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“LA SCIENZA del BUONGOVERNO”
(SBG - THE GOVERNMENT SCIENCE)

Il manuale del Buon Governante
che è colui che opera per il bene comune
di GIANNI GARGIONE
RESPONSABILE NAZIONALE
DEL PROGRAMMA DI LEGA PER L’ITALIA
INDICE
CAPITOLO I - LA SCIENZA DEL BUONGOVERNO
CAPITOLO II - I METODI di RICERCA
CAPITOLO III - LA RISOLUZIONE delle TEMATICHE
CAPITOLO IV - LA DEMOCRAZIA IDEALE
CAPITOLO V - Le tematiche economiche
CAPITOLO VI - LA MICROECONOMIA
CAPITOLO VII - LA POLITICA MONETARIA
CAPITOLO VIII - LA POLITICA FISCALE
CAPITOLO IX - MINISTERO COMMERCIO ESTERO
CAPITOLO X - MINISTERO DELL’INTERNO
CAPITOLO XI - MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
CAPITOLO XII - MINISTERO DELLA SALUTE
CAPITOLO XIII - MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
CAPITOLO XIV - MINISTERO LAVORO E IMMIGRAZIONE
CAPITOLO XV - MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
CAPITOLO XVI - MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
CAPITOLO XVII - MINISTERO DELLA DIFESA
CAPITOLO XVIII - MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELL’ENERGIA
CAPITOLO XIX - LO STATO SOCIALE
CAPITOLO XX - MINISTERO DEI TRASPORTI
CAPITOLO XXI - ENTI LOCALI E PUBLIC UTILITIES
CAPITOLO I
LA SCIENZA DEL BUONGOVERNO
Siamo ormai lontani dall’epoca di Aristotele, siamo nel XXI secolo, l’era delle tecnologie e delle scienze applicate, per cui non si può fare più politica in modo intuitivo, non si può essere governati da individui incompetenti che bramano solo denaro. La Scienza del Buon Governo (SBG) si prefigge di studiare le problematiche (tematiche) socio-economiche di un popolo per condurre il buon governante, che deve perseguire esclusivamente il bene comune, a correggere e risolvere tutte le questioni di uno Stato.
La corrente positivista di fine Ottocento, dopo l’Illuminismo, diffuse tra i dotti l’applicazione del metodo scientifico a molte discipline anche umanistiche e sociologiche. I politici odierni non hanno niente a che fare con l’approccio scientifico della politica. Sono ancorati atavicamente a meccanismi clientelari per avere consenso tra gli elettori e non si pongono mai la domanda di quale è veramente la causa di questa decennale crisi. Solo con un metodo scientifico si possono risolvere i problemi sociali, economici, morali di un popolo gettando le basi di una vera scienza politica.
Prima di tutto ci vuole L’ANALISI DEL PROBLEMA (L’individuazione del problema - Raccolta di informazioni - Studio del problema - Formulazione di un ventaglio di ipotesi), poi LA FASE di VERIFICA (La scelta del metodo di controllo - Il momento della verifica - L’analisi dei risultati - La comunicazione dei risultati): questo, appunto, è il metodo scientifico che dopo le ipotesi, cerca di verificare e dimostrare le tesi per la soluzione delle problematiche, che nel nostro caso sono socio-economiche e politiche.
La SBG (Scienza del Buon Governo) è una scienza a tutti gli effetti perché si avvale dei metodi di ricerca e del pluralismo delle soluzioni. Esempio: noi valutiamo tutti i difetti e i pregi di una sanità pubblica per proporre una sanità privata, ma lasciamo a tutti di decidere quale sia il bene comune, quale sia la soluzione che consente di guarire gli ammalati. La SBG continua gli studi passati sulla Sociologia, Statistica, Psicologia sociale, Criminologia, Economia e Politica economica. Rifugge dalle ideologie delle epoche passate quali il Comunismo, il Capitalismo e il Fascismo, che hanno creato solo guerre e depressioni tra i popoli, per costruire una esatta scienza politica che va incontro ai reali e contingenti problemi della gente comune (conoscere l’oggetto di studio). Ovviamente, anche costruendo un apparato scientifico che funziona alla perfezione può capitare che le cose vanno storte a causa del fattore umano. Esempio: Il Ministero dell’Interno ha redatto un manualino per spiegare come votare a norma di legge. Ma se i presidenti di seggio e gli scrutatori sono degli emeriti ignoranti, corrotti, disonesti, si va incontro a brogli e si mina alla base tutto il sistema elettorale studiato a priori dagli scienziati della SBG. L’oggetto di studio, quindi, è il reale problema del cittadino e le tematiche o problematiche della SBG  si possono così classificare: Tematiche di ordine pubblico (Ministero dell’Interno), Tematiche di giustizia e diritto processuale (Ministero della Giustizia), Tematiche del lavoro (Ministero del Lavoro), Tematiche di assistenza sanitaria (Ministero della Salute), Tematiche riguardanti la pubblica istruzione (Ministero della Pubblica Istruzione), Tematiche riguardanti i lavori di pubblica utilità (Ministero delle Infrastrutture), Tematiche ambientali, Tematiche degli enti locali, Tematiche riguardanti le Public Utilities, Le tematiche riguardanti lo Stato sociale, Tematiche di politica estera, Tematiche economiche (Ministero dell‘Economia), Tematiche della difesa (Ministero della Difesa).  Menzioniamo alcuni autori del passato che avrebbero contribuito alla creazione della SBG: Platone, Aristotele, Cicerone, Tommaso d’Aquino, Machiavelli, Tommaso Campanella, Hobbes, Carlo Marx; ma Emile Littrè (positivismo francese) è il vero precursore della SBG. La scienza politica in Italia è stata istituita come cattedra universitaria solo nel 1956 (Sartori), e la nostra SBG si discosta per il fatto che noi non interpretiamo le problematiche, ma cerchiamo concrete soluzioni: i popoli vogliono i fatti, non le chiacchiere, le interpretazioni e le analisi delle accademie.
Alla base della politica degli uomini vi è la lotta, la lotta per il potere. Tutti gli animali hanno il capobranco che guida il gruppo a difendersi e a procacciarsi il cibo. Gli uomini si coalizzano in partiti e si contendono i vantaggi e i privilegi del comando. A volte sono capaci di morire per mantenere le proprie posizioni e idee. Le bande di delinquenti scelgono il proprio leader in base alla sua abilità di offendere, di usare la forza. Nei sistemi democratici la lotta politica si serve del denaro per fare propaganda, per avere consenso tra gli elettori, per corrompere gli stessi cittadini e quanti sono all’opposizione: i cortei e le manifestazioni di piazza sono gli unici strumenti democratici che possono sovvertire le gerarchie di chi ha raggiunto la stanza dei bottoni (attualmente i partiti politici si comportano come delle bande armate e la Legge sta a guardare). Lo stesso sono i sindacati e altre associazioni che teoricamente dovrebbero fare l’interesse dei loro affiliati o lavoratori, ma praticamente svolgono funzioni rappresentative e guardano solo al proprio tornaconto personale.

CAPITOLO II
I METODI di RICERCA
Uno dei requisiti che deve soddisfare una disciplina per diventare una Scienza è indicare i metodi di cui intende avvalersi per le sue ricerche. I metodi di ricerca sono le modalità con le quali i ricercatori raccolgono le informazioni e poi le sottopongono a verifica.
Esistono, quindi, due tipologie di metodi:
1) I metodi di raccolta dei dati. Hanno lo scopo di farci acquisire una conoscenza approfondita della tematica oggetto di studio. Essi sono: la ricerca bibliografica, la ricerca sul campo (o studio dei singoli casi), le inchieste, il metodo storico, il metodo statistico e il confronto politico.
2) I metodi di controllo. Servono ai ricercatori per verificare ipotesi e proposte di soluzione. È la presenza di un momento di verifica, infatti, a dare carattere scientifico alla ricerca. I principali metodi di verifica sono: il metodo comparato, il metodo statistico, il metodo storico e il metodo sperimentale.
In sintesi, questi sono gli strumenti scientifici che validano la nostra SBG. I ricercatori devono studiare e analizzare tutte le informazioni per dimostrare le ipotesi, stilare le tesi ed ovviare ai problemi reali dei singoli cittadini. Il buon politico deve stare nelle strade, deve essere sul campo e deve avere una perfetta visione della realtà al di fuori dei palazzi di potere. Attualmente, i politici, grazie ai Mass Media, mentono sui dati statistici di questioni sociali gravi come la disoccupazione e la povertà pro capite.  Il politico deve anche guardare al passato per comprendere le problematiche del presente. Deve, quindi, comparare la situazione del suo Paese con quella degli altri Stati per prenderne i pregi e cacciare i difetti. Il confronto politico serve a tutti per condividere le proprie idee e per trovare la soluzione giusta nel rispetto del dibattito democratico. Nei regimi totalitari non circolano le idee di tutti i rappresentanti del popolo e molte volte si compiono delle azioni che conducono a disastri inenarrabili. Dopo l’analisi delle informazioni, il politico deve adottare dei metodi di controllo come quello comparato (vedere le stesse situazioni negli altri Stati), quello statistico (confrontare dati numerici ricavati dalla ricerca), quello storico (analizzare i fatti passati), quello sperimentale (il metodo proprio delle discipline scientifiche che noi vogliamo applicare alla politica. Si sperimentano anche al computer delle situazioni per verificarne la veridicità). E tutti i metodi di ricerca della SBG devono attenersi fedelmente a un ragionamento razionale (i nostri politicanti di turno fanno ragionamenti logici e approvano leggi giuste?). La maggior parte dei fallimenti politici è determinata dalla irrazionalità e inconcludenza, oltre che dalla incapacità di trovare il bandolo della matassa. I politici passati e odierni usano un linguaggio persuasivo, demagogico per ottenere consensi nell’elettorato, ma ai fini pratici dicono e stradicono e non si combina mai niente, trovandosi tutti quanti sempre in situazioni di stallo e di crisi. Invece, i politologi della SBG devono parlare in modo razionale e logico, cercando di individuare soluzioni concrete a temi come la disoccupazione, l’immigrazione, le tasse, la sanità, le imprese, gli affari esteri e la difesa, la sicurezza, la legalità, ecc.
Nel metodo scientifico della SBG non c’è posto per la emotività, l’irrazionalità e l’egoismo particolaristico: parlare come un artista dell’astrattismo non ha senso perché la gente ha problemi seri che devono essere risolti in modo rapido.

CAPITOLO III
LA RISOLUZIONE delle TEMATICHE
I politologi della SBG trattano le tematiche o problematiche (criminalità, prostituzione, droga, sanità, difesa, tasse ecc. che corrispondono ai settori di pertinenza dei vari Ministeri) in modo razionale e trasparente. Ci sono tematiche chiuse (quelle di cui si conoscono le soluzioni in base alle esperienze passate) e quelle aperte (il cui oggetto di studio è sempre in fase di discussione, ad es. la legge elettorale non è mai definitiva e nel Parlamento la si cambia in base al vento). Ci sono tematiche primarie e secondarie; il nostro politologo o politico deve volgere l’attenzione a quelle più gravi, quelle più importanti (es. non si deve continuare a dibattere in Parlamento la possibilità o meno per gli alunni della scuola elementare di indossare il grembiule, quando poi c’è l’emergenza di aiutare un’intera città colpita dal terremoto. Gli odierni politici che fanno?). Le tematiche trattate dai singoli Ministeri sono svariate, il compito del politico è quello di trovare subito la soluzione dando la priorità a quei casi di vitale importanza. Il politico, dopo la raccolta dei dati, dopo la sua decisione, dopo l’attuazione dei suoi ordini, deve verificare sul campo l’efficacia del suo operato; è l’unico responsabile verso i cittadini. Il nostro modello prevede, dunque, la raccolta delle informazioni sulla miriade delle problematiche, di cui si occupa ogni singolo Ministero attraverso interviste, sondaggi, esperti, ecc., l’osservazione della causa e dell’effetto delle tematiche (es. Chi causa gli incendi boschivi in estate e perché? I pompieri vengono pagati in base ai loro interventi, quindi conviene a loro l’incendio delle montagne. Qual è la soluzione del problema?), la decisione e la verifica delle soluzioni, delle leggi che arginano i mali causati da quei gruppi di cittadini insofferenti ai controlli (varare pene giuste per i trasgressori).
La SBG non si fa influenzare dalle ideologie del passato (fascismo, comunismo, socialismo, liberalismo, capitalismo ecc.) nello stilare e rendere operative le azioni per il bene comune della collettività.
Una volta applicato il nostro metodo nel rispetto della Democrazia, l’iter legislativo della SBG, attraverso il quale si emettono le leggi (come portare i disegni di legge in Parlamento), segue questi punti:
1 - I promotori (parlamentari) elaborano il progetto di legge.
2 - Le commissioni (organi collegiali delle Camere formati dai gruppi parlamentari) esaminano i disegni di legge. Si prevedono due sottocommissioni, una per il governo e un’altra per l’opposizione, che riunendosi discutono i pregi e difetti delle proposte di legge, prima che si arrivi alla Camera.
Dopodiché i promotori convocano i sindacati e le associazioni di cittadini cui il provvedimento è destinato: si possono usare anche i mass-media ed esperti di sondaggi e statistiche per sondare l’umore del popolo prima che la legge venga approvata nelle Camere (siamo contro il dualismo delle Camere dei Deputati e dei Senatori in quanto basta solo la consultazione della prima per rendere legge un disegno). Quando le sottocommissioni si sono ancora riunite per discutere della proposta, quest’ultima si mette in agenda come disegno di legge da approvare in Parlamento (gli emolumenti, cioè quegli strumenti di ostruzionismo delle opposizioni, devono essere regolamentati dalla Costituzione affinché non si blocchi per mesi il Parlamento sulla discussione di una singola proposta di legge). Infine, il Presidente del Consiglio dei Ministri divulga al popolo tramite i mass-media il varo della nuova legge e impartisce alle polizie preposte al controllo l’ordine di vigilare che la legge venga attuata e rispettata da tutti. Nel tempo, poi, i parlamentari al governo devono svolgere attività di valutazione dell’efficacia, dei costi e del funzionamento della legge, devono informarsi sul feedback del popolo per ulteriori modifiche al testo di legge (prima si usavano i servizi segreti per lo scopo). E quando una legge funziona, non si deve mai cambiare; oggi è così in Parlamento?

