponibilità economiche. Vige, infine, il principio
secondo il quale si devono somministrare i farmaci, ci si deve sottoporre a
terapie, cure e interventi chirurgici solo quando è strettamente necessario, in
quanto la prima regola è sempre quella di prevenire le malattie (di qui
informare per bene tutti i cittadini su comportamenti alimentari adeguati e
stili di vita sani). Invece, gli informatori scientifici, che affollano gli
ospedali, le cliniche e gli studi medici, non fanno altro che vendere i
prodotti delle loro società farmaceutiche secondo logiche affaristiche e di mercato
(marketing). A volte, corrompono i medici con vacanze premio, partecipazione a
convegni senza senso ed altri regali, per fare assumere ai loro clienti-pazienti
determinati farmaci (e spesso con ricette false e gonfiate si praticano truffe
al S.S.N. che è costretto a rimborsare le spese anche quando non è tenuto;
sembra che oggi la Guardia di Finanza sia più vigile a tali tipi di
comportamento). I servizi di emergenza come i presidi di ascolto e le
autoambulanze medico munite con strumentazione pure devono essere regolamentate
in base alla nostra logica, la quale dice che il pubblico e il privato sono due
settori distinti (non si deve mangiare sulla pelle della gente!); a
volte, in centri periferici lontani dagli ospedali sono cruciali per chi fa un
incidente mortale o è in arresto cardiocircolatorio.
L’assistenza
psichiatrica deve essere garantita sia per evitare che il malato mentale noccia
alla società e ai suoi amici e parenti, sia che noccia a sé stesso. In Italia
la legge 180 del 1978, nota come legge Basaglia, stabilì la chiusura degli
ospedali psichiatrici, al cui posto subentrarono i centri di igiene mentale e
le comunità. Il Dott. Basaglia sosteneva che il malato mentale non doveva
essere rinchiuso nelle mura del manicomio, ma doveva essere riabilitato con
altre strutture in quanto la malattia psichiatrica deriva da fattori di disagio
come povertà, emarginazione, tossicodipendenza e devianza sociale (i mezzi di
cura sono la farmacologia, la psicoterapia e il reinserimento sociale perché
chi ha disturbi mentali, ha bisogno di rapporti umani). Con una certa sinistra
al potere si è diventati così più permissivi anche verso quei malati mentali
che si sono macchiati di fatti di sangue, che un tempo erano rinchiusi negli
OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari detti manicomi criminali) ed ora
vagano nelle città (sono molti i casi in cui i Giudici hanno scarcerato
pericolosi assassini). I disturbi mentali sono diversi e non tutti possono
essere trattati ugualmente, anche perché individui pericolosi sono
irrecuperabili e non solo tra quelli che ammazzano la propria madre o moglie,
anche tra quelli che creano problemi sui posti di lavoro (es. avvocati e notai,
che intrallazzano, creano scompiglio, si inventano sentenze per scopi di truffa
e si credono falsamente nella ragione, e che negano la realtà anche di fronte a
loro stessi).
CAPITOLO XIII
MINISTERO
DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
La scuola è
un’istituzione abbastanza recente con la quale la società tramanda la cultura
alle generazioni future. L’istruzione è un servizio essenziale perché prepara i
cittadini del domani, oltre che tra i lavoratori anche tra la classe dirigente.
Nell’Atene del V sec. a.C. erano proprio le famiglie che pagavano un maestro
che impartisse le lezioni ai propri figli in base ai loro ranghi sociali;
nell’Antica Roma solo i figli nati liberi avevano accesso alla cultura; nel
Medioevo solo i giovani chierici avevano diritto alla studio (in monasteri), e
nel Basso Medioevo era per lo più diffuso l’apprendistato nelle botteghe;
invece, col Rinascimento si determina l’istituzione di una scuola pubblica
grazie anche al potere politico delle città-Stato. E dal XVIII secolo si pensa
alla scuola come diritto pubblico e dopo la seconda guerra mondiale la
scolarizzazione diventa un fenomeno di massa e quella di base o primaria
diventa d’obbligo per tutti i Paesi avanzati.
Una scuola deve
essere di carattere formativa (creare la personalità in base alla
dottrina), informativa (diffondere la conoscenza in base agli studi) e professionale
(qualificare al lavoro in base alla pratica).