CAPITOLO IV
LA DEMOCRAZIA IDEALE
La Democrazia (dal greco potere del popolo) è un sistema politico che si basa sulla sovranità dei cittadini, i quali sono tutti uguali dinanzi alla Legge, sono liberi di votare chiunque, liberi di scegliere chi li rappresenti, liberi di esprimere i propri pareri, liberi di riunirsi in gruppi, liberi di essere partecipi della vita civica delle proprie città, liberi di candidarsi e partecipare ad elezioni senza trucchi e inganni.
Su Internet è in voga il concetto di Democrazia diretta, col quale si intende la capacità delle masse che compongono il popolo di autogovernarsi. Senza un leader o un Presidente che abbia l’ultima parola non si va avanti tra la moltitudine di pareri e posizioni all’interno di un Governo (Democrazia rappresentativa). La Democrazia ideale non può mai essere attuata dal fatto che tutti vogliono poi essere liberi di governarsi, violando spesso le leggi che cadono dall’alto. Ci sono nel Mondo diversi tipi di regime democratico come quello formale (democratico di facciata e poi un regime dittatoriale camuffato), quello imperfetto e quello vero (in cui sono garantite le libertà individuali). I regimi democratici veri sono quelli presidenziali (in cui il capo dell‘esecutivo, Primo Ministro, viene eletto direttamente dal popolo, verso il quale è legato per meriti e responsabilità del suo operato) e quelli parlamentari (in cui le leggi si varano in Parlamento, che è il centro politico dello Stato). La SBG vede di buon occhio la democrazia funzionante, quella che veramente garantisce la libertà di tutti, garantisce la trasparenza delle elezioni, certifica la sacrosanta volontà dell’elettore, sancisce senza brogli chi deve realmente rappresentare il popolo tutto e deve attuare il suo programma politico: fondamentale, poi, è l’alternanza al potere che consente a tutti i partiti di partecipare alla vita democratica della Nazione. I partiti sono l’ossatura dell’apparato democratico di uno Stato, accomunano tutte le persone che la pensano allo stesso modo (E’ così?) e combattono le battaglie per i propri candidati al Governo, che può essere locale o nazionale o, addirittura, europeo. Troppi partiti sono un male, come appunto pochi (vedere il Regno Unito che si basa sul dualismo dei conservatori e laburisti): il giusto sta nel mezzo e quando sono in molti a comandare, non si va mai da nessuna parte.
Una vergogna della Prima Repubblica Italiana è stato il trasformismo all’interno dei partiti: molti deputati eletti hanno poi cambiato casacca (aderito alle opposizioni o viceversa dietro compenso sia in denaro che in incarichi pubblici, nel gergo politico si dice “mercato delle vacche“) e creato continue crisi di governo. Noi della SBG diciamo che chi abbandona il proprio partito, il proprio orientamento politico per passare nelle fila di una minoranza per creare scompiglio nella maggioranza, debba essere cacciato dal mondo politico, almeno per un po‘ di anni. Alla base del trasformismo vi è la corruzione, e scambio di danaro, oltre che voto di scambio sia nelle sedi parlamentari, sia nei seggi pubblici e nei Congressi. Questi ultimi devono essere indetti ogni anno da un partito per verificare la condotta degli affiliati e garantire una presidenza del partito ben definita. Altrimenti, una Nazione può sembrare all’occhio dello straniero una bisca clandestina. I Congressi servono anche per disciplinare i partiti e i candidati dall’alto della presidenza al basso dei semplici tesserati.
I regimi democratici possono degenerare nel trasformismo (in cui i deputati di un Parlamento cambiano fazione politica dall’oggi al domani), nel consociativismo (in cui non si distingue più il Governo dall’Opposizione) e nell’assemblearismo (dove c‘è instabilità, corruzione e clientelismo). Le maggioranze e le minoranze in un buon Parlamento devono essere ben distinte e la SBG rimarca che l’Opposizione è importante in quanto controlla l’operato del Governo eletto (deve denunciare brogli, corruttele e malfunzionamenti della cosa pubblica). Quando non ci sono più i numeri per governare, il Capo dello Stato deve sciogliere le Camere e indire nuove e trasparenti elezioni e, ribadiamo che coloro che si sono fatti eleggere in liste, non possono più presentarsi come candidati di liste politiche avverse (incandidabilità). Le Democrazie soffrono il male dell’occupazione del potere: molti eletti o nominati, in qualsiasi istituzione o ente, tendono a proteggere a vita le loro poltrone. Per questo, noi vogliamo un limite al mandato, tale che il potere si alterni e non sia sempre in mano alle solite persone (es. il nepotismo dell’ex Sindaco di Salerno). Le Democrazie soffrono il male della polverizzazione del potere, la quale rende vano l’attuazione dei programmi politici degli eletti dal popolo (quando ci sono troppi timonieri, la nave non va mai dritta: gli eletti non hanno poteri decisionali in quanto ci sono troppe teste da accontentare). Un altro male endemico della Democrazia è il clientelismo. I politici di turno cercano i consensi distribuendo promesse, favori e raccomandazioni. Il voto di scambio (se mi voti, ti prometto il lavoro) distrugge il voto di opinione (mi voti solo in base al mio vero programma politico) e la libertà della Democrazia. Il concetto del boss-padrino che protegge i suoi affiliati, i suoi elettori è molto diffuso in tutti i settori, dal sistema elettorale, alle istituzioni, ai partiti e alle aziende. Il rimedio a questo stato di cose è l’educazione morale, l’educazione civica ai propri diritti e doveri, l’educazione alla legalità, che mancano proprio nelle scuole, soprattutto nel nostro Sud. Ai politici mafiosi e corrotti conviene la vasta ignoranza sui principi di eguaglianza e libertà della Democrazia, soprattutto nelle scuole, in quanto pensano “Più il popolo è ignorante, meglio io governo con i miei mezzi clientelari”.
Ritornando ai due regimi democratici, cioè quello parlamentare e quello presidenziale, il primo ha come protagonista il Parlamento, i cui deputati sono eletti dal popolo e devono rappresentare i singoli elettori. Il Parlamento fa le leggi e s’impegna a farle applicare con i suoi metodi di controllo come le polizie, i carabinieri, ecc.: la Magistratura dovrebbe garantire che tutto si svolga in un ambiente legale e democratico (Nella realtà è così?). Il regime democratico presidenziale come quello statunitense, invece, ha come fulcro il Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha potere esecutivo e legislativo, essendo eletto direttamente dal popolo. La SBG dice che il Primo Ministro deve essere controllato dal Capo dello Stato (Presidente della Repubblica) per evitare derive autoritarie: il Capo dello Stato, oltre a essere Capo della Magistratura e delle Forze Armate, è il garante super partes della Carta Costituzionale. Egli viene eletto in Parlamento dai deputati e senatori sia del Governo che dell’Opposizione: deve essere scelto in base alla sua capacità di rimanere neutro alle controversie dibattute nella grande stanza dei bottoni (E’ così?). Per quanto riguarda il numero dei Parlamentari, a nostro avviso, deve essere dimezzato per tanti motivi: per livellarci con le altre potenze occidentali, le quali con un piccolo Parlamento, legiferano subito, eseguono le direttive, vivono in ambienti legali, virtuosi, senza ulteriori costi che gravano sui contribuenti tutti.
Per economizzare e rendere più semplice la vita politica si deve andare oltre il bicameralismo parlamentare: non ha senso più avere una Camera dei Deputati e una Camera dei Senatori che hanno gli stessi compiti e le stesse funzioni (in Italia, a causa del bicameralismo, sono necessari anni affinché una legge venga approvata in quanto la si fa rimbalzare da una Camera all‘altra pure per un cambio di parola nel testo). La SBG propone la formazione del Senato come un’assemblea costituente (i membri non hanno più diritto al vitalizio, ma ai gettoni di presenza) che si riunisce per discutere solo tematiche come la riforma costituzionale, la scelta del sistema elettorale, l’elezione del Presidente della Repubblica.
I politici tutti dovrebbero essere controllati dalla Magistratura, la quale dovrebbe essere autonoma e indipendente affinché la Legge sia rispettata e uguale per tutti. Il potere legislativo ed esecutivo del Parlamento Democratico dovrebbe essere supervisionato dai Magistrati che hanno il potere giudiziario garantito dal Capo dello Stato. In Italia, i magistrati sono spesso sotto pressione di quanti vivono nelle corruttele al di là del lecito. Subiscono ritorsioni e vendette allorquando stanno compiendo solo il loro lavoro. Ma, spesso, i magistrati coesi in una classe sociale d’elite perseguono uomini di potere per infangarne il nome (politicizzazione della Magistratura): basano i processi su prove deboli e pretestuose e riorganizzano, dopo anni e anni di battaglie legali, l’assetto politico della Nazione. La SBG propone l’istituzione di una Corte Suprema, presieduta magari da un giudice straniero (della Comunità Europea), che garantisca l’applicazione della Legge in modo trasparente per tutti i cittadini e che punisca il giudice di turno per i suoi errori di giudizio (responsabilità civile dei magistrati).
Tra le maggiori potenze alleate ci sono in voga due sistemi giuridici: il Common Law (in cui il giudice fa diventare norma una sentenza, affiancandosi al Parlamento) e il Civil Law (in cui i giudici applicano solo la Legge scritta in Parlamento). I nostri giudici, invece, sono creativi e spaziano da un sistema all’altro e il più delle volte si macchiano di persecuzione verso un cittadino libero, che è costretto a sostenere spese enormi per essere dichiarato innocente dopo anni di processo.
L’organo di controllo e di amministrazione dei giudici che abbiamo in Italia è il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), che a nostro avviso non controlla affatto l’operato dei giudici: per tutelarne la sua indipendenza, si è giunti alla creazione di uno Stato nello Stato e i magistrati non temono affatto di sbagliare le sentenze in quanto rimarranno sempre impuniti.
La Corte Costituzionale è un organo di controllo composto in maggioranza da giudici; deve pronunciarsi solo in merito a questioni delle Carta Costituzionale e non per cause sociali e politiche.
Una vera Democrazia prevede delle forme di controllo sui governanti. Spesso i vertici di governo sposano regimi autoritari, dispotici e anche corrotti. Le opposizioni, rendendo pubblico il malaffare del Governo anche tramite i mass-media, svolgono una funzione di controllo. Le manifestazioni di piazza sono anch’esse forme di controllo, come pure un Referendum che può far redarguire un Governo da sue posizioni impopolari. Comunque, come abbiamo detto, il vero controllore e garante della Costituzione, della Magistratura e delle Forze Armate è il Capo dello Stato o Presidente della Repubblica, che deve indire nuove elezioni quando non vi è più la maggioranza in Parlamento del Governo.
Per far crescere una Democrazia e rendere stabili i partiti è necessario un giusto sistema elettorale, che traduca in seggi nel Parlamento i voti degli elettori. I cittadini tutti devono essere liberi di scegliere i deputati che li rappresentano nel Parlamento e non come avviene oggi che i deputati vengono scelti (da quali società segrete?) fuori del numero delle preferenze ottenute durante le elezioni. Un sistema elettorale deve garantire stabilità e governabilità. Deve arginare le crisi di Governo e bloccare i mali sopracitati di una Democrazia quali il trasformismo, il consociativismo e l’assemblearismo: il voto di opinione è l’unico valido per la nostra SBG, perché l’elettore deve esprimere il suo consenso solo in base ai programmi politici validi, e non per ottenere favori e raccomandazioni (voto di scambio) da sedicenti politicanti, oppure per appartenenza a gruppi o comunità di cui non si segue la condotta politica (voto di appartenenza). La SBG auspica un miglioramento del sistema elettorale italiano soprattutto per combattere i brogli elettorali: si devono scegliere i presidenti di seggio e gli scrutatori con un trasparente sorteggio pubblico, si devono meccanizzare le procedure e usare sistemi elettronici per il voto come nelle altre potenze occidentali (in Italia si usano ancora urna di cartone con nastro adesivo, matite e schede di carta, registri per lo scrutinio, spogli medievali oggetto di brogli palesi).
Dal Referendum del 1946 che sancì la nascita della Repubblica Italiana, si sono susseguiti fino ad oggi oltre 50 governi: il sistema elettorale adottato non ha consentito a nessuno dei Governi di portare a termine le proprie riforme nel tempo ordinario del suo mandato. C’è stato, invece, un proliferare di partiti, anche minori come quelli locali, che si sono contesi il potere, tramite favori e promesse, alla stregua di comuni bande armate sudamericane.
I sistemi elettorali più comuni sono quello di rappresentanza proporzionale e quello maggioritario. Il primo si basa sulla percentuale di voti che possono avere tutti i partiti anche i minori (i quali si raggruppano in coalizioni e sono frammentati in una miriade di gruppi) e si assegnano i seggi del Parlamento in proporzione ai consensi ottenuti. Il secondo si basa sulla determinazione del seggio in relazione alla maggioranza relativa dei voti ottenuti per singolo candidato (è il sistema elettorale in vigore nei paesi di lingua inglese in cui ci sono solo 2 o al massimo 3 grandi partiti). Il sistema elettorale maggioritario è considerato quello che può garantire una certa stabilità politica.
La SBG propone un sistema elettorale ideale, chiamato proporzionale a doppio turno, che si basa sui pregi dei due sistemi elettorali sopradescritti: esso garantisce sia la governabilità che la rappresentanza delle minoranze. Nel primo turno si vota con doppia scheda, una per votare il partito e il Primo Ministro, e un’altra per esprimere le preferenze dei deputati che andranno in Parlamento. I primi due partiti che hanno preso più voti vanno al ballottaggio del secondo turno, e tutti gli altri partiti minori non possono partecipare e non possono cambiare casacca all’ultimo momento tramite accordi sotto banco. Il numero dei parlamentari da eleggere è 420 (225 seggi alla maggioranza e 195 all’opposizione indipendentemente dal numero dei voti ottenuti), numero perfetto per evitare clientelismo, trasformismo e corruzione. Prima di indire le votazioni del secondo turno (servono solo a determinare il Presidente del Consiglio dei Ministri, che deve governare per un solo mandato di 5 anni), tutti i vincitori delle primarie (i 225 deputati) si riuniscono in una Convention ed espongono al popolo tramite i mass-media il loro programma elettorale, i loro Ministri, il Primo Ministro e consentono agli elettori di esprimere solo il lecito voto di opinione e non il voto di scambio, il voto clientelare (“ti prometto un lavoro ben retribuito, se mi voti domani!“).  
Le Repubbliche Presidenziali

Secondo i maggiori politologi una Repubblica Presidenziale è una forma di governo che grava esclusivamente sulla figura del Presidente del Consiglio dei Ministri o Capo del Governo, che viene eletto direttamente dal popolo in modo democratico e verso il popolo è responsabile del suo operato. Nell’ingegneria costituzionale il Presidente del Consiglio assomma in sé tutti i poteri dall’esecutivo al legislativo, e spesso il suo incarico si fonde con quello del Presidente della Repubblica (come negli Stati Uniti d’America, ma anche in alcuni Stati del Sud America). Non può essere sfiduciato dal Parlamento e deve portare a termine il suo programma fino alla fine del suo mandato di 5 anni. Nelle Repubbliche Parlamentari, invece, viene chiamato, appunto, Primo Ministro in quanto è subordinato alle voglie e cambi d’umore dei suoi Ministri e Deputati, i quali, come vediamo in Italia, sono gli artefici della caduta e crisi di governo. Nei regimi Presidenziali il Presidente si circonda di uomini e donne di sua fiducia e nomina i membri del suo Gabinetto, che devono seguire le sue direttive fino alla fine del mandato: molti politologi sostengono che, assommando in sé tutti i poteri, potrebbe far cadere un sistema democratico in un sistema dittatoriale. Noi della SBG abbiamo analizzato a fondo il Presidenzialismo, studiandone i pregi e i difetti, e siamo giunti alla conclusione che con alcuni accorgimenti la Repubblica Presidenziale è possibile anche in Italia. Dare più importanza a un Leader, responsabilizzandolo del suo operato esclusivamente verso l’elettorato, si possono ovviare ai mali sopracitati che attanagliano una Repubblica, come l’instabilità politica, economica, sociale, il clientelismo, la partitocrazia, il trasformismo, il consociativismo e l’assemblearismo. In Italia quando succede un disastro non sai mai con chi prendertela in quanto sono in molti che ricoprono cariche pubbliche importanti e si verificano sempre le condizioni dello scaricabarile (“Non è colpa mia, chiama il segretario, chiama il direttore, chiama il Ministro, chiama il Presidente, ecc.”). Per limitare le crisi di Governo (Governo diviso) è necessario eleggere contemporaneamente il Premier, il Governo e tutti gli altri Deputati, e persino tutti i Sindaci e le loro Giunte comunali (Attualmente non è così); è un modo per non creare instabilità in relazione ai cambi di umore degli elettori-cittadini. Per evitare poi le derive dittatoriali, autoritarie e “imperiali”, il Premier deve essere supervisionato dal Capo dello Stato come abbiamo detto sopra (Semipresidenzialismo alla Francese). I Francesi, però, eleggono il Presidente e il Premier che provengono da fazioni politiche opposte: spesso, a causa di posizioni avverse, creano stallo politico della Francia. Noi della SBG sosteniamo, come già detto sopra, che i ruoli del Capo dello Stato e del Premier sono diversi e ben distinti. Il primo deve essere il garante della Costituzione, il capo della Magistratura e delle Forze Armate, il secondo si occupa di far approvare le leggi in Parlamento e di applicare il suo programma e le sue riforme nell’interesse comune. Quando le cose non vanno bene (perdita dei numeri di seggi per la maggioranza, scandali, disastri, crisi, ecc.), il Capo dello Stato deve sciogliere le Camere e indire nuove e trasparenti elezioni (il sistema elettorale da adottare è come quello descritto sopra e più si riducono i seggi, i deputati e i senatori, più si riducono il loro entourage e più si riducono le spese e le tasse che i contribuenti devono sostenere con un rapido vantaggio della funzionalità della Repubblica).
Infine, aggiungiamo che il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Capo del Governo, il Primo Ministro, The Prime Minister, il Premier, il Leader non deve circondarsi di persone incompetenti, stupide, corrotte, che sanno solo rubare e fare intrallazzi e sono legate a logiche di nepotismo, perché lo Stato deve funzionare come un’efficiente Enterprise (il discorso vale per ogni settore, da quello finanziario a quello industriale, da quello giuridico a quello agricolo, da quello artigianale a quello turistico, da quello culturale a quello artistico, ecc.).

Capitolo V
Le tematiche economiche
La Scienza del Buon Governo, al contrario della scienza politica, tratta le tematiche o problematiche economiche in relazione alle tematiche sociopolitiche: ad esempio, è impossibile aumentare il tenore dello Stato Sociale (servizi sanitari, socio-assistenziali, tempo libero, ecc.), se le casse dello Stato languono, come pure è impossibile aiutare tutti questi immigrati sbarcati, se abbiamo un debito pubblico alle stelle. Il fattore economico è, dunque, alla base della vita politica, sociale, civile di una Nazione. Quindi, non solo il Ministro dell’Economia deve capire di Economia, ma anche tutti gli altri del Gabinetto compresi i deputati e quanti vi sono intorno. L’Economia può essere considerata una scienza, ma non è esatta: gli economisti danno solo pareri e consigli, ma non detengono in alcun modo la verità. Molti economisti sono stati messi ai vertici di banche mondiali e istituti di credito locali: non hanno in nessun modo previsto la nostra grande crisi finanziaria del 2008, catastrofica come quella del ’29 (New Deal) che trascinò, prima della Seconda Guerra Mondiale, interi Stati in una profonda depressione. Proprio dal fatto che in economia politica le correnti di pensiero sono molteplici e a volte contrastanti, è meglio per i buoni governanti avere gli occhi aperti prima di mettersi nelle mani di sedicenti economisti. Le crisi economiche aggrediscono i nuclei familiari e non guardano in faccia a nessuno, dal lavoratore statale o privato al disoccupato, dal pensionato ai bimbi che vanno ancora a scuola. E il compito del buon governante è quello di conoscere le problematiche economiche e delegare incarichi in questo settore a persone competenti ed oneste. I guai per la reale economia vengono dalla contrapposizione dei due pensieri: quello Keynesiano (lo Stato deve provvedere con manovre economiche e con statalizzazioni delle imprese al benessere comune e allo sviluppo economico) e quello Neoliberista (i privati devono concorrere al benessere dello Stato privatizzando tutte le imprese che devono pagare tasse eque).
Le problematiche economiche primarie sono 3: l’economia pianificata (che vede la scelta tra Comunismo, Socialismo e Capitalismo, ma le prime due sono fallite come tutti sanno. La Cina, sulla carta comunista, si comporta nei mercati da capitalista.), l’economia di mercato (il libero mercato è lo strumento più efficace per organizzare le attività economiche), intervento o non dello Stato (che vede la disputa tra Keynesiani e Neoliberisti come accennato sopra).
La Pubblica Amministrazione (lo Stato) ha funzioni cruciali verso il mercato e le economie sia nazionali che regionali: stabilire la cornice legale (far applicare le leggi tramite le polizie, controllare che le aziende e i clienti trattino in modo legale senza contenziosi violenti, ecc.), regolamentare il mercato del lavoro (rapporti tra lavoratori e imprese), organizzare le P. A. (vertici efficienti con strutture adeguate), provvedere alle infrastrutture, regolare il commercio con l’estero; il tutto deve essere fatto con criteri meritocratici che premia chi lavora sodo e non il fannullone protetto dal padrino-politico.
La politica economica (i suoi studi hanno 3 secoli di storia) è l’insieme di misure che regolano l’economia di un Paese: si parla di macroeconomia (nel complesso dei settori) e microeconomia (per settori specifici).
Il Ministero dell’Economia si occupa ad interim delle tematiche macroeconomiche (Ministero dell‘Economia e Sviluppo, del Tesoro, delle Entrate, del Commercio con l‘Estero,) e delle tematiche microeconomiche (Ministero dell‘Agricoltura, Allevamento e Foreste, della Pesca, dell‘Industria e Artigianato, del Commercio e dei Trasporti, del Turismo, Belle Arti e Beni Archeologici).
Un buon Ministro dell’Economia deve tenere sotto controllo la produzione (la crescita aumenta il tenore di vita delle famiglie), l’occupazione (la disoccupazione rende i mercati instabili), la stabilità dei prezzi (l’evitare l’inflazione e l‘equità sociale sono importanti per la distribuzione delle ricchezze), il commercio internazionale (i beni, soprattutto quelli primari come le materie prime creano ricchezza, ma devono essere trattati con giudizio dai privati e dallo Stato).
Il Mercato va incontro ai seguenti fallimenti: le esternalità (che sono fattori sia positivi che negativi che influiscono su una attività economica, come il mare inquinato che grava sulle spiagge di un lido balneare e che crea danni all‘attività perché i bagnanti preferiscono andare altrove), la concorrenza imperfetta (nei mercati liberi si creano monopoli e abusi di posizioni dominanti di aziende verso le concorrenti), la concorrenza sleale (tutte le aziende devono rispettare le leggi sulla contraffazione, contrabbando, dumping, che significa vendere prodotti sottocosto, lavoro in nero, truffe, evasione fiscale), l’inefficienza distributiva (ci sono troppi passaggi, prima che la merce venga distribuita tra i consumatori, dal produttore, al grossista, al commerciante, con conseguente aumento del prezzo). Hanno una voce nel mercato libero anche i beni pubblici e, come detto sopra, si discute ancora se devono essere gestiti dai privati o dallo Stato: l’esperienza ci dice che tutte le partecipate pubbliche hanno fatto una brutta fine. Le aziende e tutti i dipendenti che operano nel libero mercato devono pagare le tasse e contribuire in modo equo in base al reddito: i poveri non devono pagare per i ricchi (equità sociale).
La crescita economica di un Paese è insidiata da molti fattori. Il Capitalismo del passato ha fallito su molti punti: lunghi periodi di depressione, con disoccupazione, disuguaglianze sociali, povertà, aziende in crisi, calo dei profitti, ecc. Non sempre finanziando le imprese con fondi pubblici, si alza il Pil (prodotto interno lordo) e il tenore di vita delle famiglie dei lavoratori. La crisi economica ha due occhi: quello dei padroni e quello dei dipendenti. Va da sé capire che l’ultimo è quello più critico in quanto, vivendo nella realtà delle strade di un Paese, conosce a fondo le cause e gli effetti del declino.
La frase in bocca ai politici di tutti i partiti e movimenti è la seguente: Creeremo nuovi posti di lavoro”. E’ uno slogan comune nella campagna elettorale, ma la sua attuazione è molto complessa e richiede sforzi, risorse economiche ed energie infinite. Spesso ci si deve scontrare con una burocrazia cieca che tarpa le ali a qualsiasi spirito imprenditoriale, ci si deve scontrare con gente di malaffare, il cui scopo è quello di rubare il più possibile senza sprecarsi in un minuto di lavoro serio, ci si deve scontrare con i corrotti, che chiedono finanziamenti pubblici, sia allo Stato che alla Comunità Europea, solo per creare personali indebite ricchezze e non hanno alcuna intenzione di costruire un’industria funzionale e competitiva che occupi il maggior numero di operai rimasti senza lavoro.
La SBG consiglia queste misure per promuovere lo sviluppo economico e creare nuovi posti di lavoro: agire sulla leva monetaria (abbassando il tasso di interesse dei prestiti si favorisce l’accesso al credito delle imprese), ridurre la pressione fiscale (togliendo l’IMU ai capannoni e terreni industriali si dà fiato agli imprenditori, le tasse devono essere basse e pagate da tutti in modo equo), aumentare la spesa pubblica (appaltando opere pubbliche importanti si crea occupazione e si aumenta la domanda interna, ma il tutto deve essere fatto nella legalità e nel raziocinio), aumentare la produttività (motivare i dipendenti meritevoli, circondarsi di persone capaci e non raccomandate), aumentare i redditi (di modo che aumenti il consumo tra le famiglie, innescando un processo virtuoso nel settore commerciale), dotarsi di buone infrastrutture (ferrovie, porti, retroporti, aeroporti, strade, ecc.), svalutare la moneta (per rendere più conveniente l’acquisto delle nostre merci alle imprese straniere), attirare le industrie straniere (agevolare gli imprenditori stranieri che vogliono investire da noi, senza spaventarli con la cieca burocrazia), riformare il sistema creditizio (le Banche adottano politiche che scoraggiano la domanda di credito da parte degli imprenditori), ridurre la burocrazia, combattere le inefficienze del mercato (come detto sopra), migliorare la competitività sui mercati internazionali, ridurre i costi dei servizi (il costo dell’energia elettrica è troppo alto in Italia, e tutte le attività economiche hanno bisogno di energia elettrica), promuovere criteri meritocratici (raccomandazioni, favoritismi, nepotismo dilagano in tutti i settori, non solo economici), finanziamenti alle nuove imprese (Aiuti di Stato devono essere dati solo a chi si prodiga nello sviluppo, nella ricerca e nel costruire industrie competitive, non camuffate per rubare denaro pubblico per, poi, essere abbandonate come si evince da reportage televisivi e non).
Il settore industriale italiano ha goduto per anni di aiuti di Stato (vedi FIAT) e, alla fine, non promette più posti di lavoro nemmeno nei suoi indotti. Gli economisti sono del parere che un’industria, per essere vincente, deve puntare sulla promozione dell’innovazione e della ricerca. In Italia le industrie sono ferme a un palo di natura medievale. Manca il capitale umano qualificato e competente, manca il progresso tecnologico che conduca a brevettare invenzioni, e tutti i finanziamenti pubblici ottenuti vengono investiti in tutt’altre cose, come la costruzione di castelli nobiliari all’estero per gli amministratori delle sedicenti imprese.
I ricercatori meritevoli, geniali, onesti scappano, appunto, all’estero lasciandosi dietro i truffaldini laboratori italiani che sono solo alla “ricerca” di clientele e prebende.
Le condizioni favorevoli agli insediamenti produttivi sono la stabilità politica, l’ordine pubblico (le forze dell’ordine devono vigilare sulle mafie e sui criminali che chiedono il pizzo o fanno pressioni violente sui dirigenti delle imprese), il costo del lavoro (è eccessivo a causa della supervalutazione dell’euro, dell’imposizione fiscale e dei contributi sociali), la libertà di assumere e licenziare se i lavoratori sono poco produttivi, la formazione tecnica e la specializzazione dei dipendenti sui banchi di scuola, il sindacato responsabile (che non indica scioperi e proteste che non conducono da nessuna parte), lo stimolo al lavoro, spingere i prodotti nazionali limitando le importazioni.