Una scuola moderna
deve essere organizzata come un’azienda della formazione, al capo della quale
ci deve essere un attento dirigente scolastico (preside) che operi verso il
personale docente e non, al di là di tutte le lungaggini burocratiche delle
segreterie. Spesso i docenti passano ore a compilare registri, fare relazioni,
ore che possono essere impiegate per la didattica, cioè per l’insegnamento. Il
personale didattico deve essere scelto in base al merito, non secondo tecniche
clientelari (descritte già nei capitoli precedenti), deve essere reclutato
secondo titoli e concorsi pubblici trasparenti. La scuola deve altresì avere
strutture idonee, con ampie aule, laboratori, ecc.; attualmente in Italia molti
istituti sono fatiscenti. La scuola italiana viene vista come valvola di sfogo
alla disoccupazione e, quindi, si assume personale non sempre all’altezza, non
sempre secondo canoni meritocratici (l’amico del politico si piazza nella
graduatoria davanti a quelli che avevano titoli, esami e più punteggi per
insegnare): docenti senza preparazione, senza la cultura, senza nozioni
aggiornate, fanno sì che la nostra scuola è agli ultimi posti delle graduatorie
mondiali dell’insegnamento. La SBG, per ovviare a questo problema,
propone la figura del coordinatore didattico, che deve controllare
l’operato sia didattico che amministrativo del preside e dei docenti di tutte
le scuole. Questa figura deve controllare la qualità dell’insegnamento e non
far sì che docenti in malafede scarichino la colpa sugli alunni sul mancato
apprendimento delle loro lezioni (es. verificare insieme ai genitori se lo
studente debba veramente ripetere l’anno), deve declassare gli insegnanti se
non sono più idonei e deve controllare che si adottino libri di testo validi.
In Italia le
scuole possono essere divise in 5 gruppi: scuole materne, scuole primarie
(elementari in 5 anni), scuole medie inferiori (3 anni), istituti superiori (di
5 anni, i primi due considerati dell’obbligo) e università. La scuola materna è
di tipo preparatorio, non è obbligatoria ed è indirizzata ai bambini dai 3 ai 6
anni, che devono ricevere la prima formazione. La scuola primaria o elementare
(5 sono le classi) deve essere volta all’apprendimento generale della
scrittura, lettura e calcolo, con nozioni di lingua, letteratura, storia,
geografia, arte, musica, religione, ecc. La scuola secondaria (le medie di 3
anni) deve approfondire le materie di quella elementare e consentire agli
alunni meritevoli di scegliere il loro corso di studi (siamo dell’opinione che
gli alunni non portati per lo studio scelgano un percorso che li aiuti a
imparare un mestiere). Col biennio degli istituti superiori deve terminare la
scuola dell’obbligo e si deve selezionare chi vuole ricevere un diploma e
approdare alle università. E’ indispensabile indicare a quei giovani portati
per le arti e i mestieri gli istituti professionali idonei che siano anche
supportati dalle botteghe degli artigiani e dalle fabbriche (un po’ come
avviene in Germania, in cui si insegnano lavori come il meccanico,
l’elettrauto, il carrozziere, il parrucchiere, l’imbianchino, l’operaio
specializzato, il fornaio, ecc.). Attraverso la sinergia dei voti e dei giudizi
del corpo docente si indirizzano gli studenti meritevoli verso i licei classici
(studi letterari ed umanistici), scientifici (le scienze, la matematica, la
fisica, ecc), licei linguistici (lo studio delle lingue), istituti magistrali
(studi pedagogici, ecc.) e gli istituti tecnici (per geometri, ragionieri,
ecc.). Gli ultimi 3 anni della scuola superiore devono essere di carattere
informativo che consentano di proseguire gli studi universitari a quanti vanno a
scuola non per vegetare, ma per eccellere in una professione, anche di
carattere dirigenziale. Attualmente, in Italia c’è un gran numero di diplomati
e laureati che non hanno sbocco lavorativo e non sono manco inglobabili nel
settore industriale e produttivo perché non hanno le competenze di operaio. C’è
un’inflazione di lauree e diplomi e tutti reclamano un lavoro idoneo ai propri
titoli e dall’altro lato c’è un popolo di giovani, che hanno frequentato
istituti professionali (solo sulla carta) che non sono capaci di svolgere i
mestieri più comuni. Alla base della crisi occupazionale c’è, dunque, anche la
scarsa organizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione, che crea profili
che vanno oltre l’offerta del mercato e crea degli emeriti incompetenti, che
sono, quindi, costretti ad emigrare (a 30 anni si possono inventare un
lavoro e una vita all’estero?). All’università ci si deve iscrivere solo se
veramente si è portati per essere dottori, avvocati, docenti, ingegneri,
informatici, ecc., non per oziare e divertirsi alle spalle dei genitori. In
Italia, vanno avanti senza nessuna fatica i raccomandati e quanti fanno di
tutto fuorché lavorare sodo. Superare gli esami, ottenere titoli, essere
selezionati nei concorsi pubblici senza sforzi è prassi comune. La mancanza di
credibilità dei nostri atenei all’estero è dovuta proprio per questi fattori.
Prima del 68’, della rivoluzione studentesca, le nostre università creavano dei
seri professionisti, poi col famoso “18 politico” si è aumentato il numero di
“dottori” che, oggi, siedono in cattedra e ci comandano… (a voi le
conseguenze!).
La SBG
propone l’istituzione di 2 tipi di università per regolamentare la giungla dei
dottori che non sono dottori nei fatti: università agli studi e università
popolari. Le prime devono essere dei veri poli di eccellenze a numero chiuso
riservate agli studenti che si sono mostrati meritevoli nel loro percorso di
studi. Le seconde devono essere aperte a tutti, anche a coloro che sono in là
con gli anni e vogliono approfondire le proprie conoscenze. Le università agli
studi devono essere dei plessi collegati con la ricerca e le industrie, i cui
corsi di laurea devono essere divisi per settori: università agli studi
letterari e pedagogici, agli studi scientifici, agli studi giuridici, agli
studi economici, i politecnici (per ingegneri, architetti, ecc), i policlinici
(per medici, infermieri, ecc.) e l’accademia delle belle arti. Solo creando
degli ambienti in cui si coltiva l’eccellenza, non solo selezionando gli
studenti migliori, ma anche i loro docenti, i libri di testo, gli scienziati
geniali, le ricerche al pari passo coi sistemi industriali più evoluti,
l’Italia può considerarsi alla pari dei suoi competitors stranieri.
CAPITOLO XIV
MINISTERO
LAVORO E IMMIGRAZIONE
Il Ministero
del Lavoro deve regolare il mercato del lavoro, elaborare le politiche
dell’occupazione, promuovere la formazione professionale, tutelare la sicurezza
sul lavoro, conciliare le controversie di lavoro, coordinare l’ingresso e
l’uscita dei lavoratori dal proprio Paese. Le sue tematiche possono essere così
raggruppate: avviamento al lavoro, tutela dei lavoratori, tutela degli
imprenditori, regolamentazione del diritto di sciopero, regolazione dei flussi
immigratori.
Un cittadino che
ha bisogno di un lavoro, come pure un imprenditore che ne offre, devono
contattare gli uffici di collocamento, che possono essere gestite da agenzie
pubbliche e private (a volte, quelle private sono più inclini a svolgere in
modo trasparente l’intermediazione tra l’offerta e la domanda del lavoro,
evitando i consueti giochi clientelari e corruttivi).
In Italia i
lavoratori sono tutelati dalla Statuto dei Lavoratori del 1970, emanato
dopo anni di dura lotta: i lavoratori hanno libertà di esprimere le proprie
opinioni, di manifestare (tramite sindacati) senza essere licenziati, di
lavorare in ambienti idonei che non nocciano alla salute, hanno diritto ad
essere ricompensati in base alle loro mansioni.
Al momento
dell’assunzione deve essere sottoscritto un contratto di lavoro, in cui deve
essere specificata la retribuzione mensile e i contributi sociali, come
l’assicurazione sanitaria e infortuni e la pensione per la vecchiaia. Devono
essere stabiliti l’orario del lavoro, le ferie, le assenze per malattie, le
tutele per la salute, la sicurezza, le condizioni ambientali. Spesso le norme
di sicurezza non vengono rispettate, anche a causa di enormi costi di gestione
delle imprese che economizzano, e si verificano le cosiddette “morti bianche”,
lavoratori pagati a nero che perdono la vita in fabbriche e in condizioni di
lavoro estreme. Gli imprenditori che non rispettano le norme assumono in nero
soprattutto tra gli immigrati; spesso sono più orientati verso contratti a
tempo determinato (lavoro precario) per pagare meno tasse e abbassare i costi.
La SBG propone la sottoscrizione di un contratto di lavoro a tempo
indeterminato dopo un anno di prova; per poter far questo il Ministero del
Lavoro deve garantire un numero basso di contributi, quelli necessari, sulla
busta paga, e consentire ai datori di lavoro di mettere in regola i lavoratori
sia indigeni che immigrati. Ovvio, che il Ministero debba tutelare anche gli
imprenditori, che devono avere libertà di assumere e licenziare, di scegliersi
quei lavoratori che sono produttivi e che non danneggino l’attività. In Italia,
dal dopoguerra, si è passati da un estremo a un altro, e oggi molti datori di
lavoro sostengono che è più facile divorziare da una moglie che licenziare un
operaio. Con la legge del mercato internazionale in cui la competizione è alta,
avere operai che non hanno voglia di lavorare e che usano gli scioperi
sindacali come se stessero bevendo un bicchier d’acqua, la situazione non è più
gestibile e molti imprenditori o assumono dipendenti immigrati a basso costo, o
eludono le norme dello Statuto dei Lavoratori, trattenendosi il 30% della busta
paga, oppure delocalizzano all’estero i loro impianti produttivi. Molti
lavoratori, protetti da politici e da sindacati, creano più danni che benefici
in quanto se ne fregano della produttività e reclamano solo diritti e aumenti
dello stipendio (disaffezione al lavoro). Lo sciopero è giusto se viene indetto
per sistemare condizioni di disagio per il lavoratore, non per creare, come
avviene oggi in Italia, un disagio a tutto il sistema economico. I lavoratori
che non hanno più interesse a lavorare nelle fabbriche, si trovino altri lavori
consoni alle proprie personalità (giusto licenziamento). Come è lecito premiare
quei lavoratori che si sono distinti per la loro operatività (premio di
produzione). Gli scioperi, spesso, hanno connotazioni politiche e sono capaci
di far cadere un Governo: i sindacati (associazioni di lavoratori che tutelano
i diritti degli iscritti di fronte ai datori di lavoro) li indicono, a volte,
per scopi puramente di potere o “di casta”, per far salire uno anziché un altro
nella gestione della cosa pubblica. Attualmente i sindacati si dichiarano
apolitici, come dovrebbe essere, ma sigle come la CISL, UIL, CGIL, erano
fortemente politicizzate in logiche di partito (la prima con la DC, la seconda
col PSI e PD, la terza col PCI) e si sono comportate come corporazioni creando
classi sociali forti e classi deboli tra i lavoratori iscritti (diversità di
salario).