CAPITOLO VI
LA MICROECONOMIA
La Microeconomia ha come oggetto di studio il settore terziario (beni e servizi), che ha il maggior numero di occupati. Il Ministero Agricoltura, Foreste ed Attività Primarie deve contemplare molte problematiche a partire dallo spopolamento delle campagne, alla mancanza di manodopera, ai costi di produzione, alla rete distributiva inadeguata, alla concorrenza di prodotti esteri, ecc. L’agricoltura non può essere più fatta con le tradizioni e gli insegnamenti antichi dei nonni. Per questo gli agricoltori che hanno ereditato appezzamenti di terreno dai loro avi devono categoricamente aggiornarsi sulle moderne tecniche di coltivazione, altrimenti la semina e la raccolta non premiano il loro lavoro e i prodotti non possono competere sul mercato. Lo Stato deve favorire l’industrializzazione dell’agricoltura con sovvenzioni: i contadini devono munirsi di macchinari e utensili che li aiutano a produrre la maggior quantità di raccolto, raccolto che deve anche soddisfare il fabbisogno interno. Invece, in Italia le sovvenzioni vengono usate per le corruttele e per vendere nel mercato interno prodotti agricoli stranieri (uva di Spagna, olive della Tunisia, arance del Marocco, mele della Germania, pomodori e grano della Cina, ecc.). Lo Stato deve intervenire per regolarizzare la distribuzione dal produttore, al grossista e al venditore, facendo rimanere i prezzi al dettaglio equi per tutti i consumatori. Deve intervenire per evitare speculazioni, per legalizzare le forme di caporalato, il lavoro dei braccianti e vigilare sui diritti e doveri di quanti devono lavorare nei campi. L’allevamento di bestiame è strettamente legato all’agricoltura e deve essere controllato nella filiera, dall’origine al macello, per garantire e tutelare tutti i cittadini-consumatori.
Le foreste (il legno ormai è pregiato) devono essere tutelate, sia perché sono il polmone del nostro ambiente, senza di loro l’anidride carbonica non può diventare ossigeno, sia perché gli incendi (che sono le male azioni più ricorrenti dei criminali che servono pure lo Stato e vogliono più soldi; infatti, i forestali e i pompieri vengono pagati in base al numero di interventi) distruggono i campi seminati e i raccolti e spesso attaccano anche i centri abitati, causando in caso di alluvioni disastri inenarrabili (vedere TV). Lo Stato deve perseguire penalmente chi si macchia del reato dell’incendio doloso soprattutto in estate.
Accenniamo solo all’industria mineraria e petrolifera, quasi inesistente in Italia, e siamo costretti ad importare quasi tutte le materie prime dall’estero: e per di più il settore è attaccato frontalmente dalle sinistre ambientaliste.
Il Ministero della Pesca e Allevamento Ittico deve regolamentare tutto quello che succede a mare, nelle 12 miglia nautiche, lungo gli 8.000 km di costa della nostra Penisola. L’Italia ha antiche tradizioni a riguardo della pesca, ma l’eccessivo sfruttamento dei mari e pure l’inquinamento creano grossi problemi ai pescatori. La Comunità Europea ha stabilito molti limiti nella pesca, dal proibire tecniche di frodo che distruggono i fondali, dal limitare le licenze, dalla determinazione di quote del pescato. Spesso, però, le norme europee aggrediscono solo Paesi come il nostro, perché i Paesi extracomunitari vicini come la Tunisia, il Marocco, la Turchia, ecc. pescano come meglio credono senza limiti e, poi, ci rivendono il pescato. In Italia, chi si occupa di pesca non viene tutelato per niente ed è costretto ad importare il pesce dall’estero per soddisfare il fabbisogno nazionale. L’acquicoltura o allevamento ittico, con gabbie a mare, potrebbe essere la soluzione per garantire il pesce fresco sul tavolo degli italiani.
Il Ministero dell’Industria e Artigianato si occupa di molte tematiche, come abbiamo descritto sopra per lo sviluppo economico. La crisi attuale morde maggiormente questo settore (delocalizzazione delle industrie all’estero e artigiani costretti a chiudere bottega).
Il Ministero del Commercio e dei Trasporti si occupa delle regole degli scambi commerciali, della grande e piccola distribuzione, dei piccoli esercenti e delle multinazionali. Non è vero che favorendo la nascita di grandi gruppi commerciali, i famosi super centri nelle periferie della grandi città, a discapito dei piccoli negozi disseminati lungo le strade dei centri cittadini, si crea sviluppo: 100 negozi, 100 partite Iva, davano da mangiare a 100 famiglie; un centro commerciale che sostituisce 100 negozi e che assume 30 addetti sottopagati, fa ingrassare solo il padrone.
Il Ministero del Turismo e dei Beni Archeologici contempla tutte quelle tematiche che hanno come oggetto l’attività del turista, che è colui che viaggia nel nostro Paese per diletto o per interessi ed è attratto dai nostri beni archeologici, dalle nostre antiche città, dalla nostra arte (architettura, scultura e pittura), dalla nostra letteratura, dal nostro cinema e teatro (si deve affermare la produzione Made in Italy), dai nostri eventi e forme di divertimento. Il turismo può essere considerato un settore primario più che terziario (di servizi), in quanto il giro d’affari che movimenta è cospicuo e può dar sostentamento a molte famiglie. Purtroppo, come abbiamo detto in precedenza negli altri settori, le politiche corrotte, clientelari e nepotistiche adottate hanno bloccato per anni questo tipo di attività economiche. I turisti scippati, quelli trattati male sulle spiagge, nelle discoteche, nei ristoranti da addetti poco seri e raccomandati, non faranno più ritorno nel nostro Bel Paese, anzi urleranno al mondo che siamo una banda di ladri e imbecilli.

CAPITOLO VII
LA POLITICA MONETARIA
La Politica Monetaria tratta le problematiche delle istituzioni come la Banca Centrale e il Ministero del Tesoro. La Banca Centrale, prima in Italia, era la Banca d’Italia, che aveva le filiali in tutte le province. Ora tutte le sue funzioni sono passate alla BCE (Banca Centrale Europea). La SBG non vede di buon occhio l’istituzione dell’Euro e dell’Unione Bancaria sovranazionale. I dati raccontano che da quando abbiamo stampato gli euro, siamo in una perenne crisi. Finché non c’è un’unione politica, un governo centrale di tutti gli Stati membri della Comunità Europea, non si può parlare affatto di unione monetaria europea. Il popolo d’Inghilterra, nella fine di giugno del 2016 (Referendum), ha deciso di abbandonare per sempre il sogno dell’Unione Europea: lo scetticismo sull’euro è, ormai, dilagante; le nostre cassandre vedono un cielo cupo che si staglia su tutti noi. La sovranità monetaria, il diritto di stampare monete e banconote, doveva rimanere alla Banca d’Italia, proprietà dello Stato. L’euro, essendo una valuta a debito, grava sulla povera gente e molti non vedono più la luce in fondo al tunnel.
La Banca Centrale ha il diritto di signoraggio, col quale controlla la liquidità di denaro nello Stato per evitare inflazioni e crisi (proprio l’opposto di quello che vediamo noi oggi). Ha il dovere di determinare il tasso d’interesse o di sconto con il quale le sue filiali e le altre banche prestano denaro alle imprese o alle famiglie. Deve controllare la variazione dei coefficienti della riserva obbligatoria, cioè l’ammontare dei depositi in tutte le altre banche. Opera nel mercato aperto per vendere o acquistare titoli di Stato (bond) per diminuire o aumentare la moneta circolante (inflazione e deflazione). Deve controllare tutto il sistema bancario, dai mercati azionari e obbligazionari (Consob e Borsa), ai mercati dei cambi, al pareggio di bilancio dello Stato, alla crisi delle banche, ai prodotti finanziari (come i derivati truffaldini che hanno fregato milioni di pensionati di tutto il mondo).
I grandi Istituti Bancari mondiali hanno innescato una crisi nel 2008, partita dagli USA e propagatasi nel resto del pianeta: hanno operato con spregiudicatezza, ai limiti del lecito, hanno immesso sul mercato prodotti spazzatura di alta finanza, hanno creato confusione tra i risparmiatori, hanno creato un disagio sociale, economico e politico, che si poteva evitare se ci fosse stato un organo di controllo serio. Con l’entrata in vigore dell’euro, tutte le banche hanno iniziato a prestare denaro senza garanzie. Il risultato è che il 40% dei prestiti non è più tornato nei cavot con i rispettivi interessi e molte banche sono fallite (aiuti di Stato per coprire i buchi hanno fatto lievitare il cuneo fiscale alle imprese e famiglie con conseguente perdita di posti di lavoro, perdita del valore dei salari, crisi, ecc.). La bolla speculativa è stata determinata dai consigli di amministrazione (cda) di questi grandi Istituti Bancari e la Banca Centrale, in concerto col Ministero del Tesoro, dovevano sanzionare in modo serio i responsabili (la colpa, invece, cade ed è caduta sempre sui più deboli che sono i contribuenti).
Il Ministero del Tesoro ha come tematiche: la stabilità dei prezzi (deve tenere sotto controllo l’inflazione, la quantità di denaro circolante che determina l’abbassamento del potere d’acquisto, stagnazione e depressione), la regolazione dei cicli economici (deve controllare la disoccupazione, la povertà, la recessione), il contenimento del Debito Pubblico (attualmente i nostri governanti si dimenticano di questo fattore, che senz’altro a breve esploderà rendendo lo Stato Italiano a tutti gli effetti fallito e in deafult e i suoi titoli non varranno nulla: l’unico modo per coprire il Deficit è quello di ridurre la spesa pubblica, ad es. dismettendo opere pubbliche non funzionali, enti che non hanno né testa e né coda, ecc., e gli sprechi della nostra politica clientelare).
CAPITOLO VIII
LA POLITICA FISCALE
Duemila anni fa l’Imperatore Romano Marco Aurelio diceva che le tasse sono il prezzo della civilizzazione. La Politica Fiscale, praticata dal Ministero delle Entrate, deve procurarsi le risorse finanziarie per realizzare i programmi del governo e di spesa pubblica (strade, scuola, polizia, ospedali, ecc.) e per promuovere lo sviluppo, oltre che finanziare lo Stato Sociale. Regola i cicli economici. Consegue l’equità sociale tassando i tipi di reddito. Gestisce il bilancio dello Stato.
Nell’antichità si esigevano le tasse in modo non appropriato e non uguale per tutti, oggi le cose sono cambiate. Le leggi che sanciscono la tassazione equa in base al reale reddito e ricchezza ci sono, devono solo essere applicate. Le tasse dirette (la dichiarazione dei redditi che si deve presentare ogni anno) gravano sugli individui e sulle imprese, che sono chiamati contribuenti. Le tasse indirette come l’IVA (l’imposta sul valore aggiunto) sono quelle sui beni, servizi e quindi i consumi. Le aliquote di queste tasse variano in base al Paese; diverse, dunque, anche tra i membri della Comunità Europea. Da noi l’IVA è pari al 22% dal 2013, un vero salasso. Si aggiungono poi le tasse di successione degli immobili e le tasse locali come l’IMU (imposta municipale per gli immobili come case, terreni, negozi, ecc.) e l’Irap (imposte regionali sulle attività produttive). Una pressione fiscale troppo alta (enorme numero di imposte e tasse da pagare a fine anno: giungla fiscale) crea crisi economica e sociale: gli imprenditori delocalizzano le imprese e le industrie in altri paesi (paradisi fiscali dove non si pagano le nostre stesse tasse e dove molti capitali sporchi confluiscono), gli artigiani chiudono bottega e i proprietari d’azienda licenziano i dipendenti in tronco. Quando lo Stato aumenta le tasse è perché non è capace di esigere quelle eque, valide per tutti, in quanto ci sono molti furbetti che vivono nella totale evasione fiscale: solo i pensionati, i dipendenti pubblici, privati sono inquadrati come veri contribuenti; tutti gli altri, i liberi professionisti, gli imprenditori, gli artigiani, ecc. hanno più discrezionalità ed evadono a volte anche in un modo estremo. Più c’è corruzione nella Pubblica Amministrazione (funzionari che chiudono un occhio per un’infrazione grazie a tangenti) e più ci sono evasori totali. La soluzione all’evasione fiscale è per primo un controllo capillare della Guardia di Finanza, poi l’applicazione delle imposte deve essere chiara e certa (la burocrazia fiscale favorisce l’evasione in quanto più sono complesse le imposte, più si tende ad evadere anche perché non ci sono pene certe e le sanzioni sono irrisorie e mal applicate). Le imprese, le aziende, gli esercenti commerciali devono tenere traccia delle loro entrate ed uscite, devono avere registri del loro volume d’affari, devono essere capaci sempre di mostrare la loro contabilizzazione ai finanzieri che sono mandati per un controllo fiscale: e questo discorso vale per tutti, non solo per il malcapitato preso di mira.

CAPITOLO IX
MINISTERO COMMERCIO ESTERO
Il Commercio con l’Estero è diventato negli ultimi anni un aspetto prominente dell’economia di una Nazione. Gli scambi commerciali degli USA si sono triplicati dagli anni ‘60. Il commercio internazionale dà lavoro a molte persone e si occupa: dei mercati dei beni (libera circolazione di prodotti industriali ed agricoli), dei mercati finanziari (libera circolazione di capitali), dei mercati dei fattori (imprese localizzate all‘estero), del mercato del lavoro (assunzione di lavoratori stranieri che sono ex immigrati).
Le problematiche del Ministero Commercio Estero si barcamenano tra due correnti di pensiero: il libero scambio che apre verso tutti gli Stati le proprie attività economiche e il protezionismo che tende a bloccare le mire espansionistiche di soggetti economici stranieri nella propria nazione. Da un punto di vista logico, è normale che uno Stato deve proteggersi da altri Stati che puntano a destabilizzarlo, acquistando aziende, industrie, know-how, liste clienti, ecc. e adottando politiche sleali (come pagare il personale con stipendi da fame e farlo lavorare duro, abbattendo i costi di produzione e battendo i concorrenti sul mercato, anche svalutando la propria moneta per vendere più merci di tutti), ma il libero scambio di merci e capitali favorisce la competizione industriale e il progresso tecnologico dei singoli Paesi. Ovviamente, la SBG sostiene che la verità sta nel mezzo: da un lato bisogna vigilare contro la concorrenza sleale e la spregiudicatezza di alcuni Paesi come la Cina, Paesi che predicano bene e poi razzolano male, che vogliono impadronirsi degli Stati sovrani con manovre capitalistiche, dall’altro si deve favorire la concorrenza e la competizione del libero mercato, in quanto i prodotti per i consumatori migliorano sempre col tempo.
La Guardia di Finanza deve controllare che le merci e i capitali rispettano le leggi, non ci siano manovre truffaldine e sleali, non ci siano ambienti nocivi ai consumatori (prodotti creati con materie prime scadenti e velenose), non ci siano danni alle imprese che operano solo nel mercato interno (frodando tutti gli altri competitori con bassi costi di produzione, bassi salari, sfruttamento del lavoro, svalutazione della moneta per aumentare gli scambi commerciali, violazione del copyright e copia di marchi e brevetti, ecc.).