Infine,
l’immigrazione e l’emigrazione determinano sia benefici che danni ingenti al
mercato del lavoro. A tutti noi balza agli occhi quello che sta succedendo nel
Mondo, dove milioni di individui fuggono da guerre e povertà e premono alle
frontiere di Stati che non sanno che fare, o bloccarli e respingerli, o aiutarli
e accoglierli. Va da sé che nessuno Stato può risolvere questo esodo epocale,
come lo si è fatto negli anni passati. Anche noi Italiani siamo stati
emigranti, sia dal meridione verso il settentrione della penisola, sia verso
gli Stati del Nord e Sud America: in questo caso l’emigrazione ha portato
beneficio all’economia in quanto prima si è creato uno sbocco lavorativo e
l’ampliamento di nuove industrie, poi si è abbassato il livello di
disoccupazione nelle aree depresse e vi si è portata moneta (es. emigranti che
lavorando hanno fatto costruire case per la villeggiatura nei loro paesi
d‘origine). L’immigrazione di massa di oggi può portare benefici solo a quanti
cerchino di assumere nelle proprie attività manovalanza a basso costo, per il
resto è una piena sconfitta se gli “Stati” non convergono sulle politiche da
adottare. Con i “barconi” non entrano solo i poverelli, gli sfruttati, i
ricercanti asilo, ma anche criminali pure di un certo spessore, se non proprio
terroristi, che evidentemente distruggeranno l‘economia dei Paesi in cui
vengono accolti. Il Mediterraneo deve essere pattugliato e molti Stati
dell’Africa Settentrionale aiutati affinché costruiscano dei campi profughi, in
cui si possa determinare legalmente chi può veramente essere accolto in uno
Stato più ricco per essere assunto come lavoratore, e chi essere rispedito
nella sua terra d’origine: la diplomazia internazionale deve occuparsi,
altresì, di porre fine alle guerre e consentire ai popoli di esprimersi nelle
terre dove sono nati.
CAPITOLO XV
MINISTERO
DEI LAVORI PUBBLICI
Il Ministero
dei Lavori Pubblici o delle Infrastrutture promuove la costruzione o
manutenzione di opere di pubblica utilità come autostrade, aeroporti, porti,
ferrovie, piazze, ponti, ecc. Le sue problematiche sono intrise di corruzione e
clientelismo, sin dall’epoca dell’Antica Roma: il giro d’affari è enorme, e
quando più si mettono in cantiere grandi opere, più la torta da spartire è
grande per alcune categorie.
In Cina per
costruire un tratto di autostrada ci si impiegano due anni circa, invece in
Italia lo stesso lavoro può durare per 40 anni almeno. In questi 40 anni i
costi di realizzazione possono aumentare fino a 10 volte. C’è una burocrazia di
fondo che attraverso carte bollate, permessi di svariati enti e
sovraintendenze, fa mangiare un bel pezzo di torta a un numero sempre crescente
di contendenti. Per costruire quel tratto di autostrada intervengono Enti
Locali come Comuni, Comunità Montane, Province, Autorità di Bacino, ATO, Genio
Civile, e le due Sovrintendenze ai beni culturali e ambientali e ai beni
archeologici. Questi Enti hanno tutti dei funzionari che richiedono tanto
denaro per far continuare i lavori, lavori che sono interminabili e spesso
vengono bloccati anche dall’intervento della Magistratura. A nostro avviso
questi Enti dovrebbero tenere una conferenza di servizio tra loro per evitare
che blocchino i lavori in corso senza nessuna logica (es. quando si scopre
sotto terra un sito archeologico, il lavoro per la costruzione della strada
viene bloccato per anni, poi si scopre che erano solo 4 pietre antiche
accatastate che non hanno nessun valore artistico). Così, prima di fare un
progetto e andare avanti con l’esecuzione dei lavori, che impiegano uomini e
denaro, si deve valutare a tavolino per bene se l’opera è necessaria e utile
per il bene comune. Non solo in Italia, ma in tutto il Mondo, negli anni si
sono costruite le “cattedrali nel deserto” e opere incompiute. Quel famoso
tratto di autostrada non potrebbe vedere mai la luce a causa del fatto che si
finiscono i soldi, oppure servono altri per completarlo, a causa del fatto che
la Magistratura trova o le aziende appaltatrici o gli organi appaltanti in
piena violazione della Legge (in tribunale ci sono cause al riguardo che durano
da 30 anni), a causa del fatto che l’impresa appaltatrice fallisce.