A livello internazionale dovrebbe valere il principio della reciprocità: io acquisto nel tuo Paese, come tu acquisti nel mio. Ma nella Globalizzazione odierna non è affatto così; gli Stati non sono tutti della stessa capacità economica e i pesci più piccoli vengono mangiati da quelli più grandi (es. la Germania, Paese dominante d’Europa, può comprarsi tutto il mercato dell’Albania, mentre quest’ultima, poverella, può solo rimanere a guardare; in Grecia è successo così durante le feroce crisi del 2014, quando i tedeschi hanno comprato tutte le infrastrutture a partire dagli aeroporti). Il libero mercato non deve essere una giungla, ma un ambiente in cui tutti possono operare nell’equità, nella conformità, nella sicurezza e pure nella solidarietà; molte volte, prima di decidere sulla svendita di una fabbrica verso un capitalista straniero, è meglio consultarsi con i sindacati e gli studiosi del settore (per garantire il lavoro agli operai del proprio paese, per garantire giusti salari, per garantire i diritti dei lavoratori, i profitti, ecc.). Bisogna aiutare gli Stati deboli e non affossarli con manovre economiche imperialiste. Questo discorso vale soprattutto per la Comunità Europea, che ha adottato una moneta unica (unione monetaria con discutibili regimi di cambio), ma di fatto è un’accozzaglia di Stati che hanno lingue, culture, tradizioni e usi e costumi diversi su ogni settore: ci sono, dunque, Stati forti e quelli deboli, in cui i rispettivi popoli scontenti cominciano a far sentire la voce nelle piazze (basta accendere la TV in qualsiasi ora del giorno per capire).
CAPITOLO X
MINISTERO DELL’INTERNO
Le problematiche del Ministero dell’Interno sono l’ordine e la sicurezza pubblica (con l’ausilio delle forze di polizia) e la difesa della democrazia da attacchi terroristici interni ed esterni. Le forze di polizia devono attuare misure repressive contro la piccola e grande criminalità (arrestare il trasgressore anche con maniere forti, applicando pene severe che fungono da deterrente); lo Stato deve applicare, poi, misure preventive per scoraggiare il crimine (creare occupazione e sviluppo, assistere le fasce più deboli del popolo per evitare che i cittadini delinquono per vivere, controllare l‘immigrazione di massa, in cui ci sono i criminali più efferati), deve applicare misure assistenziali specifiche (operare con lo Stato sociale per evitare che adolescenti ed uomini spinti da necessità vanno ad aumentare le fila della criminalità e rieducare con strutture idonee chi ha scontato la giusta pena).
La lotta alla criminalità è una tematica antica in tutti gli Stati. E’ vero che all’epoca di Mussolini si poteva avere le porte di casa aperte, perché nessuno osava toccare niente, come pure nell’ex Unione Sovietica la criminalità era a livelli bassissimi, ma non per questo bisogna adottare uno Stato di polizia (Regime). La Democrazia deve avere altri modelli, però il permissivismo odierno non paga: i delinquenti non temono la legge, perché dopo anni di processi e sentenze ritornano liberi di vivere come prima. La giustizia è ipergarantista, male organizzata e le autorità sono deboli verso i delinquenti.
I fattori di dissuasione come la paura di finire in prigione, la possibilità di essere preso, la severità e certezza della pena, la diffusione di principi morali, frenano gli individui dal commettere reati. Invece, fattori di facilitazione come l’ipergarantismo di una certa sinistra e l’incertezza della pena, la libera vendita di armi anche nel mercato nero e la giustizia che non funziona (processi che durano 20 anni, magistrati che si contraddicono in una rete di clientele che non finisce), creano nei criminali la convinzione che affiliarsi a cosche mafiose sia la scelta giusta. La strategia della tolleranza zero attuata dall’ex Sindaco di New York (Giuliani) è quella che ha portato più vittorie verso la malavita organizzata. Presidio totale dei “policemen” in tutto il territorio, nessuna tolleranza verso i reati minori (truffa, furti, rapine, spaccio di droga, estorsioni, stupri, ecc.), mettere in mostra i criminali sui giornali, in Tv, ecc., la categoricità della pena (in Italia tra riti abbreviati, patteggiamenti, indulti, licenze, permessi e buona condotta, i trasgressori la fanno franca e si sentono forti dinanzi alle autorità), la recidività (l’aumento di pena se colti in flagranza dello stesso reato), premiare l’ammissione di colpa con sconti di pena, controlli di telecamere e personale, come per esempio il registro degli ospiti negli alberghi, hanno condotto New York ad essere la città più sicura degli Stati Uniti d’America (con una sola eccezione delle periferie più lontane).
In tutti gli Stati del Mondo ci sono più corpi di polizia che hanno mansioni diverse e specifiche settore per settore (es. polizia municipale, polizia di Stato, Guardia di Finanza, Carabinieri, Forestale, ecc.). Anche se il vigile deve elevare le multe ai trasgressori del codice della strada, deve interfacciarsi col poliziotto (Ministero dell’Interno) e il carabiniere (Ministero della Difesa) affinché si operi per la sicurezza comune e l’ordine pubblico, senza scontrarsi sulle linee di comando (distretto con un comando unico). Lo Stato deve premiare le forze dell’ordine con riconoscimenti e premi per incentivarle a fare sempre il meglio: più scardinano le cosche mafiose con pedinamenti, controlli, appostamenti, infiltrazioni (trappole), indagini, ecc, più avranno avanzamenti di carriera e saranno motivati nel loro onorevole lavoro. Altrimenti, cadono tutti nella rete clientelare di quanti vivono nella corruzione e malavita con un danno enorme per la collettività.
Le misure per fronteggiare la criminalità variano da reato a reato. Gli americani, come detto sopra, hanno eliminato la mafia da New York, con infiltrazioni di agenti, trappole, pentitismo, controllo incrociato tra polizie locali e federali, il sequestro totale dei beni, interdizione delle attività economiche, programma di protezione dei testimoni e dei pentiti, cimici e attività di spionaggio, educazione alla legalità nelle scuole e nei centri culturali e sociali. Dopo la seconda guerra mondiale, la Mafia diventò potentissima in Italia, soprattutto nei Comuni, dove gli appalti per le opere pubbliche passavano tutti per le mani di faccendieri e individui senza scrupolo che lucravano sul denaro dei contribuenti (e ancora votazioni comunali pilotate e brogli elettorali a iosa). Il clientelismo e la corruzione si diffusero fin negli scranni del Parlamento, in cui nell’era fascista non era manco permesso di fiatare. Gli enti locali grondavano di tangenti e mazzette che, molte volte, sfociavano in vere e proprie estorsioni: persone violente armate chiedevano e chiedono ancora il pizzo ai commercianti, artigiani, imprenditori e quanti sono costretti a lavorare per portare avanti la famiglia (e devono pagare perché minacciati continuamente di ritorsioni). La malavita, poi, si alimenta anche di reati minori come i furti negli appartamenti, furti di auto, ricettazione nel mercato nero e non, spaccio di droga e prostituzione. Con i metodi di dissuasione e repressione sopra citati l’Italia diventerebbe un Paese più pulito. Anche legalizzando le droghe leggere e la prostituzione, si porterebbe un devastante colpo alle organizzazioni mafiose. Lo stesso, arginando il fenomeno della proliferazione delle armi e degli esplosivi sia nel mercato nero che nelle vendite ufficiali (controllo intensivo delle frontiere, perizia psichiatrica e fedina penale pulita per chi vuole munirsi di porto d’armi per difesa), si porterebbero duri colpi sia ai mafiosi che ai gruppi terroristici di qualsiasi estrazione ideologica che hanno intenzione di colpire l’Italia e la sua Democrazia.
CAPITOLO XI
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Il Ministro della Giustizia deve organizzare e far funzionare al meglio tutti i servizi relativi alla Giustizia, e secondo l’Art. 107 della Costituzione della Repubblica Italiana deve promuovere azioni disciplinari verso quei magistrati inadempienti. Nel Governo ha funzione di Guardasigilli, che è il responsabile delle Leggi approvate dal Parlamento e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale. Ha, poi, funzioni di amministrazione penitenziaria (controllare le carceri e i detenuti) e di cooperazione internazionale nel civile e nel penale.
L’Italia è uno di quei Paesi, in cui la macchina giudiziaria non funziona, è lenta e disperde molte risorse. Le cause, sia civili che penali, durano per decenni, tempo nel quale si cambiano attori e protagonisti e, infine, i veri criminali la fanno sempre franca (es. decorrenza dei termini, non luogo a procedere o il fatto non sussiste, ecc.).
Nei tribunali ci dovrebbero essere due fronti contrapposti: l’accusa (poliziotti che svolgono indagini con giudici istruttori e Pubblico Ministero) e la difesa (l‘imputato o il sospetto col suo avvocato difensore). Al centro ci dovrebbe essere un Giudice super partes che, ascoltando le parole e le prove dell’accusa e della difesa, decide se togliere la libertà o condannare a spese l’imputato. Un sistema giudiziario efficiente deve avere: imparzialità dei giudizi (professionalità dei magistrati, leggi chiare, indipendenza dal potere politico, sistema di controllo di qualità, separazione di carriera tra giudici inquirenti e quelli giudicanti), rapidità dei processi, economicità dei processi, limitazione del contenzioso, tutela delle libertà del cittadino.
Nella Democrazia si deve evitare che cittadini onesti siano accusati di reati da parte delle forze di polizia o chi denuncia in malafede. Un uomo fermato dalla Polizia che si presume innocente deve avere: diritto d’udienza (deve essere interrogato in caserma), diritto alla difesa (possibilità di chiamare un avvocato anche d’ufficio se non ha possibilità di pagare uno di fiducia), presunzione di non colpevolezza, l’arresto immediato (solo se i reati sono ben evidenti, es. registrazione video e più testimoni), esistenza di più gradi di giudizio (serve per evitare errori di giudizio, ma in Italia tre gradi, come il Primo Grado, l’Appello e la Cassazione, sono eccessivi e dilatano i processi in un tempo indefinito).  
Il Processo Penale ha inizio quando la Procura della Repubblica viene a conoscenza di un reato. Il Pubblico Ministero e la Polizia iniziano a svolgere le indagini che verranno vagliate dal Giudice che decide se archiviare il caso o se accettare la richiesta di rinvio a giudizio. L’indagine preliminare, dunque, inizia con l’iscrizione del sospetto nel registro degli indagati. Il Magistrato invia, poi, tramite i carabinieri, il famoso avviso di garanzia, usato in Italia per scopi denigratori anche contro personalità e politici scomodi. Si avvia il processo vero e proprio con la convocazione dell’imputato e del suo avvocato da parte del Sostituto Procuratore. Ci sono vari istituti di riduzione della pena, in cui l’imputato ammettendo le proprie colpe può evitare l’intasamento e l’invivibilità delle carceri: patteggiamento, sconti di pena (in base a buona condotta), permessi premi, scarcerazioni per motivi di salute, indulto). In Italia, si esagera sempre e, spesso, chi si macchia di crimini efferati (come stupro e assassinio della vittima) lo ritroviamo al bar, dopo alcuni anni, con una bella sigaretta accesa tra le dita.
Nel Processo Civile l’attore (cittadino danneggiato che richiede un risarcimento) si rivolge al Giudice perché venga riconosciuta una sua pretesa verso il convenuto (il danneggiante che contesta la pretesa). Nella fase introduttiva c’è la domanda dell’attore al Giudice, nella fase istruttoria il Giudice fa le sue indagini e nella fase decisoria il Giudice decide la sentenza in base a quello che ha ascoltato dagli avvocati dell’attore e del convenuto. La sentenza, dunque, viene depositata nella Cancelleria del Tribunale. Le vertenze civili, in Italia, sono milioni e intasano e bloccano tutta la macchina giudiziaria. Il primo grado, attraverso il quale il giudice ascolta gli avvocati, controlla le prove, interroga i testimoni, può durare molti anni prima che venga pubblicata la sentenza. E, poi, si ricorre all’appello in cui l’avvocato difensore, che ha perso la causa in primo grado, impugna la sentenza del primo Giudice. E non finisce qui. Si ricorre al terzo grado di giudizio, che è la Corte di Cassazione, che prolunga il tempo all’infinito e l’attore e il convenuto muoiono nel frattempo per vecchiaia e le loro pretese verranno ereditate dai figli o nipoti che nulla sapevano degli affari loro.
L’inefficienza della Giustizia danneggia l’economia e la competitività del sistema pure industriale: molti imprenditori che producevano hanno avuto gravi perdite da questo nostro ordine delle cose. Hanno dovuto attendere trentenni prima che la Giustizia decidesse per loro il giusto risarcimento danni. Attualmente, molti ricorrono alle Corti Europee, che stanno sanzionando a più riprese il nostro lento sistema giudiziario, i cui mali sono: aule e spazi non disponibili, Tribunali fatiscenti, continui rinvii per tanti motivi che vanno da sospetti problemi di salute a scioperi di categorie, vuoti di personale negli organici e nelle Cancellerie, bassa produttività e voglia di lavorare, burocrazie varie e scomparse di fascicoli nelle Cancellerie (poiché si lavora ancora col cartaceo, si deve fare tutto daccapo e si perdono anni e anni di salute e di vita…), i meritevoli non sono tenuti proprio in considerazione perché sono tutti degli ignoranti raccomandati, giungla di norme a volte contrastanti tra loro. La SBG, per risolvere gli annosi problemi della Legge Italiana, propone premi di produzione a fine anno e avanzamenti di carriera a quanti si prodigano per velocizzare la macchina della Giustizia. Propone più poteri ai capi dei servizi, che controllano tutti gli impiegati. Propone di combattere l’assenteismo, di migliorare l’organizzazione dei Tribunali stessi alla stregua di un‘industria fiorente, di reclutare i Giudici tra i meritevoli e i ligi al dovere e alla morale comune, di ridurre i contenziosi futili con un filtro (i Giudici devono valutare bene la domanda o la denuncia prima di far partire il processo; così si risparmia tempo e denaro), di nominare Giudici per tematiche specifiche (come quelli addetti per le cause sportive, le pensioni di invalidità, il divorzio, le vertenze condominiali, lo sfratto, le assicurazioni, ecc., che sono quelle cause civili minori che intasano i Tribunali e tolgono tempo, mezzi e risorse a quelle più importanti).