Secondo la prassi,
una volta che lo Stato o un Ente Pubblico decide di costruire un’opera pubblica
per quanto sia maestosa, deve indire una gara per scegliere il progetto
preliminare di una ditta appaltatrice (appalto). Una commissione valuta
e promuove il progetto più consono alle idee appaltanti e più economico; poi si
dà l’incarico di sviluppare il progetto definitivo e si indice la gara
d’appalto per le imprese che si offrono con i costi più contenuti per iniziare
i lavori. Tra questi passaggi è ovvio che c’è corruzione e clientelismo,
soprattutto se l’appalto non è pubblico ma con trattativa privata: le
commissioni scelgono tra ditte amiche, tra i protetti dei politici, a chi dare
in mano l’esecuzione dei lavori, i cui costi vengono fatti lievitare per
alimentare il sistema di corruttela.
Una gara d’appalto
dovrebbe essere pubblica e visibile a tutti, dovrebbe essere indetta per
trovare il progetto e l’esecuzione dei lavori più convenienti per le esigue
risorse economiche dello Stato e dei contribuenti. La commissione dovrebbe
scegliere le imprese appaltatrici tra quelle più serie, quelle che hanno fama
di portare a termine i lavori senza trucchi e inganni o giochetti che gonfiano
le spese, quelle che non trafficano sottobanco con amici e parenti di politici.
La commissione dovrebbe richiedere delle garanzie a queste imprese, come
depositi bancari cauzionali, che devono essere recuperati dallo Stato, se le
imprese violano le norme del contratto e non portano più a temine i lavori. Nel
contratto dovrebbe essere scritto un elenco dettagliato dei lavori da fare, i
materiali da usare, la data di consegna dei lavori, i disagi per il pubblico,
il subappalto (una vera piaga in Italia; le imprese dichiarano fallimento e
danno gli appalti a una miriade di altre piccole imprese che creano lotti come
delle scatole cinesi, lotti dei lavori interminabili).
A volte, però, i
versati sono proprio le imprese appaltatrici che non vengono pagate nei termini
dagli Enti appaltatori; es. i Comuni sono così indebitati che hanno ancora il
coraggio di aprire altri cantieri di opere che non saranno mai finite e mai
pagate. Lo Stato dovrebbe finanziare in anticipo almeno per il 70% con depositi
in banca le imprese che si lanciano alla costruzione delle opere. Il tutto
dovrebbe essere controllato da un direttore dei lavori estraneo sia
all’appaltante che all’appaltatore, in modo che nessuno si potesse mettere
d’accordo per violare la Legge e creare danni ai contribuenti tutti.
CAPITOLO XVI
MINISTERO
DEGLI AFFARI ESTERI
Il Ministero
degli Affari Esteri deve curare i rapporti con gli altri Stati, gli enti e
le organizzazioni internazionali (ONU, NATO, ONU, FAO, UNESCO, OCSE, ecc.),
deve tutelare gli interessi pubblici e privati dei cittadini italiani
all’estero, deve negoziare per stipulare trattati e convenzioni e deve
promuovere il commercio con l’estero. Per queste tematiche si serve delle
ambasciate (rappresentanze diplomatiche del Governo Italiano presso gli Stati
Esteri), consolati (uffici consolari che si occupano delle pratiche di attività
dei cittadini all‘estero), uffici di promozione economica e commerciale,
rappresentanze permanenti presso le organizzazioni internazionali di cui sopra
e gli istituti italiani di cultura.
Il Governo deve
decidere le sue alleanze politiche con uno Stato anziché di un altro, se
rimanere in alleanze militari come la Nato, se aderire alle sanzioni economiche
verso uno Stato visto dalle Nazioni Unite come una minaccia per la pace
internazionale; noi della SBG proponiamo dei modelli scientifici da
applicare alla politica e guardiamo sempre verso quelli che portano ad una
stabilità e alla pace tra le nazioni.
Le spese di
rappresentanza all’estero devono essere tagliate perché molti “uffici” sono un
retaggio del passato e nella pratica non servono più: questo Ministero deve
occuparsi solo del commercio con gli stranieri, per garantire il quale c’è
bisogno della pace. Quest’ultima può essere raggiunta solo con un duro lavoro
diplomatico che escluda a priori tutti i tipi di conflitti armati. I funzionari
delle ambasciate devono essere scelti in base alle loro capacità dialettiche
(conoscenza delle lingue) con gli stranieri, non per meriti politici o di
intrallazzare: molte volte l’incapacità di comunicare ha portato a degli
incidenti diplomatici più o meno gravi. Lo scontro odierno tra Russi, Cinesi e
Americani (NATO) ha rispolverato antichi dissapori di comunicazione: l’unico
deterrente a un conflitto atomico aperto, non è quello di dotarsi di armi ed
eserciti sempre più sofisticati, ma quello di applicare sanzioni economiche a
quegli Stati che violano le risoluzioni ONU e aiuti a quegli Stati più poveri.
CAPITOLO XVII
MINISTERO
DELLA DIFESA
Questo Ministero
ha 3 dicasteri come l’Esercito (vari corpi compreso l‘Arma dei Carabinieri), la
Marina e l’Aereonautica ed è preposto all’amministrazione militare e civile
della difesa anche nella controparte straniera (Comunità Europea e NATO). E’
sotto il controllo del Capo di Stato Maggiore e, nel nostro sistema
democratico, il Presidente della Repubblica è il Capo delle Forze
Armate: deve attuare, altresì, le delibere del Governo in materia di
sicurezza e difesa.
Attualmente stiamo
destinando molte risorse economiche a questo Ministero che favorisce la
corruzione e il clientelismo. Come piccolo Paese dell’Unione Europea, uscito a
malo modo dal Fascismo e da una guerra fratricida, non ci possiamo permettere
un esercito che sia al passo con le potenze vincitrici del secondo conflitto
mondiale, né tantomeno partecipare con loro a guerre in posti molto lontani
dalle nostre frontiere.
Negli anni
addietro il servizio militare era di Leva, cioè obbligatorio per tutti i
giovani nella maggiore età. Una soluzione economica (i soldati venivano pagati
con una semplice diaria) abbandonata da quasi tutti gli Stati che ora
preferiscono un esercito di mestiere (soldati con stipendi di tutto rispetto),
bene addestrato e con equipaggiamenti sofisticati. Ma in Italia, quando girano
tanti soldi sappiamo come va a finire: molti giovani non hanno lavoro e si
buttano a fare concorsi nelle Forze Armate, in cui se non sei nell’ambiente,
nel giro dei favoritismi e delle raccomandazioni, non puoi mai andare avanti.
Quando si appaltano gli acquisti e i lavori di manutenzione degli
equipaggiamenti, degli edifici e degli strumenti per la difesa
(cacciabombardieri, navi, carri armati, armi, ecc.), c’è sempre l’alto
ufficiale che ci vuole lucrare sopra e chi ne fa le spese, come abbiamo detto,
sono sempre i contribuenti super tartassati. Un buon esercito dovrebbe essere
costituito da uomini e donne seri, validi e motivati, non da raccomandati, da
ladri e incompetenti che ci mettono alla berlina verso il resto del mondo e in
pericolo con quegli Stati che sono una minaccia per la pace internazionale (es.
Libia di Gheddafi).
CAPITOLO XVIII
MINISTERO
DELL’AMBIENTE E DELL’ENERGIA
Il Ministero ha
funzioni in materia di ambiente (inquinamento marino, atmosferico,
idrogeologico) e nella ricerca di forme energetiche (rinnovabili ed
alternative). L’inquinamento dei suoli, dei mari e dell’aria è un tema alla
ribalta in questa epoca. Produciamo, a causa del nostro sistema consumistico,
molti rifiuti solidi e liquidi (da quelli biodegradabili a quelli altamente
inquinanti), immettiamo nell’aria sostanze dannose per la nostra salute e
quella di tutto l’ecosistema.
I ricercatori del
Ministero dovrebbero trovare le soluzioni all’inquinamento degli scarichi
fognari, scarichi industriali a mare, scarichi delle automobili, degli impianti
di riscaldamento, degli impianti industriali, e degli impianti di smaltimento
dei rifiuti solidi urbani. La scienza ha fatto passi da gigante nelle soluzioni
tecnologiche a queste problematiche e il buon governante deve sapere
scegliere quale adottare per la sua comunità. I sistemi di smaltimento, grazie
alla raccolta differenziata fatta in modo impeccabile, possono ovviare ai danni
all’ambiente fatti dalle vecchie discariche e dagli inceneritori. La nostra spazzatura
(organico, carta e cartone, tessuti, materiali plastici, metalli e vetro,
ceramiche, materiali altamente inquinanti, es. vecchie tecnologie e batterie)
ben selezionata può essere riciclata e utilizzata di nuovo per altri scopi e
molti Stati come la Germania ricavano energia elettrica dalla combustione dei
rifiuti.
L’energia
elettrica è una fonte vitale per lo sviluppo e l’economia di una Nazione. Hanno
bisogno di essa non solo le industrie, ma le nostre case e le nostre strade. Il
suo costo in Italia è troppo elevato: troppe risorse ci vogliono per le
centrali di produzione, per i gruppi di trasformazione, per le linee di
trasmissione, per le linee locali di distribuzione (es. cabine Enel). Attualmente
ricaviamo l’energia dalle centrali idroelettriche, termiche (gas e carbone),
geotermiche, nucleari (in Italia c’è stallo sull’utilizzo), dalle fonti
rinnovabili (fotovoltaico, eolico, biomasse). C’è un dibattito nel mondo su
come ricavare energia in modo sicuro e pulito. Le centrali nucleari di vecchia
concezione sono pericolose (usano uranio, es. il disastro di Fukushima); quelle
di ultima generazione e ancora in fase di studio, usando il torio,
garantirebbero energia elettrica in quantità infinita e a basso costo.