Gli istituti di pena (le carceri) sono pressoché abbandonati da quanti trattano il nostro sistema giudiziario. Una volta carcerati, i detenuti sono abbandonati a loro stessi, sono rinchiusi in celle anguste, liberi di fare quello che vogliono, come oziare o intrallazzare con altri detenuti o, peggio, comandare agguati mafiosi da dietro le sbarre. Invece, la SBG sostiene che le case circondariali devono proteggere la società dai criminali e prestabilire un percorso di recupero per coloro che hanno commesso reati (ben venga anche la disciplina militare, la pratica di uno sport e l‘istruzione di un mestiere, oltre al lavoro per la manutenzione delle strutture di pena in cui si è accolti). Alla fine, nella realtà, i delinquenti, che escono fuori per cause raccontate prima, sono ancor peggiori di prima nell’80% dei casi (anche quando sono affidati ai servizi sociali e ai domiciliari).
CAPITOLO XII
MINISTERO DELLA SALUTE

Il Ministero della Salute deve occuparsi della sanità dei cittadini nelle problematiche sia fisiche che amministrative. La salute è un bene prezioso che non può essere assoggettato alle leggi del mercato, alle leggi della domanda ed offerta. I malati sono disposti a pagare molto purché vengano guariti e in Italia medici ed infermieri se ne approfittano. I costi di gestione delle strutture sanitarie, delle terapie, dei farmaci, dei macchinari e di tutti i servizi correlati gravano moltissimo sulle risorse esigue delle casse dello Stato. Il settore medico è quello più remunerativo per i propri operatori e non solo in Italia. Dietro c’è un giro d’affari enorme. E non si possono scaricare tutti i costi sui liberi cittadini in quanto in un sistema democratico lo Stato deve sostenere in parte i costi per la cura giusta del suo popolo.
Un Servizio Sanitario Nazionale moderno deve garantire l’assistenza a tutti i cittadini senza distinzioni di genere, residenza, età e reddito. Deve essere solidaristico, deve offrire una buona qualità dei servizi, rispondere a criteri di economicità (ridurre le spese superflue), avere una certa autonomia dal potere politico (per evitare favoritismi, corruzione e clientelismo), garantire la libertà di scelta dei medici e delle cure.
I servizi del S.S.N. sono: medicina di base (i medici di famiglia), ambulatori specialistici (per analisi cliniche, ecc.), strutture ospedaliere (per operazioni chirurgiche, degenze, ecc.), servizi di emergenza (autoambulanze, ecc.), assistenza farmaceutica (medicine), assistenza psichiatrica.
Per molti anni nel Parlamento italiano si è dibattuto su chi deve gravare l’onere della spesa pubblica sanitaria: dall’ospedale totalmente pubblico a quello in mano ai privati. La SBG sostiene, come detto negli altri settori, che la verità sta nel mezzo. I malati da guarire devono corrispondere alle spese sostenute in rapporto alle loro capacità di reddito. Non si può far pagare lo stesso ticket di una prestazione sanitaria di un pensionato ad un disoccupato, come i costi di chirurgia non devono gravare solo sui cittadini di classe medio-bassa. All’uopo si istituiscono le Compagnie di Assicurazione Sanitaria, alla stregua degli Stati Uniti d’America, le quali, in base ai versamenti dei contribuenti (che corrispondono in base al reddito con trattenute sulla busta paga o sulle pensioni), si fanno carico dei costi delle spese sanitarie. Attualmente, in Italia, dopo la soppressione di enti mutualistici come l’INAM, questi costi sono sostenuti dalle Regioni tramite le ASL (aziende sanitarie locali). E tutti sappiamo le cose come girano: le Giunte regionali nominano chi vogliono a capo delle ASL, scelgono i medici e gli operatori non per meriti (con trasparenti concorsi pubblici), creano disservizi e ammanchi di miliardi e miliardi di euro, soldi spesi per arricchire loro e tutti gli amici, non per servire i cittadini malati. Le Compagnie di Assicurazione Sanitaria opererebbero come strumenti di controllo per contenere le spese e le truffe perpetrate all’interno delle strutture ospedaliere. Eviterebbero spese superflue derivanti da terapie e cure che non servono, controllerebbero la qualità delle prestazioni sanitarie (es. se un chirurgo ortopedico rovina un uomo asportandogli, nella sala operatoria, il menisco buono del ginocchio, possono intervenire con medici legali ed avvocati per far ricevere all‘assistito il giusto risarcimento e al colpevole le giuste sanzioni anche penali. Così prima di distruggere la vita delle persone, ci si pensa due volte e si fanno le cose per bene!). Le Compagnie, dunque, devono essere autonome e indipendenti dai poteri politici, soprattutto per il fatto che la corruzione comporta un aumento delle spese in quanto gli operatori sanitari, scelti secondo tecniche clientelari, mirano a gonfiare i costi di tutte le prestazioni (es. addebitano sui malati cure, farmaci, operazioni chirurgiche mai effettuate, come pure si acquistano tecnologie costose che non verranno mai usate). Di qui ben venga l’uso di una tessera sanitaria elettronica che comunica tutti i dati al Ministero della Salute, che può così tenere sotto controllo tutti i tetti di spesa e diminuire i debiti infiniti di questo settore, ormai, sotto l’occhio di tutti. Le Compagnie devono, altresì, controllare che gli operatori fanno il loro lavoro onestamente e verificare che il pubblico e il privato non si invadono a vicenda (es. molti dottori della sanità pubblica fanno molte pressioni sugli ammalati affinché si rivolgano a loro nelle sedi private, dove chiedono vere e proprie tangenti per farli passare avanti nelle liste d’attesa e per curarli). Le strutture sanitarie pubbliche, private e convenzionate possono coesistere, ma devono essere separate e distinte e il cittadino deve avere la possibilità di scelta anche alla luce delle sue disponibilità economiche. Vige, infine, il principio secondo il quale si devono somministrare i farmaci, ci si deve sottoporre a terapie, cure e interventi chirurgici solo quando è strettamente necessario, in quanto la prima regola è sempre quella di prevenire le malattie (di qui informare per bene tutti i cittadini su comportamenti alimentari adeguati e stili di vita sani). Invece, gli informatori scientifici, che affollano gli ospedali, le cliniche e gli studi medici, non fanno altro che vendere i prodotti delle loro società farmaceutiche secondo logiche affaristiche e di mercato (marketing). A volte, corrompono i medici con vacanze premio, partecipazione a convegni senza senso ed altri regali, per fare assumere ai loro clienti-pazienti determinati farmaci (e spesso con ricette false e gonfiate si praticano truffe al S.S.N. che è costretto a rimborsare le spese anche quando non è tenuto; sembra che oggi la Guardia di Finanza sia più vigile a tali tipi di comportamento). I servizi di emergenza come i presidi di ascolto e le autoambulanze medico munite con strumentazione pure devono essere regolamentate in base alla nostra logica, la quale dice che il pubblico e il privato sono due settori distinti (non si deve mangiare sulla pelle della gente!); a volte, in centri periferici lontani dagli ospedali sono cruciali per chi fa un incidente mortale o è in arresto cardiocircolatorio.
L’assistenza psichiatrica deve essere garantita sia per evitare che il malato mentale noccia alla società e ai suoi amici e parenti, sia che noccia a sé stesso. In Italia la legge 180 del 1978, nota come legge Basaglia, stabilì la chiusura degli ospedali psichiatrici, al cui posto subentrarono i centri di igiene mentale e le comunità. Il Dott. Basaglia sosteneva che il malato mentale non doveva essere rinchiuso nelle mura del manicomio, ma doveva essere riabilitato con altre strutture in quanto la malattia psichiatrica deriva da fattori di disagio come povertà, emarginazione, tossicodipendenza e devianza sociale (i mezzi di cura sono la farmacologia, la psicoterapia e il reinserimento sociale perché chi ha disturbi mentali, ha bisogno di rapporti umani). Con una certa sinistra al potere si è diventati così più permissivi anche verso quei malati mentali che si sono macchiati di fatti di sangue, che un tempo erano rinchiusi negli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari detti manicomi criminali) ed ora vagano nelle città (sono molti i casi in cui i Giudici hanno scarcerato pericolosi assassini). I disturbi mentali sono diversi e non tutti possono essere trattati ugualmente, anche perché individui pericolosi sono irrecuperabili e non solo tra quelli che ammazzano la propria madre o moglie, anche tra quelli che creano problemi sui posti di lavoro (es. avvocati e notai, che intrallazzano, creano scompiglio, si inventano sentenze per scopi di truffa e si credono falsamente nella ragione, e che negano la realtà anche di fronte a loro stessi).
CAPITOLO XIII
MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
La scuola è un’istituzione abbastanza recente con la quale la società tramanda la cultura alle generazioni future. L’istruzione è un servizio essenziale perché prepara i cittadini del domani, oltre che tra i lavoratori anche tra la classe dirigente. Nell’Atene del V sec. a.C. erano proprio le famiglie che pagavano un maestro che impartisse le lezioni ai propri figli in base ai loro ranghi sociali; nell’Antica Roma solo i figli nati liberi avevano accesso alla cultura; nel Medioevo solo i giovani chierici avevano diritto alla studio (in monasteri), e nel Basso Medioevo era per lo più diffuso l’apprendistato nelle botteghe; invece, col Rinascimento si determina l’istituzione di una scuola pubblica grazie anche al potere politico delle città-Stato. E dal XVIII secolo si pensa alla scuola come diritto pubblico e dopo la seconda guerra mondiale la scolarizzazione diventa un fenomeno di massa e quella di base o primaria diventa d’obbligo per tutti i Paesi avanzati.
Una scuola deve essere di carattere formativa (creare la personalità in base alla dottrina), informativa (diffondere la conoscenza in base agli studi) e professionale (qualificare al lavoro in base alla pratica).
Una scuola moderna deve essere organizzata come un’azienda della formazione, al capo della quale ci deve essere un attento dirigente scolastico (preside) che operi verso il personale docente e non, al di là di tutte le lungaggini burocratiche delle segreterie. Spesso i docenti passano ore a compilare registri, fare relazioni, ore che possono essere impiegate per la didattica, cioè per l’insegnamento. Il personale didattico deve essere scelto in base al merito, non secondo tecniche clientelari (descritte già nei capitoli precedenti), deve essere reclutato secondo titoli e concorsi pubblici trasparenti. La scuola deve altresì avere strutture idonee, con ampie aule, laboratori, ecc.; attualmente in Italia molti istituti sono fatiscenti. La scuola italiana viene vista come valvola di sfogo alla disoccupazione e, quindi, si assume personale non sempre all’altezza, non sempre secondo canoni meritocratici (l’amico del politico si piazza nella graduatoria davanti a quelli che avevano titoli, esami e più punteggi per insegnare): docenti senza preparazione, senza la cultura, senza nozioni aggiornate, fanno sì che la nostra scuola è agli ultimi posti delle graduatorie mondiali dell’insegnamento. La SBG, per ovviare a questo problema, propone la figura del coordinatore didattico, che deve controllare l’operato sia didattico che amministrativo del preside e dei docenti di tutte le scuole. Questa figura deve controllare la qualità dell’insegnamento e non far sì che docenti in malafede scarichino la colpa sugli alunni sul mancato apprendimento delle loro lezioni (es. verificare insieme ai genitori se lo studente debba veramente ripetere l’anno), deve declassare gli insegnanti se non sono più idonei e deve controllare che si adottino libri di testo validi.
In Italia le scuole possono essere divise in 5 gruppi: scuole materne, scuole primarie (elementari in 5 anni), scuole medie inferiori (3 anni), istituti superiori (di 5 anni, i primi due considerati dell’obbligo) e università. La scuola materna è di tipo preparatorio, non è obbligatoria ed è indirizzata ai bambini dai 3 ai 6 anni, che devono ricevere la prima formazione. La scuola primaria o elementare (5 sono le classi) deve essere volta all’apprendimento generale della scrittura, lettura e calcolo, con nozioni di lingua, letteratura, storia, geografia, arte, musica, religione, ecc. La scuola secondaria (le medie di 3 anni) deve approfondire le materie di quella elementare e consentire agli alunni meritevoli di scegliere il loro corso di studi (siamo dell’opinione che gli alunni non portati per lo studio scelgano un percorso che li aiuti a imparare un mestiere). Col biennio degli istituti superiori deve terminare la scuola dell’obbligo e si deve selezionare chi vuole ricevere un diploma e approdare alle università. E’ indispensabile indicare a quei giovani portati per le arti e i mestieri gli istituti professionali idonei che siano anche supportati dalle botteghe degli artigiani e dalle fabbriche (un po’ come avviene in Germania, in cui si insegnano lavori come il meccanico, l’elettrauto, il carrozziere, il parrucchiere, l’imbianchino, l’operaio specializzato, il fornaio, ecc.). Attraverso la sinergia dei voti e dei giudizi del corpo docente si indirizzano gli studenti meritevoli verso i licei classici (studi letterari ed umanistici), scientifici (le scienze, la matematica, la fisica, ecc), licei linguistici (lo studio delle lingue), istituti magistrali (studi pedagogici, ecc.) e gli istituti tecnici (per geometri, ragionieri, ecc.). Gli ultimi 3 anni della scuola superiore devono essere di carattere informativo che consentano di proseguire gli studi universitari a quanti vanno a scuola non per vegetare, ma per eccellere in una professione, anche di carattere dirigenziale. Attualmente, in Italia c’è un gran numero di diplomati e laureati che non hanno sbocco lavorativo e non sono manco inglobabili nel settore industriale e produttivo perché non hanno le competenze di operaio. C’è un’inflazione di lauree e diplomi e tutti reclamano un lavoro idoneo ai propri titoli e dall’altro lato c’è un popolo di giovani, che hanno frequentato istituti professionali (solo sulla carta) che non sono capaci di svolgere i mestieri più comuni. Alla base della crisi occupazionale c’è, dunque, anche la scarsa organizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione, che crea profili che vanno oltre l’offerta del mercato e crea degli emeriti incompetenti, che sono, quindi, costretti ad emigrare (a 30 anni si possono inventare un lavoro e una vita all’estero?). All’università ci si deve iscrivere solo se veramente si è portati per essere dottori, avvocati, docenti, ingegneri, informatici, ecc., non per oziare e divertirsi alle spalle dei genitori. In Italia, vanno avanti senza nessuna fatica i raccomandati e quanti fanno di tutto fuorché lavorare sodo. Superare gli esami, ottenere titoli, essere selezionati nei concorsi pubblici senza sforzi è prassi comune. La mancanza di credibilità dei nostri atenei all’estero è dovuta proprio per questi fattori. Prima del 68’, della rivoluzione studentesca, le nostre università creavano dei seri professionisti, poi col famoso “18 politico” si è aumentato il numero di “dottori” che, oggi, siedono in cattedra e ci comandano… (a voi le conseguenze!).