CAPITOLO XIX
LO STATO
SOCIALE
Lo Stato Sociale, o Welfare State, è un
raggiungimento, dopo lotte sindacali, di quasi tutti gli Stati moderni. E’ una
conquista civile, già a partire dal regime fascista con l’istituzione dell’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza
Sociale), ma molti sono critici sul fatto che, soprattutto in Italia, erode
gran parte delle risorse delle casse dello Stato. Le forme di assistenza
(ammortizzatori sociali) come le misure di assistenza ai disoccupati e quanti
hanno perso il lavoro, le agevolazioni per le abitazioni, l’assicurazione
sanitaria, gli indennizzi di mantenimento per le fasce più deboli e le pensioni
di vecchiaia, devono essere concesse a chi veramente ne ha bisogno ed ha i
giusti requisiti. Alcune volte i sussidi di disoccupazione creano disaffezione
al lavoro, in quanto chi le percepisce può ancora lavorare, ma si rifiuta di
farlo perché gli va bene così. L’assegnazione di una casa popolare da parte di
Enti Locali come i Comuni, può essere luogo di malaffare e truffa in quanti
molti, benestanti che non hanno diritto ad assistenza pubblica, se ne
approfittano delle amicizie nei piani alti per speculare su quanti veramente
sono poveri e non si possono permettere di acquistare la prima casa. Da qui ci
sono forme clientelari già nella costruzione degli alloggi, nell’assegnazione
e, poi, in chi deve addossarsi la manutenzione degli edifici: il risultato è
che le case popolari sono una giungla di palazzi fatiscenti, degradati, luoghi
in cui vi sono criminalità ed abbandono. Da parte dello Stato è meglio erogare
contributi alloggiativi, dei pigioni mensili che aiutino a comprare la prima
casa.
La politica
economica del Governo ha l’obiettivo primario di ridurre la povertà e la
disoccupazione. Molte volte i poveri, non sono solo i disoccupati, ma anche
quelli che, avendo un lavoro, non riescono a fare una vita dignitosa, non
riescono ad arrivare a fine mese e non possono permettersi i beni di primaria
importanza come il cibo. Molti politici del passato credevano che dare
incentivi o sgravi fiscali alle imprese, avviare il maggior numero possibile di
lavori pubblici, sostenere lo sviluppo economico, predisporre ammortizzatori
sociali per le fasce più deboli del popolo, potessero vincere la povertà. Non è
affatto così perché a causa di condotte morali riprovevoli che generano
corruzione e clientelismo, il divario tra i ricchi e i poveri è in crescente
aumento. Poi ci si mettono le guerre, per fare le quali interi Stati si
indebitano (un cacciabombardiere può costare decine di milioni di dollari) e
inducono i loro cittadini ad emigrare (vedi Siria). Ci si mettono i disastri
naturali come terremoti, alluvioni, maremoti, carestie, ecc, che creano fame e
miseria e un sempre crescente numero di esseri umani premono alle frontiere per
andare a vivere in Stati con condizioni più “normali”. Ovviamente
l’immigrazione di massa, come detto in precedenza, è un male per lo sviluppo
economico e l’occupazione. Quando c’è molta manovalanza, che è disposta a fare
tutto per una paga da fame, ne risente tutto il settore e i datori di lavoro
abbassano i salari, se non proprio licenziano e favoriscono altra povertà e
disoccupazione. Così pure se si concedono assegni di mantenimento a quanti
richiedono asilo (un numero enorme venuto dai “barconi“), l’INPS esplode e con
lui collassa tutto il sistema previdenziale italiano, che non può garantire
nemmeno le pensioni a chi ha versato nel passato tutti i contributi (trattenute
che l‘Istituto di Previdenza utilizza per calcolare l‘assegno previdenziale).
Molte volte la
povertà è causa del comportamento della gente: ci sono sbandati che pur
lavorando dissipano le loro risorse in droga, prostituzione, fumo, giochi
d’azzardo e forme di divertimento non condivisibili. Molti si separano e divorziano,
spendendo capitali in Tribunale, e lasciando i figli nella totale indigenza.
L’assistenza sanitaria, sociale e psichiatrica deve essere garantita a costoro,
ma nel limite del necessario e del possibile: le pensioni di invalidità devono
essere concesse con parsimonia e con severi controlli (es. quanti casi di falsi
invalidi, di frodi e di truffa all’INPS).
Se non si rivede
la spesa per tutti i tipi di pensioni (di anzianità, di invalidità, di
accompagnamento, di reversibilità ai superstiti, quelle sociali) e quanti
realmente ne hanno diritto lo Stato Sociale crolla e tutte le battaglie fatte
per raggiungerlo diventeranno vane. Non si può più vivere di assistenzialismo
statale e la Guardia di Finanza deve far rispettare la Legge a tutti, non solo
a chi, per sua sfortuna, non può telefonare un amico nella stanza dei
bottoni.
CAPITOLO XX
MINISTERO
DEI TRASPORTI
Il Ministero
dei Trasporti è collegato alle politiche urbane e si interessa delle
infrastrutture elettriche ed idrauliche di interesse nazionale; è così
articolato: trasporti terrestri (ferroviari e automobilistici), navigazione
marittima, aviazione civile. Le sue problematiche sono di vitale importanza per
l’economia di una Nazione e molti ci mangiano: in Italia non si capisce bene se
le società che gestiscono le infrastrutture sono di natura privata o se sono
controllate direttamente dallo Stato. Le autostrade per i trasporti su gomma
sono gestite da società che immancabilmente a fine anno dichiarano di essere in
rosso; le ferrovie, allo stesso modo, presentano degli ammanchi; i porti e gli
aeroporti, in mano a società amiche di amici di politici (in ambito regionale,
perché la loro gestione è lasciata agli enti locali), sembrano non trarre
nessun utile dalla loro attività. Lo Stato per questo stato di cose è chiamato
ad appianare i buchi di bilancio che i cda presentano sul tavolo del Governo:
ecco perché noi contribuenti siamo costretti a pagare delle tasse così elevate.
Il Ministero dei Trasporti deve regolamentare la libera circolazione delle
merci (Tir) su gomma (licenze, patenti, permessi, ecc.), anche quella
automobilistica (sia autovetture che bus urbani), quella ferroviaria
(verificare la sicurezza e la bontà delle strutture e delle macchine), quella
marittima (licenze di navigazione, permessi, controlli delle navi e delle
barche) e quelle aerea. Ci vogliono più controlli da parte dello Stato affinché
tutte queste infrastrutture vanno avanti da sole, con tickets, dazi, pedaggi,
ecc. richieste al pubblico che se ne serve e non gravino affatto sulle casse
statali. Quando vige la legge della corruzione e del clientelismo è normale che
in un aeroporto, già costruito male per appalti regionali poco chiari, si
presentano dei disservizi e delle disfunzioni per i passeggeri.
CAPITOLO XXI
ENTI LOCALI
E PUBLIC UTILITIES
Le forme di
amministrazione locale, detti Enti Locali, in Italia sono Comuni,
Province e Regioni, che sono stati delegati dal Governo centrale a svolgere
attività amministrativa, fiscale, anagrafica e sanitaria. Gli amministratori
locali (Sindaci e Governatori) sono eletti direttamente dal popolo e godono
tuttora di ampia autonomia nel governare e nel comporre la propria giunta.
In Italia, oltre
agli Enti Locali su menzionati, ci sono Comunità Montane, Enti di Bonifica,
Circoscrizioni, Consorzi, ecc., tutti con un parlamentino, sottosegretari e
dipendenti; si calcola che circa 200.000 persone si occupano di politica,
trafficano, intessono reti clientelari e costano ai contribuenti centinaia e
centinaia di miliardi di euro all’anno. Spesso vanno in tribunale a causa di
diatribe sulla giurisdizione dei territori e dei servizi: c’è bisogno di una
direttiva parlamentare categorica che definisca nettamente i poteri e le
competenze. Gli Enti Locali, spesso e volentieri, si immischiano in affari e si
comportano come delle aziende private (acqua, luce, gas, rifiuti, servizi vari)
e guardano il cittadino come un cliente da spolpare. A nostro avviso non
dovrebbero svolgere attività imprenditoriali, né tantomeno comprare titoli in
borsa, perché i rischi di fallimento cadrebbero esclusivamente sui
contribuenti. Se nel Governo centrale la corruzione e il clientelismo hanno un
gradiente pari a 10, negli Enti Locali è pari a 100: il modo di procurarsi i
voti è proprio sfacciato, dall’inserimento a società municipalizzate senza
concorso, a gare di appalto di facciata, da spese per consulenze esterne di
amici a organici gonfiati. E’ un vero e proprio miracolo se raggiungono il
pareggio di bilancio a fine anno (ormai avere i conti in rosso è un‘abitudine e
i giornalisti non vi prestano più attenzione).
I Comuni si
dovrebbero interessare di: urbanistica (viabilità, strade, piazze,
illuminazione, controllo del traffico, ecc.), edilizia (nuove costruzioni e
licenze), ambiente (controllo delle acque, dell’inquinamento, smaltimento dei
rifiuti, ecc.), servizi sociali (per disabili, per anziani, ecc.), trasporti
(autobus e tram), abitazioni (case popolari), servizi (cimiteri, ecc.),
attività culturali, anagrafe, istruzione, tasse comunali, commercio
(concessioni di licenze, ecc.), servizi sanitari, raccolta dei rifiuti, polizia
locale.
Le Province (si
vogliono abolire) e le Regioni dovrebbero interessarsi di: crescita economica,
formazione, ricerca scientifica, turismo e cultura, viabilità, difesa del
territorio, infrastrutture, trasporti, rifiuti solidi.
Le
Public Utilities o società di servizi sono società municipalizzate o
partecipate che si occupano dell’erogazione del gas, della luce, dell’acqua,
delle telecomunicazioni, della raccolta dei rifiuti, dei trasporti, ecc. e sono
sempre costruite nell’ottica dell’entourage delle amministrazioni locali, da
cui derivano i soliti giochetti dei favoritismi, delle clientele e della
corruzione. I costi per gli utenti finali sono aumentati e i servizi sono
diventati molto scadenti, e si comincia a parlare di comitati di supervisione e
controllo di queste società, diventati ambienti di malaffare e ponti tra la
malavita e la politica.