La SBG propone l’istituzione di 2 tipi di università per regolamentare la giungla dei dottori che non sono dottori nei fatti: università agli studi e università popolari. Le prime devono essere dei veri poli di eccellenze a numero chiuso riservate agli studenti che si sono mostrati meritevoli nel loro percorso di studi. Le seconde devono essere aperte a tutti, anche a coloro che sono in là con gli anni e vogliono approfondire le proprie conoscenze. Le università agli studi devono essere dei plessi collegati con la ricerca e le industrie, i cui corsi di laurea devono essere divisi per settori: università agli studi letterari e pedagogici, agli studi scientifici, agli studi giuridici, agli studi economici, i politecnici (per ingegneri, architetti, ecc), i policlinici (per medici, infermieri, ecc.) e l’accademia delle belle arti. Solo creando degli ambienti in cui si coltiva l’eccellenza, non solo selezionando gli studenti migliori, ma anche i loro docenti, i libri di testo, gli scienziati geniali, le ricerche al pari passo coi sistemi industriali più evoluti, l’Italia può considerarsi alla pari dei suoi competitors stranieri.
CAPITOLO XIV
MINISTERO LAVORO E IMMIGRAZIONE
Il Ministero del Lavoro deve regolare il mercato del lavoro, elaborare le politiche dell’occupazione, promuovere la formazione professionale, tutelare la sicurezza sul lavoro, conciliare le controversie di lavoro, coordinare l’ingresso e l’uscita dei lavoratori dal proprio Paese. Le sue tematiche possono essere così raggruppate: avviamento al lavoro, tutela dei lavoratori, tutela degli imprenditori, regolamentazione del diritto di sciopero, regolazione dei flussi immigratori.
Un cittadino che ha bisogno di un lavoro, come pure un imprenditore che ne offre, devono contattare gli uffici di collocamento, che possono essere gestite da agenzie pubbliche e private (a volte, quelle private sono più inclini a svolgere in modo trasparente l’intermediazione tra l’offerta e la domanda del lavoro, evitando i consueti giochi clientelari e corruttivi).
In Italia i lavoratori sono tutelati dalla Statuto dei Lavoratori del 1970, emanato dopo anni di dura lotta: i lavoratori hanno libertà di esprimere le proprie opinioni, di manifestare (tramite sindacati) senza essere licenziati, di lavorare in ambienti idonei che non nocciano alla salute, hanno diritto ad essere ricompensati in base alle loro mansioni.
Al momento dell’assunzione deve essere sottoscritto un contratto di lavoro, in cui deve essere specificata la retribuzione mensile e i contributi sociali, come l’assicurazione sanitaria e infortuni e la pensione per la vecchiaia. Devono essere stabiliti l’orario del lavoro, le ferie, le assenze per malattie, le tutele per la salute, la sicurezza, le condizioni ambientali. Spesso le norme di sicurezza non vengono rispettate, anche a causa di enormi costi di gestione delle imprese che economizzano, e si verificano le cosiddette “morti bianche”, lavoratori pagati a nero che perdono la vita in fabbriche e in condizioni di lavoro estreme. Gli imprenditori che non rispettano le norme assumono in nero soprattutto tra gli immigrati; spesso sono più orientati verso contratti a tempo determinato (lavoro precario) per pagare meno tasse e abbassare i costi. La SBG propone la sottoscrizione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato dopo un anno di prova; per poter far questo il Ministero del Lavoro deve garantire un numero basso di contributi, quelli necessari, sulla busta paga, e consentire ai datori di lavoro di mettere in regola i lavoratori sia indigeni che immigrati. Ovvio, che il Ministero debba tutelare anche gli imprenditori, che devono avere libertà di assumere e licenziare, di scegliersi quei lavoratori che sono produttivi e che non danneggino l’attività. In Italia, dal dopoguerra, si è passati da un estremo a un altro, e oggi molti datori di lavoro sostengono che è più facile divorziare da una moglie che licenziare un operaio. Con la legge del mercato internazionale in cui la competizione è alta, avere operai che non hanno voglia di lavorare e che usano gli scioperi sindacali come se stessero bevendo un bicchier d’acqua, la situazione non è più gestibile e molti imprenditori o assumono dipendenti immigrati a basso costo, o eludono le norme dello Statuto dei Lavoratori, trattenendosi il 30% della busta paga, oppure delocalizzano all’estero i loro impianti produttivi. Molti lavoratori, protetti da politici e da sindacati, creano più danni che benefici in quanto se ne fregano della produttività e reclamano solo diritti e aumenti dello stipendio (disaffezione al lavoro). Lo sciopero è giusto se viene indetto per sistemare condizioni di disagio per il lavoratore, non per creare, come avviene oggi in Italia, un disagio a tutto il sistema economico. I lavoratori che non hanno più interesse a lavorare nelle fabbriche, si trovino altri lavori consoni alle proprie personalità (giusto licenziamento). Come è lecito premiare quei lavoratori che si sono distinti per la loro operatività (premio di produzione). Gli scioperi, spesso, hanno connotazioni politiche e sono capaci di far cadere un Governo: i sindacati (associazioni di lavoratori che tutelano i diritti degli iscritti di fronte ai datori di lavoro) li indicono, a volte, per scopi puramente di potere o “di casta”, per far salire uno anziché un altro nella gestione della cosa pubblica. Attualmente i sindacati si dichiarano apolitici, come dovrebbe essere, ma sigle come la CISL, UIL, CGIL, erano fortemente politicizzate in logiche di partito (la prima con la DC, la seconda col PSI e PD, la terza col PCI) e si sono comportate come corporazioni creando classi sociali forti e classi deboli tra i lavoratori iscritti (diversità di salario).
Infine, l’immigrazione e l’emigrazione determinano sia benefici che danni ingenti al mercato del lavoro. A tutti noi balza agli occhi quello che sta succedendo nel Mondo, dove milioni di individui fuggono da guerre e povertà e premono alle frontiere di Stati che non sanno che fare, o bloccarli e respingerli, o aiutarli e accoglierli. Va da sé che nessuno Stato può risolvere questo esodo epocale, come lo si è fatto negli anni passati. Anche noi Italiani siamo stati emigranti, sia dal meridione verso il settentrione della penisola, sia verso gli Stati del Nord e Sud America: in questo caso l’emigrazione ha portato beneficio all’economia in quanto prima si è creato uno sbocco lavorativo e l’ampliamento di nuove industrie, poi si è abbassato il livello di disoccupazione nelle aree depresse e vi si è portata moneta (es. emigranti che lavorando hanno fatto costruire case per la villeggiatura nei loro paesi d‘origine). L’immigrazione di massa di oggi può portare benefici solo a quanti cerchino di assumere nelle proprie attività manovalanza a basso costo, per il resto è una piena sconfitta se gli “Stati” non convergono sulle politiche da adottare. Con i “barconi” non entrano solo i poverelli, gli sfruttati, i ricercanti asilo, ma anche criminali pure di un certo spessore, se non proprio terroristi, che evidentemente distruggeranno l‘economia dei Paesi in cui vengono accolti. Il Mediterraneo deve essere pattugliato e molti Stati dell’Africa Settentrionale aiutati affinché costruiscano dei campi profughi, in cui si possa determinare legalmente chi può veramente essere accolto in uno Stato più ricco per essere assunto come lavoratore, e chi essere rispedito nella sua terra d’origine: la diplomazia internazionale deve occuparsi, altresì, di porre fine alle guerre e consentire ai popoli di esprimersi nelle terre dove sono nati.
CAPITOLO XV
MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
Il Ministero dei Lavori Pubblici o delle Infrastrutture promuove la costruzione o manutenzione di opere di pubblica utilità come autostrade, aeroporti, porti, ferrovie, piazze, ponti, ecc. Le sue problematiche sono intrise di corruzione e clientelismo, sin dall’epoca dell’Antica Roma: il giro d’affari è enorme, e quando più si mettono in cantiere grandi opere, più la torta da spartire è grande per alcune categorie.
In Cina per costruire un tratto di autostrada ci si impiegano due anni circa, invece in Italia lo stesso lavoro può durare per 40 anni almeno. In questi 40 anni i costi di realizzazione possono aumentare fino a 10 volte. C’è una burocrazia di fondo che attraverso carte bollate, permessi di svariati enti e sovraintendenze, fa mangiare un bel pezzo di torta a un numero sempre crescente di contendenti. Per costruire quel tratto di autostrada intervengono Enti Locali come Comuni, Comunità Montane, Province, Autorità di Bacino, ATO, Genio Civile, e le due Sovrintendenze ai beni culturali e ambientali e ai beni archeologici. Questi Enti hanno tutti dei funzionari che richiedono tanto denaro per far continuare i lavori, lavori che sono interminabili e spesso vengono bloccati anche dall’intervento della Magistratura. A nostro avviso questi Enti dovrebbero tenere una conferenza di servizio tra loro per evitare che blocchino i lavori in corso senza nessuna logica (es. quando si scopre sotto terra un sito archeologico, il lavoro per la costruzione della strada viene bloccato per anni, poi si scopre che erano solo 4 pietre antiche accatastate che non hanno nessun valore artistico). Così, prima di fare un progetto e andare avanti con l’esecuzione dei lavori, che impiegano uomini e denaro, si deve valutare a tavolino per bene se l’opera è necessaria e utile per il bene comune. Non solo in Italia, ma in tutto il Mondo, negli anni si sono costruite le “cattedrali nel deserto” e opere incompiute. Quel famoso tratto di autostrada non potrebbe vedere mai la luce a causa del fatto che si finiscono i soldi, oppure servono altri per completarlo, a causa del fatto che la Magistratura trova o le aziende appaltatrici o gli organi appaltanti in piena violazione della Legge (in tribunale ci sono cause al riguardo che durano da 30 anni), a causa del fatto che l’impresa appaltatrice fallisce.
Secondo la prassi, una volta che lo Stato o un Ente Pubblico decide di costruire un’opera pubblica per quanto sia maestosa, deve indire una gara per scegliere il progetto preliminare di una ditta appaltatrice (appalto). Una commissione valuta e promuove il progetto più consono alle idee appaltanti e più economico; poi si dà l’incarico di sviluppare il progetto definitivo e si indice la gara d’appalto per le imprese che si offrono con i costi più contenuti per iniziare i lavori. Tra questi passaggi è ovvio che c’è corruzione e clientelismo, soprattutto se l’appalto non è pubblico ma con trattativa privata: le commissioni scelgono tra ditte amiche, tra i protetti dei politici, a chi dare in mano l’esecuzione dei lavori, i cui costi vengono fatti lievitare per alimentare il sistema di corruttela.
Una gara d’appalto dovrebbe essere pubblica e visibile a tutti, dovrebbe essere indetta per trovare il progetto e l’esecuzione dei lavori più convenienti per le esigue risorse economiche dello Stato e dei contribuenti. La commissione dovrebbe scegliere le imprese appaltatrici tra quelle più serie, quelle che hanno fama di portare a termine i lavori senza trucchi e inganni o giochetti che gonfiano le spese, quelle che non trafficano sottobanco con amici e parenti di politici. La commissione dovrebbe richiedere delle garanzie a queste imprese, come depositi bancari cauzionali, che devono essere recuperati dallo Stato, se le imprese violano le norme del contratto e non portano più a temine i lavori. Nel contratto dovrebbe essere scritto un elenco dettagliato dei lavori da fare, i materiali da usare, la data di consegna dei lavori, i disagi per il pubblico, il subappalto (una vera piaga in Italia; le imprese dichiarano fallimento e danno gli appalti a una miriade di altre piccole imprese che creano lotti come delle scatole cinesi, lotti dei lavori interminabili).
A volte, però, i versati sono proprio le imprese appaltatrici che non vengono pagate nei termini dagli Enti appaltatori; es. i Comuni sono così indebitati che hanno ancora il coraggio di aprire altri cantieri di opere che non saranno mai finite e mai pagate. Lo Stato dovrebbe finanziare in anticipo almeno per il 70% con depositi in banca le imprese che si lanciano alla costruzione delle opere. Il tutto dovrebbe essere controllato da un direttore dei lavori estraneo sia all’appaltante che all’appaltatore, in modo che nessuno si potesse mettere d’accordo per violare la Legge e creare danni ai contribuenti tutti.
CAPITOLO XVI
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Il Ministero degli Affari Esteri deve curare i rapporti con gli altri Stati, gli enti e le organizzazioni internazionali (ONU, NATO, ONU, FAO, UNESCO, OCSE, ecc.), deve tutelare gli interessi pubblici e privati dei cittadini italiani all’estero, deve negoziare per stipulare trattati e convenzioni e deve promuovere il commercio con l’estero. Per queste tematiche si serve delle ambasciate (rappresentanze diplomatiche del Governo Italiano presso gli Stati Esteri), consolati (uffici consolari che si occupano delle pratiche di attività dei cittadini all‘estero), uffici di promozione economica e commerciale, rappresentanze permanenti presso le organizzazioni internazionali di cui sopra e gli istituti italiani di cultura.
Il Governo deve decidere le sue alleanze politiche con uno Stato anziché di un altro, se rimanere in alleanze militari come la Nato, se aderire alle sanzioni economiche verso uno Stato visto dalle Nazioni Unite come una minaccia per la pace internazionale; noi della SBG proponiamo dei modelli scientifici da applicare alla politica e guardiamo sempre verso quelli che portano ad una stabilità e alla pace tra le nazioni.
Le spese di rappresentanza all’estero devono essere tagliate perché molti “uffici” sono un retaggio del passato e nella pratica non servono più: questo Ministero deve occuparsi solo del commercio con gli stranieri, per garantire il quale c’è bisogno della pace. Quest’ultima può essere raggiunta solo con un duro lavoro diplomatico che escluda a priori tutti i tipi di conflitti armati. I funzionari delle ambasciate devono essere scelti in base alle loro capacità dialettiche (conoscenza delle lingue) con gli stranieri, non per meriti politici o di intrallazzare: molte volte l’incapacità di comunicare ha portato a degli incidenti diplomatici più o meno gravi. Lo scontro odierno tra Russi, Cinesi e Americani (NATO) ha rispolverato antichi dissapori di comunicazione: l’unico deterrente a un conflitto atomico aperto, non è quello di dotarsi di armi ed eserciti sempre più sofisticati, ma quello di applicare sanzioni economiche a quegli Stati che violano le risoluzioni ONU e aiuti a quegli Stati più poveri.
CAPITOLO XVII
MINISTERO DELLA DIFESA
Questo Ministero ha 3 dicasteri come l’Esercito (vari corpi compreso l‘Arma dei Carabinieri), la Marina e l’Aereonautica ed è preposto all’amministrazione militare e civile della difesa anche nella controparte straniera (Comunità Europea e NATO). E’ sotto il controllo del Capo di Stato Maggiore e, nel nostro sistema democratico, il Presidente della Repubblica è il Capo delle Forze Armate: deve attuare, altresì, le delibere del Governo in materia di sicurezza e difesa.
Attualmente stiamo destinando molte risorse economiche a questo Ministero che favorisce la corruzione e il clientelismo. Come piccolo Paese dell’Unione Europea, uscito a malo modo dal Fascismo e da una guerra fratricida, non ci possiamo permettere un esercito che sia al passo con le potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale, né tantomeno partecipare con loro a guerre in posti molto lontani dalle nostre frontiere.
Negli anni addietro il servizio militare era di Leva, cioè obbligatorio per tutti i giovani nella maggiore età. Una soluzione economica (i soldati venivano pagati con una semplice diaria) abbandonata da quasi tutti gli Stati che ora preferiscono un esercito di mestiere (soldati con stipendi di tutto rispetto), bene addestrato e con equipaggiamenti sofisticati. Ma in Italia, quando girano tanti soldi sappiamo come va a finire: molti giovani non hanno lavoro e si buttano a fare concorsi nelle Forze Armate, in cui se non sei nell’ambiente, nel giro dei favoritismi e delle raccomandazioni, non puoi mai andare avanti. Quando si appaltano gli acquisti e i lavori di manutenzione degli equipaggiamenti, degli edifici e degli strumenti per la difesa (cacciabombardieri, navi, carri armati, armi, ecc.), c’è sempre l’alto ufficiale che ci vuole lucrare sopra e chi ne fa le spese, come abbiamo detto, sono sempre i contribuenti super tartassati. Un buon esercito dovrebbe essere costituito da uomini e donne seri, validi e motivati, non da raccomandati, da ladri e incompetenti che ci mettono alla berlina verso il resto del mondo e in pericolo con quegli Stati che sono una minaccia per la pace internazionale (es. Libia di Gheddafi).
CAPITOLO XVIII
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELL’ENERGIA
Il Ministero ha funzioni in materia di ambiente (inquinamento marino, atmosferico, idrogeologico) e nella ricerca di forme energetiche (rinnovabili ed alternative). L’inquinamento dei suoli, dei mari e dell’aria è un tema alla ribalta in questa epoca. Produciamo, a causa del nostro sistema consumistico, molti rifiuti solidi e liquidi (da quelli biodegradabili a quelli altamente inquinanti), immettiamo nell’aria sostanze dannose per la nostra salute e quella di tutto l’ecosistema.
I ricercatori del Ministero dovrebbero trovare le soluzioni all’inquinamento degli scarichi fognari, scarichi industriali a mare, scarichi delle automobili, degli impianti di riscaldamento, degli impianti industriali, e degli impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. La scienza ha fatto passi da gigante nelle soluzioni tecnologiche a queste problematiche e il buon governante deve sapere scegliere quale adottare per la sua comunità. I sistemi di smaltimento, grazie alla raccolta differenziata fatta in modo impeccabile, possono ovviare ai danni all’ambiente fatti dalle vecchie discariche e dagli inceneritori. La nostra spazzatura (organico, carta e cartone, tessuti, materiali plastici, metalli e vetro, ceramiche, materiali altamente inquinanti, es. vecchie tecnologie e batterie) ben selezionata può essere riciclata e utilizzata di nuovo per altri scopi e molti Stati come la Germania ricavano energia elettrica dalla combustione dei rifiuti.  
L’energia elettrica è una fonte vitale per lo sviluppo e l’economia di una Nazione. Hanno bisogno di essa non solo le industrie, ma le nostre case e le nostre strade. Il suo costo in Italia è troppo elevato: troppe risorse ci vogliono per le centrali di produzione, per i gruppi di trasformazione, per le linee di trasmissione, per le linee locali di distribuzione (es. cabine Enel). Attualmente ricaviamo l’energia dalle centrali idroelettriche, termiche (gas e carbone), geotermiche, nucleari (in Italia c’è stallo sull’utilizzo), dalle fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, biomasse). C’è un dibattito nel mondo su come ricavare energia in modo sicuro e pulito. Le centrali nucleari di vecchia concezione sono pericolose (usano uranio, es. il disastro di Fukushima); quelle di ultima generazione e ancora in fase di studio, usando il torio, garantirebbero energia elettrica in quantità infinita e a basso costo.

CAPITOLO XIX
LO STATO SOCIALE
Lo Stato Sociale, o Welfare State, è un raggiungimento, dopo lotte sindacali, di quasi tutti gli Stati moderni. E’ una conquista civile, già a partire dal regime fascista con l’istituzione dell’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale), ma molti sono critici sul fatto che, soprattutto in Italia, erode gran parte delle risorse delle casse dello Stato. Le forme di assistenza (ammortizzatori sociali) come le misure di assistenza ai disoccupati e quanti hanno perso il lavoro, le agevolazioni per le abitazioni, l’assicurazione sanitaria, gli indennizzi di mantenimento per le fasce più deboli e le pensioni di vecchiaia, devono essere concesse a chi veramente ne ha bisogno ed ha i giusti requisiti. Alcune volte i sussidi di disoccupazione creano disaffezione al lavoro, in quanto chi le percepisce può ancora lavorare, ma si rifiuta di farlo perché gli va bene così. L’assegnazione di una casa popolare da parte di Enti Locali come i Comuni, può essere luogo di malaffare e truffa in quanti molti, benestanti che non hanno diritto ad assistenza pubblica, se ne approfittano delle amicizie nei piani alti per speculare su quanti veramente sono poveri e non si possono permettere di acquistare la prima casa. Da qui ci sono forme clientelari già nella costruzione degli alloggi, nell’assegnazione e, poi, in chi deve addossarsi la manutenzione degli edifici: il risultato è che le case popolari sono una giungla di palazzi fatiscenti, degradati, luoghi in cui vi sono criminalità ed abbandono. Da parte dello Stato è meglio erogare contributi alloggiativi, dei pigioni mensili che aiutino a comprare la prima casa.
La politica economica del Governo ha l’obiettivo primario di ridurre la povertà e la disoccupazione. Molte volte i poveri, non sono solo i disoccupati, ma anche quelli che, avendo un lavoro, non riescono a fare una vita dignitosa, non riescono ad arrivare a fine mese e non possono permettersi i beni di primaria importanza come il cibo. Molti politici del passato credevano che dare incentivi o sgravi fiscali alle imprese, avviare il maggior numero possibile di lavori pubblici, sostenere lo sviluppo economico, predisporre ammortizzatori sociali per le fasce più deboli del popolo, potessero vincere la povertà. Non è affatto così perché a causa di condotte morali riprovevoli che generano corruzione e clientelismo, il divario tra i ricchi e i poveri è in crescente aumento. Poi ci si mettono le guerre, per fare le quali interi Stati si indebitano (un cacciabombardiere può costare decine di milioni di dollari) e inducono i loro cittadini ad emigrare (vedi Siria). Ci si mettono i disastri naturali come terremoti, alluvioni, maremoti, carestie, ecc, che creano fame e miseria e un sempre crescente numero di esseri umani premono alle frontiere per andare a vivere in Stati con condizioni più “normali”. Ovviamente l’immigrazione di massa, come detto in precedenza, è un male per lo sviluppo economico e l’occupazione. Quando c’è molta manovalanza, che è disposta a fare tutto per una paga da fame, ne risente tutto il settore e i datori di lavoro abbassano i salari, se non proprio licenziano e favoriscono altra povertà e disoccupazione. Così pure se si concedono assegni di mantenimento a quanti richiedono asilo (un numero enorme venuto dai “barconi“), l’INPS esplode e con lui collassa tutto il sistema previdenziale italiano, che non può garantire nemmeno le pensioni a chi ha versato nel passato tutti i contributi (trattenute che l‘Istituto di Previdenza utilizza per calcolare l‘assegno previdenziale).
Molte volte la povertà è causa del comportamento della gente: ci sono sbandati che pur lavorando dissipano le loro risorse in droga, prostituzione, fumo, giochi d’azzardo e forme di divertimento non condivisibili. Molti si separano e divorziano, spendendo capitali in Tribunale, e lasciando i figli nella totale indigenza. L’assistenza sanitaria, sociale e psichiatrica deve essere garantita a costoro, ma nel limite del necessario e del possibile: le pensioni di invalidità devono essere concesse con parsimonia e con severi controlli (es. quanti casi di falsi invalidi, di frodi e di truffa all’INPS).
Se non si rivede la spesa per tutti i tipi di pensioni (di anzianità, di invalidità, di accompagnamento, di reversibilità ai superstiti, quelle sociali) e quanti realmente ne hanno diritto lo Stato Sociale crolla e tutte le battaglie fatte per raggiungerlo diventeranno vane. Non si può più vivere di assistenzialismo statale e la Guardia di Finanza deve far rispettare la Legge a tutti, non solo a chi, per sua sfortuna, non può telefonare un amico nella stanza dei bottoni.    
CAPITOLO XX
MINISTERO DEI TRASPORTI
Il Ministero dei Trasporti è collegato alle politiche urbane e si interessa delle infrastrutture elettriche ed idrauliche di interesse nazionale; è così articolato: trasporti terrestri (ferroviari e automobilistici), navigazione marittima, aviazione civile. Le sue problematiche sono di vitale importanza per l’economia di una Nazione e molti ci mangiano: in Italia non si capisce bene se le società che gestiscono le infrastrutture sono di natura privata o se sono controllate direttamente dallo Stato. Le autostrade per i trasporti su gomma sono gestite da società che immancabilmente a fine anno dichiarano di essere in rosso; le ferrovie, allo stesso modo, presentano degli ammanchi; i porti e gli aeroporti, in mano a società amiche di amici di politici (in ambito regionale, perché la loro gestione è lasciata agli enti locali), sembrano non trarre nessun utile dalla loro attività. Lo Stato per questo stato di cose è chiamato ad appianare i buchi di bilancio che i cda presentano sul tavolo del Governo: ecco perché noi contribuenti siamo costretti a pagare delle tasse così elevate. Il Ministero dei Trasporti deve regolamentare la libera circolazione delle merci (Tir) su gomma (licenze, patenti, permessi, ecc.), anche quella automobilistica (sia autovetture che bus urbani), quella ferroviaria (verificare la sicurezza e la bontà delle strutture e delle macchine), quella marittima (licenze di navigazione, permessi, controlli delle navi e delle barche) e quelle aerea. Ci vogliono più controlli da parte dello Stato affinché tutte queste infrastrutture vanno avanti da sole, con tickets, dazi, pedaggi, ecc. richieste al pubblico che se ne serve e non gravino affatto sulle casse statali. Quando vige la legge della corruzione e del clientelismo è normale che in un aeroporto, già costruito male per appalti regionali poco chiari, si presentano dei disservizi e delle disfunzioni per i passeggeri.
CAPITOLO XXI
ENTI LOCALI E PUBLIC UTILITIES
Le forme di amministrazione locale, detti Enti Locali, in Italia sono Comuni, Province e Regioni, che sono stati delegati dal Governo centrale a svolgere attività amministrativa, fiscale, anagrafica e sanitaria. Gli amministratori locali (Sindaci e Governatori) sono eletti direttamente dal popolo e godono tuttora di ampia autonomia nel governare e nel comporre la propria giunta.
In Italia, oltre agli Enti Locali su menzionati, ci sono Comunità Montane, Enti di Bonifica, Circoscrizioni, Consorzi, ecc., tutti con un parlamentino, sottosegretari e dipendenti; si calcola che circa 200.000 persone si occupano di politica, trafficano, intessono reti clientelari e costano ai contribuenti centinaia e centinaia di miliardi di euro all’anno. Spesso vanno in tribunale a causa di diatribe sulla giurisdizione dei territori e dei servizi: c’è bisogno di una direttiva parlamentare categorica che definisca nettamente i poteri e le competenze. Gli Enti Locali, spesso e volentieri, si immischiano in affari e si comportano come delle aziende private (acqua, luce, gas, rifiuti, servizi vari) e guardano il cittadino come un cliente da spolpare. A nostro avviso non dovrebbero svolgere attività imprenditoriali, né tantomeno comprare titoli in borsa, perché i rischi di fallimento cadrebbero esclusivamente sui contribuenti. Se nel Governo centrale la corruzione e il clientelismo hanno un gradiente pari a 10, negli Enti Locali è pari a 100: il modo di procurarsi i voti è proprio sfacciato, dall’inserimento a società municipalizzate senza concorso, a gare di appalto di facciata, da spese per consulenze esterne di amici a organici gonfiati. E’ un vero e proprio miracolo se raggiungono il pareggio di bilancio a fine anno (ormai avere i conti in rosso è un‘abitudine e i giornalisti non vi prestano più attenzione).
I Comuni si dovrebbero interessare di: urbanistica (viabilità, strade, piazze, illuminazione, controllo del traffico, ecc.), edilizia (nuove costruzioni e licenze), ambiente (controllo delle acque, dell’inquinamento, smaltimento dei rifiuti, ecc.), servizi sociali (per disabili, per anziani, ecc.), trasporti (autobus e tram), abitazioni (case popolari), servizi (cimiteri, ecc.), attività culturali, anagrafe, istruzione, tasse comunali, commercio (concessioni di licenze, ecc.), servizi sanitari, raccolta dei rifiuti, polizia locale.
Le Province (si vogliono abolire) e le Regioni dovrebbero interessarsi di: crescita economica, formazione, ricerca scientifica, turismo e cultura, viabilità, difesa del territorio, infrastrutture, trasporti, rifiuti solidi.
Le Public Utilities o società di servizi sono società municipalizzate o partecipate che si occupano dell’erogazione del gas, della luce, dell’acqua, delle telecomunicazioni, della raccolta dei rifiuti, dei trasporti, ecc. e sono sempre costruite nell’ottica dell’entourage delle amministrazioni locali, da cui derivano i soliti giochetti dei favoritismi, delle clientele e della corruzione. I costi per gli utenti finali sono aumentati e i servizi sono diventati molto scadenti, e si comincia a parlare di comitati di supervisione e controllo di queste società, diventati ambienti di malaffare e ponti tra la malavita e la politica.
Via Nazionale, 25 Fraz. Costa
Mercato S. Severino (SA)
Tel. 089 894481  Fax 089 0972016.
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